Se arrivate in treno ad Alassio, per raggiungere il mare potreste tagliare su viale Hanbury, se vi chiedete da dove deriva il nome Hanbury e come mai l’inglese abbia segnato la toponomastica alassina, allora è il caso di ripassare la storia di questa cittadina. Siamo alla fine dell’Ottocento, la ferrovia, che ovunque riduce le distanze e i tempi e agevola gli spostamenti, qui come altrove porta all’esplosione del turismo. Viaggiavano le élite, all’epoca, e al loro seguito capitali e spirito imprenditoriale: tra i primi esploratori della riviera ligure Sir Thomas Hanbury, che investì acquistando terreni proprio sulle colline dietro la ferrovia. E di tracce dell’infatuazione ottocentesca inglese per Alassio, che fino ad allora era solo un borgo di pescatori, in città ce ne sono molte.
Daniel Hanbury, figlio di Thomas, fondò ad Alassio l’Hanbury Tennis Club e la Club House inaugurata nel 1923 da Henry Lacoste.
Senza contare il testamento musicale che Edward Elgar, inglese appunto, ha lasciato con l’ouverture “In the South (Alassio)”: cita Alassio nel titolo perché proprio qui l’ha composta durante una vacanza. Sempre qui la English Library è la più antica in Italia nel suo genere e ha ormai superato i 140 anni di vita.
Sulla falsariga di quello che già stava avvenendo nella vicina Costa Azzurra tra Ottocento e Novecento, sorgono i primi Palace, come il Grand Hotel, vere oasi di lusso e servizi all’avanguardia.
Da lì in poi, quella di Alassio è una storia di turismo e cultura, non senza tralasciare la gastronomia che ovunque diventa simbolo della tipicità di un luogo e quindi attrattiva, oggi più che mai. Non a caso oltre al Muretto, vera hall of fame verticale che raccoglie firme dello spettacolo e della cultura, Alassio è la città dei baci, dolcetto che qui per distinguersi diventa Bacio di Alassio.
Sui sentieri della cultura gastronomica, mete sicure in città non mancano a partire da Lamberti dove da decenni officia Fabio Dagrada, insignito nel 2015 del titolo di Disciple d’Escoffier.
Qui alcuni classici restano saldi in carta, come il tonno del Lamberti definito storico: filetto di tonno al sale Maldon, fonduta al Raschera e cipolle rosse caramellate. Storico per il ristorante di sicuro lo è, ma è anche simbolico per Alassio stessa e la sua tradizione dei tonnarotti alassini dediti alla lavorazione di questo pesce.
Tre elementi nel piatto, che sembra creato apposta per accoglierli con quelle tre parti concave. Quando una stoviglia pare studiata per la pietanza come in una cucina totale, dove nulla è lasciato al caso e la cornice completa il quadro.
Nel piatto l’estetica è zen, materica. Con quell’aria scomposta che in realtà dà spazio alla libertà del cliente di abbinare i tre elementi nei modi e nelle proporzioni che meglio preferisce. Che sia voluto o meno, una concezione che non può non ricordare il Maestro della cucina italiana, leggi Marchesi.
C’è poi un piatto al Lamberti che non troverete in carta, ma che è possibile ordinare richiedendolo con anticipo: il bollito. Tripudio di crostacei e non solo, a seconda di quello che il mare mette a disposizione quel giorno. Piatto unico e sontuoso da condividere; armati di pinze e tenaglie estrarre il mare dalle chele è una vera pesca miracolosa di sapore.
Per chi ama cenare sotto le stelle, la terrazza in collina ma con vista sul mare di Villa della Pergola è il massimo che si possa desiderare. I giardini che circondano la villa, ventiduemila metri quadrati sorti a fine Ottocento oggi visitabili a pagamento e recuperati nel 2006 dalla famiglia Ricci, sono un rigoglioso paradiso verde e fiorito che rivaleggia solo con la vista che si gode dalla collina. Anche in questi giardini c’è lo zampino degli inglesi nel valorizzare le bellezze di Alassio attraverso investimenti e architetture ambiziose. Oggi la Villa è un relais de charme facente parte di Relais et Chateaux.
Non manca un’offerta gastronomica all’altezza dell’ambientazione: il ristorante Nove, premiato dalla Guida Michelin con una stella, che ha subito circa quattro mesi fa un cambio alla guida delle cucine. Antonio Romano è un trentenne dal sorriso schietto e nonostante la giovane età con un curriculum in cui figurano anni di militanza alla corte di Heinz Beck.
Qui al Nove è arrivato da poco ma rivela già un certo nerbo: sapori spinti e un sensato equilibrio tra ricerca della qualità senza confini territoriali e valorizzazione dei prodotti locali liguri. Accade così che il Carnaroli alla pescatora, oltre a gamberi di Sanremo e scampi di Oneglia, riservi artigliate di sapore grazie ai preziosi percebes. Non mancano riferimenti alla storia della grande ristorazione, come con quell’anatra, made in Italy ci garantiscono, glassata al balsamico e porzionata al guéridon: gesti di un servizio classico eseguiti da una sala giovanissima, under 30 se non addirittura under 25, che unisce alla freschezza dell’età la professionalità, eleganti completi chiari e pochette a tre punte. Il babà qui si tinge di verde ma guai a pensare all’onnipresente pistacchio, è un babà al basilico, belin! La vista è inclusa, il conto sostanzioso.
La terza tappa gastronomica di Alassio è La Taskita, una scelta che si è rivelata piacevolissima. Il locale da fuori ha un aspetto sbarazzino e colorato, merito anche dei tavoli/divani e dei cuscini a righe; colorate sono anche le pareti della sala interna. Un bel bancone e l’assenza di tovaglie, col mare a pochi metri, suggeriscono l’idea di un cocktail bar o di un tapas bar.
La prima impressione è quella che vale, ma fino a un certo punto. È vero che la condivisione dei piatti viene spontanea, anche per provarne tanti, e la sezione antipasti è esplicitamente indicata «para compartir», ma è vero anche che i piatti in carta sono vere portate complete e non piattini, anche con ambizioni da fine diningperfettamente realizzate. Roberto in sala, abile alchimista di una cocktail list per nulla banale grazie alla quale già vale la pena fare un salto anche solo per l’aperitivo. In cucina la cheffe è Bry, compagna di Roberto, giovane, simpatica, di fatto autodidatta ma con una bella mano in cucina.
La Taskita è il locale che prova a smarcarsi dai percorsi battuti dagli altri e che coerentemente, sfruttando la biografia dei proprietari, i viaggi e gli incontri realizzati, prova a trasformare tutto questo in un’idea di cucina. Una proposta di ristorazione veloce ma non di fretta, un po’ figlia della bistronomie, un po’ originale e a sé stante, dove l’informalità non fa sconti su materia prima e tecnica. A pranzo la proposta è semplificata, a cena la musica cambia: l’organico orchestrale è lo stesso ma dagli strumenti escono nuovi suoni.
L’impostazione è una sorta di cucina globe trotter dove due capisaldi gastronomici, Italia e Francia, sono come due lidi che si lasciano lambire da ondate di sapori sudamericani e asiatici, senza per questo sentirsi invasi ma, al contrario, arricchiti.
Il timore, va detto, era che tutto si traducesse in un disordine malamente ricomposto. E invece è un ordine in libertà di pensiero.
Come nei migliori bistrot si apre con le ostriche, un po’ meno oblunghe del solito e con un sapore anch’esso tondeggiante con una sottile dolcezza assieme alla salinità marina; sono le Ancelin special della famiglia Cadoret.
Il gambero rosso è di Mazara, buono, ma è quell’ajo blanco ai piselli che crea dipendenza. Accompagnava già una delle ostriche, creando un bel cortocircuito dolce/salato con l’agliaceo addomesticato in un ajo blanco in versione contemporanea.
Ma il vero colpo al cuore è quell’olio di teste di gambero: la forza di una bisque, ma più in “purezza”. Ci siamo fatti spiegare da Bry come lo realizza, ed è apparentemente semplice. Il leche de tigre alla pesca bianca della ceviche trasforma il piccante in freschezza. L’anatra, provenienza francese, è al giusto rosa con un sale all’arancia fait maison.
Palato pulito e sapori che titillano le papille, era il risultato auspicato.
Very well and see you soon, Alassio.
Ristorante Lamberti
Via Gramsci, 57 – Alassio
Ristorante Nove
via Privata Montagu, 9 – Alassio
La Taskita
Passeggiata Francesco Baracca, 10 – Alassio
Fotografie di Roberto Magro