«Buccheri è il paese più alto della Catena Iblea, con i suoi quasi novecento metri sul livello del mare. È all’interno, in piena montagna». Silvana Fallisi, attrice, nota per i film del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, moglie di Aldo Baglio, ha girato l’Italia tra i teatri, ha vissuto a lungo al Nord, ma a Buccheri (Siracusa) è nata ed è tornata stabilmente da tre anni, tra campi di grano e gli ulivi da cui ricava il suo olio.
Quello con la cucina per Silvana è un legame stretto, fatto di territorio e di tradizioni di famiglia, ma anche di amore per quello che prepara: «Dicono che sono piuttosto brava a cucinare, ma io non faccio altro che ripetere quello che mi ha insegnato mia zia Lucia: mi ha lasciato due anni fa, aveva novant’anni, e io mi limito a rifare i suoi piatti, come li faceva lei. Lei faceva magie, con il pane, con i dolci, quelli tipici di qui, fatti senza latte o panna (una volta non si usavano perché non si potevano conservare, senza frigorifero), ma con tanto miele e con le nocciole di qui, gustosissime. Sono dolci vagamente arabeggianti, sicuramente dal sapore antico. Ma anche i primi, i secondi sono tutti del suo ricettario: e poi qui ho materie prime eccezionali, siamo in montagna, abbiamo prodotti straordinari, dalle carni alle verdure. Qui ci sono i grani antichi, anche io stessa li coltivo: li abbiamo seminati quest’anno per la prima volta e nei terreni di famiglia abbiamo anche i noccioli e gli ulivi, da cui facciamo un olio biologico. La zona di Buccheri è molto quotata, e l’olio locale, ricavato dalla varietà autoctona Tonda Iblea, ha vinto diversi premi, per il suo sapore che va dal carciofo al pomodoro, e la sua bassissima acidità».
«La mia qui è una nuova vita di cui sono felice: faccio cose antiche, come il pomodoro “concentrato”, da pomodori seccati al sole con cui si realizzano dei panetti. È una preparazione lenta e particolare, è quella che Tornatore fa vedere in una scena di Nuovo Cinema Paradiso: si vedono queste “lastre” rosse, che hanno dentro davvero il sapore del sole».
Racconta la sua terra con amore ma con una leggerezza tutta sua: Silvana parla del tempo, troppo secco, tanto che la terra sembra chiedere acqua, del sapore dell’olio, della sua famiglia: «Dal lato di papà erano mugnai, qui c’erano i mulini ad acqua che affiancavano le grandi coltivazioni di grano. Poi le terre sono state abbandonate, sono diventate bosco, e i mulini hanno chiuso. Da parte di mamma invece erano contadini, coltivavano soprattutto gli ulivi».
Un ritorno all’antico, dunque, il suo, di cui c’è bisogno: «Sento una grande consapevolezza della necessità di tornare a cose più sane, di fare più attenzione a quello che mettiamo nel piatto, perché ci possiamo salvare con l’alimentazione: mangiare bene aiuta. E c’è un ritorno alle cose buone e sane nella produzione locale, ma anche nei ristoranti, che qui usano i prodotti dell’orto sotto casa e si guadagnano fama e clientela. Un esempio è Lo Zafferaneto, che usa solo lo zafferano del luogo e dove tutto ha il profumo di questa spezia, e un altro è il ristorante U Locale».
Sono attività che rimandano a un volto della Sicilia gastronomica diverso da quello più noto e in un certo senso stereotipo: «Qui non c’è pesce, c’è solo il profumo delle spezie e delle erbe mediterranee, del finocchietto selvatico, che cresce spontaneo dappertutto, e dell’origano fresco. Ci sono i colori delle verdure, della frutta e tanti, tantissimi fiori ed erbe. È una terra ricca di essenze curative: la malva, l’iperico, la camomilla… Io le raccolgo tutte e le uso tutte, secondo ricette antiche».
Ora Silvana si gode tutto questo, insieme alla cura per l’anziana madre e a un ritmo più lento: «Ben venga la vita di campagna. Non me ne sono mai allontanata del tutto, in realtà, sono stata via per periodi più o meno lunghi, ma sono sempre state parentesi: è qui che sempre torno».