La domanda che ci si sta facendo ormai da diversi mesi negli Stati Uniti è: come governerebbe Donald Trump in un suo secondo mandato? Una possibile risposta, per quanto smentita dal tycoon, viene dal Project 2025, un lungo documento di novecentoventidue pagine che di fatto è un manuale per trasformare profondamente la struttura del governo federale americano.
Negli ultimi anni il think tank repubblicano Heritage Foundation, in collaborazione con un’ampia coalizione di cinquanta organizzazioni conservatrici, ha sviluppato un piano da applicare già nei primi mesi successivi a un’eventuale vittoria repubblicana nel 2024, in maniera simile al “Mandate for Leadership” dei tempi di Ronald Reagan.
Il Project 2025 include addirittura le bozze degli ordini esecutivi volti a ridefinire il funzionamento degli Stati Uniti d’America, in primo luogo attraverso un’interpretazione estrema del secondo emendamento. Dal loro punto di vista, infatti, nel momento dell’insediamento il presidente assumerebbe il potere assoluto sul ramo esecutivo, e avrebbe pertanto facoltà di imporre il proprio volere sulla burocrazia federale e di fare e disfare agenzie, a differenza di quanto applicato da almeno un secolo a questa parte.
Nel concreto, il primo obiettivo del Project 2025 sarebbe quello di schiacciare i nemici dell’ex presidente sulla base di una fallacia logica, incentrata sulle incriminazioni ricevute da Trump. Questa, secondo l’ex presidente, sarebbe la giustificazione per vendicarsi, perseguitando i suoi avversari in tribunale. Ma per portare a processo qualcuno servono prove, e se contro Trump abbondano, lo stesso non si può dire nei confronti dei suoi avversari. Questo delinea dei valori più vicini a un’autocrazia che a una democrazia: evidentemente, secondo Trump chi comanda dovrebbe avere il diritto di perseguitare gli oppositori. E questo gli è reso possibile anche dalla sentenza Trump v. United States, dove la Corte Suprema a maggioranza conservatrice ha dato al presidente in carica, chiunque esso sia, una quasi totale immunità nell’esercizio delle sue funzioni.
Lo scopo del piano è fornire al prossimo presidente Repubblicano gli strumenti per realizzare gli obiettivi prefissati, che coincidono in larghissima parte con quelli del nuovo Gop a trazione trumpiana.
Oltre alla parte cruciale del piano – la già citata vendetta e alla ridefinizione della struttura federale – il Project 2025 prevede, tra le altre cose:
• il divieto di aborto a livello federale e una forte limitazione all’uso dei contraccettivi;
• l’abolizione delle normative contro la discriminazione Lgbtqi+, in particolare nelle scuole;
• l’abbandono delle politiche di contrasto al cambiamento climatico e una spinta all’uso di energia proveniente da combustibili fossili;
• l’abolizione della Federal Reserve e il passaggio a un sistema di free banking;
• la fine dei rapporti con la Cina;
• l’espansione dell’arsenale nucleare statunitense;
• una revisione della partecipazione alle agenzie internazionali sulla base di un criterio costi/benefici, Nazioni Unite comprese;
• Spogliare il Dipartimento di Giustizia della sua autonomia per renderlo soggetto alla Casa Bianca;
• il licenziamento dei dipendenti federali sulla base del criterio di fedeltà al presidente.
Il tutto da realizzare nei primi sei mesi del mandato. Al di là degli obiettivi in tutta evidenza liberticidi e in buona parte incostituzionali – problema aggirabile grazie alla maggioranza conservatrice nella Corte Suprema – leggendo il manifesto del progetto ciò che salta subito agli occhi è la reiterazione ossessiva di un termine, woke, utilizzato per definire qualsiasi forma di pensiero estraneo a quello espresso dal progetto stesso.
Questo lavoro sulla paura è volto a generare nella popolazione un senso di costante assedio, di pericolo imminente, il cui scopo è la polarizzazione e quindi l’attivismo fanatico contro l’avversario politico.
Si tratta di un andazzo comune alle odierne democrature, delle democrazie fallite, nelle quali permangono le vestigia dei meccanismi tipici di una democrazia, come le elezioni e il parlamento, ma pilotati da un esecutivo che tiene in pugno i media e tutti e tre i poteri. Come nell’Ungheria di Viktor Orbán.
La struttura che il Project 2025 si dà per centrare questi obiettivi si fonda su quattro pilastri.
Il primo pilastro è l’agenda politica, con gli obiettivi appena visti. Avere quindi dei punti chiari, estremi ma trasparenti e già palesi ai votanti, in modo da evitare equivoci: votare Gop significa votare per queste cose. Il tutto è condensato in un comodo volume scritto «da conservatori per conservatori».
Il secondo pilastro è la creazione di un database del futuro personale presidenziale. Con il supposto licenziamento dei dipendenti federali non allineati al presidente, si paleserebbe il problema di reperire in tempi rapidissimi una grande quantità di dipendenti pubblici da assumere sul presupposto della totale lealtà politica. Per fare questo, sul sito del Project 2025 è già attiva una campagna di reclutamento preventiva, proprio a questo scopo.
Il terzo pilastro è l’Accademia dell’amministrazione presidenziale, ovvero una scuola per preparare – o meglio, catechizzare – i fedelissimi di cui sopra, in modo che possano essere operativi fin dal primo giorno.
Il quarto e ultimo pilastro è il 180-Day Playbook, ovvero il piano operativo vero e proprio. Il think tank pone l’accento su un aspetto in particolare, la velocità di esecuzione del piano, e per questo motivo ha preparato un manuale dettagliato con tutte le azioni da intraprendere un passo alla volta, affinché l’eventuale nuovo Presidente repubblicano possa attuarlo nel più breve tempo possibile. Una cura shock, che non dia il tempo agli anticorpi democratici di attivarsi.
C’è un punto da considerare. Ciò che il think tank sottolinea è che il piano non è strettamente tagliato su misura per Trump, ma per qualsiasi futuro Presidente repubblicano. Piano che, per aperta ammissione dei suoi creatori, non è vincolante, bensì un mero strumento messo a disposizione di chi lo voglia usare.
Trump non è pertanto tenuto a seguire il piano, sebbene esso ricalchi in larghissima parte il suo programma. Anzi, nell’ultimo periodo ha cominciato a prendere le distanze da alcune di queste posizioni per mero calcolo politico: gli serve apparire più moderato in campagna elettorale.
Tuttavia, Trump ha dimostrato in numerose occasioni quanto poco valga la sua parola, e si perde il conto delle volte in cui ha cambiato idea su un argomento in base alla sua convenienza del momento.
E infatti, nonostante i dinieghi sulla conoscenza degli autori del piano (tra i quali spicca Russell Vought, ex direttore dell’Ufficio Management e Budget negli ultimi tre anni del primo mandato di Trump, nazionalista cristiano che ha curato la parte amministrativa della piattaforma repubblicana del 2024), la scelta da parte di Trump di J.D. Vance come suo vice conferma che in fin dei conti il Project 2025 ci anticipa molti temi e quella che sarà la modalità operativa della nuova presidenza trumpiana. Immensamente più distruttiva del suo primo mandato.