Tra Occitania e Catalogna Itinerario lungo la costa della Linguadoca

Fortezze medievali, vecchi mercati, saline, onde da surfisti e soprattutto tanto buon cibo. Questa regione marittima francese offre interessanti spunti culturali e gastronomici che vanno anche al di là del confine con la Spagna

Saline di Gruissan, foto da Pixabay

Tra Occitania e Catalogna, dove la costa francese finisce con una serie spettacolare di lagune salmastre, stagni e saline, e iniziano le scogliere e le calette della Costa Brava, il dipartimento dell’Aude è un concentrato di città d’arte storiche, come il capoluogo Carcassone, centro medievale (ricostruito, ma in modo serio) tutelato dall’Unesco, parchi naturali, bellissime spiagge e, naturalmente, tutto il gusto della gastronomia francese, declinata nelle varianti locali. Appena oltre confine si cambia atmosfera, con i luoghi e le opere di Salvator Dalì, a Figueres e Cadaqués, e il fascino del borgo di Tossa de Mar.

È l’antica Linguadoca, che prende il nome dall’occitano usato dai trovatori, la lingua d’oc, ma anche il Paese Cataro, la terra dei castelli e delle roccaforti dei catari e degli albigesi, perseguitati nel Medioevo per i loro credo considerati eretici dalla Chiesa. Le antiche fortezze di Puilaurens, Termes, Peyrepertuse, Aguilar e Quéribus, note come «i cinque figli di Carcassone», testimoniano quei tempi di lotte interne e tra i due Paesi confinanti, ma scendendo dai Pirenei verso la costa il paesaggio si addolcisce e prevalgono i tempi rilassati e mediterranei del Midì.

Nel susseguirsi di lagune e stagni della costa, tutelate dal parco naturale regionale della Narbonnaise en Méditerranée che si estende su ottantamila ettari fino al massiccio della Clape, le saline e gli allevamenti di ostriche e vongole si alternano ad ampie spiagge sabbiose, in un itinerario che può avere idealmente come centro La Palme, o uno degli altri villaggi della costa, o le città vicine: Narbonne, la più antica colonia romana della Gallia, con il centro attraversato dal Canal de la Robine, patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, e da un pezzo dell’antica via Domizia, e dominato dall’imponente Palazzo degli Arcivescovi e dalla Cattedrale del tredicesimo secolo, con vertiginose volte gotiche.

Anche il mercato coperto è storico: Les Halles, costruito all’inizio del ventesimo secolo in stile Baltard, è stato votato nel 2022 come più bel mercato di Francia. Bello e buono: i suoi sessantasei commercianti propongono il meglio dei prodotti tipici della regione e nei tanti ristorantini interni si possono ordinare tanto le ostriche fresche come la carne alla griglia di Bébelle, l’attrazione del mercato, che su ordinazione si procura e cucina tutto ciò che offrono i banchi quel giorno.

A venticinque chilometri dal confine spagnolo, Perpignan, la “catalana”, è un singolare connubio di cultura franco-spagnola. Tra una passeggiata sul lungo fiume La Têt, con una sosta sulla terrazza di un bistrot dove servono tapas, e una serata alla Loggia del Mar, per uno spettacolo di sardana, la danza popolare catalana, simbolo di unione e fraternità, da vedere c’è tanto: la Citadelle, la cittadella a forma di stella opera di Vauban; il Castillet, l’antica porta principale del recinto medievale che chiudeva la città, e il Campo Santo, il più grande e ultimo chiostro-cimitero medioevale rimasto in Francia. Al ristorante, è già zona di fideuà, la singolare paella catalana a base di crostacei e fideus, sottili spaghetti tipo capelli d’angelo, in pratica fidellini.

È meglio aspettare la stagione relativamente fredda, o salire sui monti, per cimentarsi con il piatto tipico della Linguadoca, il cassoulet, uno stufato ricchissimo che richiama nel nome, e in alcuni ingredienti (fagioli bianchi, cotenna di maiale, piedini, lardo, costine, salsiccia e cosce di anatra confit), la cassœula lombarda. Nato, forse, a Castelnaudary – dove ad agosto viene celebrato con una sagra che tramanda la ricetta originale – per ridare forza ai soldati sfiniti dai combattimenti durante la Guerra dei cent’anni, richiede fagioli bianchi del Lauragais, una varietà di legumi importata da Caterina De’ Medici dalla Toscana quando andò in sposa a Enrico II.

Per provare tutto, tutto insieme e tutto in una volta, a patto di trovare un posto libero, perché ci possono volere mesi di anticipo per prenotare, la periferia di Narbonne ospita un esperimento singolare e di grande successo (ventiquattro milioni di euro): Les Grand Buffets, un all-you-can-eat gourmet dove i classici e le specialità regionali della cucina francese vengono serviti al prezzo fisso di 57,90 euro. Dedicato a Auguste Escoffier, maestro francese della cucina del diciannovesimo secolo, offre, in un decor da Grande Abbuffata, piatti classici come la lepre à la royale, trippe e caviale a volontà, centodieci varietà di formaggi, nove tipi di foie gras, montagne di astici, gelati e dolci di ogni tipo.

Nell’entroterra, gli oliveti e i vigneti delle Corbieres, prima Aoc in Linguadoca e quarta in Francia in termini di superficie, 87 denominazioni Dop e 36 Igp, con i suoi vini rossi, rosati e bianchi con vitigni internazionali e autoctoni: Syrah, Carignan e Mourvedre, per rossi e rosati, e Bourboulenc, Grenache, Clairette, Macabeu, Moscato a piccoli grani, Roussanne o Vermentino per i bianchi. La regione ha da tempi non sospetti una grande attenzione per i vini naturali, con il 36 per cento di tutti gli appezzamenti di terreni vinicoli biologici presenti nel Paese.

Tra questi, le domaine Mamaruta è un bell’esempio di azienda agroecologica, che produce «vini vivi» e molto gradevoli, cercando di creare il minor impatto possibile sull’ambiente: cavalli invece del trattore per lavorare i terreni, mucche delle Highlands al pascolo per sarchiare, siepi per dividere gli appezzamenti, manutenzione e pulizia manuale, conservazione dell’ambiente, dai vecchi muri in pietra, agli alberi e ai sentieri, raccolta manuale in piccole cassette, minor utilizzo possibile dei solfiti.

Sulle colline ci sono anche foreste di pale eoliche che sfruttano il Mistral, il vento che scende dai Pirenei e, secondo la gente del posto, può rendere pazzi con le sue violente raffiche che soffiano anche per sei giorni di fila. Posti da surfisti: e infatti a Leucate si tiene il Mondial du Vent, un evento dedicato ai windsurf e ai kitesurf che ogni primavera richiama decine di migliaia di persone che invadono la splendida e storica spiaggia di sabbia bianca di La Franqui e che non sono molto amati dai pescatori, anche se negli ultimi anni le amministrazioni locali hanno cercato di dividere gli spazi in modo equo.

Decisamente più rilassante dedicarsi a una visita guidata alle saline di Gruissan, dove tra distese di acque rosate (grazie a una speciale alga) si coltiva il sale e si allevano le ostriche. Un connubio che rende bene a tavola; il complesso, infatti, comprende un bel negozio dedicato ai vari tipi di sale e alle tante specialità locali, e un ristorante, La Cambuse du Saunier, aspetto rustico ma piatti raffinati a base di pesce e, ovviamente, ostriche a piacere.

Ostriche che sono anche il richiamo dei tanti ristorantini di Cap Leucate, dove vengono servite, volendo insieme a gamberi e a cozze, direttamente e con pochi fronzoli, ai tavoli che affacciano sul porticciolo. Ne vengono prodotte seicento-ottocento tonnellate all’anno, e l’ottanta per cento della vendita avviene direttamente in loco, quindi nulla da dire sulla freschezza e anche sui prezzi, più che onesti.

Basta superare il confine, per trovarsi nei luoghi di Salvador Dalì: Figueres, con il famoso Teatro Museo delle sue opere, Portlligat, con la casa e lo studio, e Púbol, dove si trova il castello che l’artista regalò a Gala, sua moglie e musa ispiratrice. O arrivare fino a Roses e a un altro museo, quello creato da Ferran Adrià nel suo famoso ristorante El Bulli 1846, l’ex tre stelle Michelin chiuso dal 2011 e trasformato in un complesso che racconta la storia degli anni e dei piatti che rivoluzionarono la gastronomia.

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