Secondo i dati Istat rilasciati a giugno 2024, nel 2023 la Lombardia ha registrato una crescita particolarmente alta dei flussi turistici rispetto al 2022, in linea con l’incremento registrato anche negli anni precedenti dopo il blocco del periodo pandemico. L’istituto di ricerca prosegue poi nel documento di analisi e commento, ipotizzando che il rialzo in questione sembrerebbe determinato soprattutto dall’attrattiva generata dalla città di Milano.
Questa tesi sembra trovare conferma anche nei dati comunicati lo scorso gennaio proprio dal Comune di Milano, secondo i quali nel 2023 sono stati registrati 8,5 milioni di arrivi, con un sorprendente picco nel mese di luglio, durante il quale ben 871.418 visitatori hanno scelto di calpestare il bollente pavé cittadino, si spera dotati di borracce d’acqua, spirito di avventura e cappellini con la visiera.
Non si fatica a immaginare che nell’estate 2024, complice un meteo che per ora sembrerebbe invitare più a girovagare nella metropoli che a stendersi sul bagnasciuga, il numero degli avventori in Birkenstock potrebbe crescere ancora.
Intanto anche la cifra dei residenti del capoluogo lombardo negli ultimi anni ha subito un leggero incremento, causato perlopiù dal trasferimento di nuovi cittadini, che va a sommarsi alla massa di popolazione difficile da stimare, che vive a Milano, spesso anche per anni, senza mai spostare la residenza in città.
Ma chi sceglie di visitare Milano, o di viverci per un periodo dichiaratamente indefinito della propria vita, cosa cerca? Sicuramente luoghi di cultura, più o meno storici, probabilmente eventi mondani, ma spesso ciò che si spera di trovare un po’ ovunque, sparsa e diffusa come polvere di stelle, è l’originalità, intesa come il tentativo di produrre qualcosa di nuovo e, nel suo piccolo, rivoluzionario.
E la ristorazione è da tempo il settore in cui esperimenti e prove d’autore trovano spazio e modo di esprimersi, tanto che negli ultimi anni anche prendere un caffè al banco può trasformarsi in un’esperienza non così comune.
È proprio questo il punto di partenza su cui hanno scelto di costruire la propria identità alcuni locali avviati negli ultimi anni, che portano sul menu, accanto a brioches e spritz, libri, fiori e ceramiche, ma anche una particolare attenzione alla comunicazione e all’estetica, che li connota innanzitutto come proposte imprenditoriali innovative e con un potenziale di successo da non sottovalutare.
Uno degli ultimi locali a essere entrato a pieno titolo nella categoria è Cups Ceramica Bar, inaugurato a marzo 2024 in via Ascanio Sforza 29. Un po’ laboratorio di ceramica, un po’ caffetteria, il bar nasce intorno all’idea di far trascorre ai propri clienti qualche ora rilassante, dipingendo uno degli oggetti di ceramica presenti sugli scaffali: tazze, piattini, ciotole, o vasetti, e sorseggiando una bevanda a propria scelta, o consumando uno dei piattini preparati al bancone.
Successivamente gli oggetti decorati vengono lasciati ai proprietari del locale, che nella settimana seguente prevedono a smaltarli e cuocerli, per poi riconsegnali ai legittimi proprietari.
Meno recente ma apprezzatissimo nel quartiere Isola, dove ha trovato casa in via Luigi Porro Lambertenghi nel dicembre 2018, Fiuri è un piccolo e delizioso bistrot, dove convivono piante scenografiche, torte casalinghe e cappuccini, in un’atmosfera intima e vintage. Al piano inferiore si trova il bancone dove si possono soddisfare voglie dolci e salate – ottimi i croissant francesi e il banana bread, ma anche le focaccine meritano l’assaggio – e ordinare bevande da consumare in tazzine orlate da decori liberty, mentre a quello superiore qualche tavolino fa compagnia al laboratorio in cui vengono creati bouquet, ghirlande e composizioni.
Il connubio tra le due realtà, floreale e ristorativa, si traduce anche negli eventi organizzati all’interno del locale, dove si alternano in perfetta sintonia degustazioni di caffè e scambi di talee, workshop in cui si intrecciano spighe di grano e fiori di campo.
Il capostipite di questi che oggi chiamiamo concept bar, è l’ormai diffusissimo format del caffè letterario, termine rubato all’Illuminismo e riproposto oggi nelle vesti di un locale che offre l’intramontabile abbinamento di libri e colazioni, ma anche, perché no, aperitivi. A Milano tra i più famosi possiamo citare la Libreria Verso, Gogol & Company, Colibrì, ma anche le Feltrinelli Red, presenti in molte città.
In questo genere di locali si susseguono presentazioni di libri e gruppi di lettura, che talvolta evolvono in reading party: eventi il cui culmine si manifesta nel momento in cui tutti gli invitati prendono un libro e si siedono comodamente a leggerlo. Preferibilmente in silenzio.
Qualsiasi sia la miscela di partenza, la chiave per il successo a lungo termine di questi esperimenti è saper trovare e mantenere un equilibrio tra il settore gastronomico e l’attività collaterale con cui coesiste. Se infatti in un primo momento la proposta originale può attirare la clientela – e ottenere spesso anche un buon flusso di pubblicità indiretta, offerta dagli utenti dei social network – in seconda battuta il progetto deve mantenere le proprie promesse e dimostrarsi capace di creare da una parte un menu, magari contenuto o altamente specifico, ma valido, buono, contemporaneo, e dall’altra un punto vendita in linea con le alternative presenti sul mercato.
Un caffè letterario, per esempio, non può permettersi di essere un bar mediocre o avere un catalogo obsoleto, perché se la clientela a cui si rivolge è potenzialmente più ampia di quella di un comune bar di quartiere, o di una libreria in franchising, anche l’investimento economico è maggiore, sia alla partenza che nelle fasi successive.
Un’idea particolare, ancorché unica, deve quindi essere sostenuta da un business solido, e da competenze concrete, reali, rappresentate da figure professionali tanto esperte quanto ibride, o comunque aperte alla possibilità di imparare a servire ottimi caffè, sapendo conversare di pothos neon e ficus bonsai.