Da un po’ di tempo gli abitanti di Lipari sono tornati a mangiare cibo prodotto a Lipari. Frutta e verdura soprattutto. E da quest’anno anche la farina. Cosa non affatto scontata, visto che nell’arcipelago delle Eolie la spesa la si continua a fare principalmente al supermercato. Motivo per cui nella tipica pasta alla Norma rischia di finirci il pomodoro importato dall’Olanda. Questo in realtà accade ovunque, ma su un’isola l’assurdità spicca ancor di più, poiché qui la logistica è decisamente complicata.
Da questa presa di coscienza tra il 2017 e il 2018 a Lipari è nato il Gap, Gruppo di Acquisto Popolare. Si tratta del progetto più longevo del Magazzino di Mutuo Soccorso, un’associazione che promuove diversi progetti culturali, come la rassegna di cinema all’aperto e la Festa dei popoli, che si occupa di pulizia di spiagge e sentieri e anche di agricoltura. «Mi è capitato più di una volta di trovare a gennaio e a febbraio arance e mandarini abbandonati per terra e poi entrare al supermercato e vedere arance e mandarini provenienti dal Pakistan». A parlare è Luigi Mazza, socio del Magazzino, gestore di una casa vacanze e proprietario dell’azienda agricola Al Numero Zero, che con i suoi tre ettari è tra le più grandi dell’isola.
In questi anni sono riusciti a creare una rete tra produttori e consumatori. Chi ha la tessera Arci – il Magazzino è un circolo Arci – ogni sabato può acquistare i prodotti direttamente dai contadini. In teoria anche chi è di Milano può fare gli ordini attraverso il gruppo WhatsApp, di solito per le arance ne ricevono da tutta Italia.
Lavorare su ordinazione è anche un modo per eliminare gli sprechi. In più consumare frutta e verdura di stagione aiuta a riconnettersi col calendario della natura e a riappropriarsi di una consapevolezza per molti congelata nei frigoriferi dei supermercati. Tutti i prodotti provengono da agricoltura pulita e sostenibile. Non certificata biologica: «ma per il semplice fatto che su un’isola come la nostra non c’è bisogno di ribadirlo» continua Luigi, che prosegue mettendo a fuoco l’altra riflessione che ha stimolato il gruppo di volontari ha fondare il Gap.
Turismo e agricoltura sono due mondi apparentemente distanti, non solo nella quotidianità ma anche nell’immaginario collettivo. A Lipari invece sono intrinsecamente legati. «Il Gruppo di Acquisto Popolare nasce dalla presa di coscienza che queste sono isole a fortissima vocazione agricola, fin dal neolitico. Qui i nostri antenati ci sono arrivati per coltivare. Senza l’agricoltura queste isole non avrebbero quasi avuto senso. E così per secoli e millenni. Poi durante la seconda guerra mondiale è iniziato a cambiare tutto: la terra è stata abbandonata e dopo, con il boom economico, sono arrivati i turisti. Ma il motore basato esclusivamente sul turismo non funziona. Ce ne siamo tutti resi conto durante il lockdown».
La bellezza di queste isole è determinata in gran parte dal paesaggio rurale. I muretti a secco, i terrazzamenti, gli orti, i campi di grano compongono, insieme alla meraviglia del mare, la ricchezza che riempie gli occhi e l’anima degli abitanti e dei suoi visitatori. «Basta guardare Panarea – suggerisce Luigi – dove oggi non si coltiva neppure il basilico, per capire quello di cui sto parlando. Vista dal mare ci si accorge subito che il paesaggio si sta inaridendo. Si vedono chiaramente i terrazzamenti abbandonati perché hanno perso il loro senso, che era strettamente collegato all’attività agricola. I contadini li curavano perché dovevano contenere orti e agrumeti. Oggi invece sono incolti».
Dietro al Magazzino di Mutuo Soccorso, e quindi anche nel giro del Gap, ci sono liparoti di ritorno e eoliani acquisiti, persone che hanno scelto Lipari e le Eolie come base, potendo lavorare in smart working. Ad oggi si contano circa centocinquanta tesserati, ma sono in continuo aumento. L’obiettivo è di arrivare presto a duecento.
Un altro effetto positivo generato dal Gruppo di Acquisto Popolare è il recupero di terre fino a poco tempo fa abbandonate: «Sono almeno setto o otto i produttori che hanno ripreso più terreni, magari anche quello della nonna, della zia o del cugino, e che li hanno messi a frutto sottraendoli all’incuria e al rischio incendi», spiega ancora Luigi, che prima di approdare sull’isola e cambiare vita ha lavorato per una decina di anni nel mondo del giornalismo e nell’editoria.
Dopo il successo del Gap, il Magazzino ha lanciato un secondo progetto in ambito agricolo, l’Orto Sociale. Il tutto è potuto partire grazie anche a una signora che gli ha dato in concessione due ettari circa di terre incolte. Questi sono stati suddivisi in una serie di piccoli lotti individuali, per dare la possibilità a chi non l’aveva di crearsi un proprio orticello, e quattro grandi lotti destinati alle semine collettive.
Negli anni passati erano stati seminati a rotazione fave, cipolle, patate. Il 2024 è stato l’anno del grano. Dopo averlo testato sul proprio terreno, Luigi – che è anche uno dei responsabili dell’Orto Sociale – ha proposto l’Anforeta, un tenero siciliano basso e con spighe molto cariche e forti, che aveva salvato il raccolto del 2023, un anno molto piovoso nei periodi sbagliati per il grano, rendendo fino a sei volte la semina.
Con questo grano si produce la farina sociale, venduta tramite il circuito del Gap, quindi disponibile per tutti i tesserati Arci. «Certo non sfameremo l’Europa, ma ormai è diventata una cosa sistematica. Negli ultimi cinque anni, tra i quindici e i venti agricoltori hanno ripreso a coltivare grano, sono state acquistate alcune mietitrebbie in condivisione e si è riattivato il mulino. A guardare le foto dei campi, sembrano delle cartoline degli anni Cinquanta. La resa quest’anno è stata quella che è stata, a causa della siccità, ma vedere i terreni riconvertiti dal nulla fa bene agli occhi e all’anima».
Ogni anno vengono prodotte tra le dodici e le quindici tonnellate di grano tra Lipari, Salina e Filicudi. Poco, considerati i consumi di pane, pizza e pasta che si hanno su isole con grandi flussi turistici. Per questo stanno testando diverse varietà di grano, per capire qual è il più adatto ai loro terreni. «Perché puntare all’autosufficienza per gli ortaggi e non per il grano e la farina, considerando che siamo in Sicilia, quindi in un posto dove tutto sommato ci si dovrebbe riuscire?», si sono chiesti Luigi e gli altri soci del magazzino.
Anche per questo nel 2024 è nata, in collaborazione con Slow Food, la Comunità dei Grani Antichi delle Isole Eolie. A fondarla il gruppo di agricoltori che si sta dedicando alla coltivazione del grano. «Seminiamo in salita, in discesa, ai margini e tra gli alberi pur di recuperare terreni abbandonati e avere la nostra farina tutelando la biodiversità», si legge in un post che traduce in parole il senso di una piccola grande comunità rurale che continua a seminare e mietere grani antichi siciliani e non solo.