In una vecchia guida calcistica per i tifosi della Dinamo Tbilisi pubblicata nel 1960, i calciatori della Georgia sono rappresentati come danzatori, atleti sinuosi e vibranti, artisti del pallone. Una delle vignette raffigura l’attaccante Avtandil Ghoghoberidze mentre esegue la tradizionale danza kartuli in equilibrio su una palla. Durante tutta la Guerra Fredda la Georgia è stata descritta come il Brasile dell’Unione Sovietica, un luogo dove il calcio è un gioco più emotivo che razionale, l’opposto del pragmatismo schematico di Mosca. Ma nella visione unitaria e propagandistica del Cremlino, l’estro e la fantasia georgiana dovevano diluirsi nella squadra sovietica (il cui stile era dettato prevalentemente dai grandi calciatori ucraini), mescolarsi fino a perdere la sua identità. Come del resto accadeva a tutte le cose della cultura, della storia e della tradizione nei territori controllati dalla Russia.
Dopo gli anni sovietici, la Federcalcio georgiana ha faticato a trovare un posto nel calcio europeo. Solo adesso, a più di trent’anni di distanza e con la prima qualificazione a un grande torneo per Nazionali, si inizia a ritrovare in campo parte di quel talento brillante e colorato che in passato veniva drenato da Mosca.
Allora, per la Georgia, Euro 2024 ha un forte valore simbolico. Vuol dire autodeterminazione, vuol dire ritrovare indipendenza e visibilità nel mondo del calcio. Vuol dire poter sognare l’Europa allontanandosi dal passato. È lo stesso sogno della popolazione georgiana che da mesi scende in piazza per protestare contro la “legge sugli agenti stranieri” – chiamata anche legge russa, perché ricalcata sul modello di un provvedimento di una legge di Mosca – imposta dal partito di governo filorusso Sogno georgiano.
Non c’è un legame solo metaforico tra le due storie. Per la Georgia, per la Nazionale e per i suoi cittadini, sport e politica si sovrappongono, si intrecciano. Tbilisi sta vivendo una delle stagioni più travagliate della sua storia recente, fuori equilibrio tra la tensione all’Unione europea del popolo e un desiderio antidemocratico portato avanti dal governo. Ecco perché è impossibile non vedere nella prima storica qualificazione agli Europei della Georgia un valore politico e umano che va oltre il campo. Lo abbiamo letto sui cartelli nelle strade e nei cortei: “Siamo andati all’Europeo, ora andiamo in Europa”.
Lo scorso aprile i calciatori della Nazionale si sono uniti alle proteste postando sui loro profili social messaggi contro la legge sugli agenti stranieri, o in favore dell’ingresso nell’Unione europea. L’ala del Napoli Kvicha Kvaratskhelia ha condiviso su Facebook la foto di due bandiere, quella della Georgia e quella dell’Ue: «La via europea ci unisce, avanti in Europa e pace alla Georgia». Il capitano della Nazionale, Jaba Kankava, in una storia su Instagram ha scritto: «Fanculo la Russia!». Mentre il 2 maggio, dopo l’ennesimo scontro tra manifestanti e polizia armata di idranti e lacrimogeni il trequartista del Watford Giorgi Chakvetadze ha scritto su Instagram: «È difficile per me vedere come si comportino nei confronti dei miei connazionali, soprattutto donne e bambini. Niente vale più del nostro popolo, nessuna legge è più importante di loro. Tolta questa legge (quella sugli agenti stranieri, ndr) vivremo e festeggeremo di nuovo insieme come abbiamo fatto il 26 marzo. No alla Russia e avanti a tutta forza verso l’Europa».
Il riferimento al 26 marzo riporta al giorno della partita decisiva per la qualificazione agli Europei. La Georgia ha chiuso il girone eliminatorio al quarto posto, mettendo insieme solo otto punti e arrivando allo spareggio solo grazie ai playoff della Nations League. Qui ha battuto 2-0 il Lussemburgo e poi si è giocata il pass per la Germania contro la Grecia, in casa. Dopo centoventi minuti senza gol sono arrivati i rigori. Al gol decisivo di Nika Kvekveskiri il boato di tutto lo stadio ha vidimato una vittoria già storica per un Paese solitamente alla periferia del calcio.
«La vittoria ha catturato il cuore anche di chi è tipicamente indifferente al calcio», ha scritto Kravai Rustaveli, scrittore e attivista georgiano. «È stato un momento di orgoglio nazionale, che riflette le aspirazioni e le ambizioni della Georgia sulla scena europea». Rustaveli ha raccontato proprio il momento decisivo degli spareggi, con tutta la famiglia stipata sul divano grigio a fissare lo schermo del computer. Proprio lui che non è un grande appassionato di questo sport. Eppure descrive quelle due ore abbondanti come un «ottovolante emotivo». Perché per i georgiani non poteva essere una partita qualsiasi. È stato un momento unico per il la storia calcistica del Paese: la speranza è che possa essere un nuovo mito fondativo per una nazione che vuole uscire dalla nebbia dell’ingerenza russa. «Non ho mai visto la Georgia così unita come quella sera di marzo. È stato particolarmente simbolico che nel nostro primo anno con lo status di candidato all’Ue la Nazionale abbia ottenuto un posto a Euro 2024. La nostra nuova storia si scrive nello sport».
Il governo non ha perso un attimo per provare a mettere il cappello su questo successo, annunciando sconti su voli charter da Tbilisi e Kutaisi per quattro città della Germania – nulla che potesse fermare le proteste e le istanze democratiche dei cittadini.
In Germania, per la Nazionale allenata da Willy Sagnol sarà un’impresa dimostrare di essere calcisticamente all’altezza dell’impegno. Il girone con Turchia, Portogallo e Repubblica Ceca potrebbe rivelarsi proibitivo. Almeno il format del torneo qualifica le prime due di ogni girone più le quattro migliori terze dei sei gironi: potrebbe bastare molto poco per passare al turno successivo.
Se non altro negli ultimi anni la Georgia ha ritrovato quel senso artistico per il calcio celato da qualche parte in tutto questo tempo. Perché quella del ct Sagnol è una delle Nazionali che dribbla di più al mondo, che fonda il suo calcio su un gioco di duelli individuali, in cui gli sfidanti si ritrovano faccia a faccia come in una danza. È lo stile di gioco dionisiaco di Kvaratskhelia, di Chakvetadze, di Georges Mikautadze. È lo stile di gioco dei georgiani. O almeno quello della loro tradizione.
Ma in fondo quello che accadrà sul campo importerà poco. La sola presenza della Nazionale in Germania aggiunge un nuovo tassello alla storia del calcio europeo. Ed è già la notizia più interessante di Euro 2024. Per i georgiani la speranza è che presto possano dare il loro contributo alla storia dell’Unione europea.