C’era una volta il gelato, che si trovava al bar o nei famosi carrettini immortalati anche in una canzone di Lucio Battisti. Cono o coppetta, abbinamenti scontati, gusti primari, colori netti: bianco per il limone, giallo paglierino per la crema, verde innaturale, un po’ chimico per il pistacchio, rosa fragola, beige nocciola e marrone cioccolato, là dove quest’ultimo aveva spesso un sapore deludente, rispetto alle tavolette. Già trovare il lampone, o il melone, o la pesca, non era così facile; la stracciatella, inventata nel 1961 a Bergamo dal ristoratore Enrico Panattoni – fiordilatte con cioccolato fondente versato caldo e “stracciato” mentre solidificava, seguendo il modello del primo piatto omonimo – era una specialità non così comune, anche se tuttora amatissima, tanto che all’aeroporto di Orio al Serio un cartellone agli arrivi annuncia con fierezza che si è atterrati nella «città della stracciatella».
Del resto, la transizione dalla millenaria tradizione del sorbetto al gelato pare sia cominciata proprio in Italia, a Firenze, nel 1565, alla corte di Caterina de’ Medici, per merito dell’architetto Bernardo Buontalenti, che ideò un quasi-gelato utilizzando neve, sale, limoni, zucchero, bianco d’uovo e latte.
Oggi, è un mondo, forse una galassia, in costante e rapida espansione. Un percorso fatto di qualche punto oscuro, come il gelato “al Puffo” di un inquietante color azzurro acceso, nato negli anni Ottanta sull’onda del successo dei fumetti dell’autore belga Peyo. In effetti, un gelato alla vaniglia con un tocco di colorante blu, tanto inviso alle madri sospettose quanto amato dai bambini, è ancora in auge, anche se non più all’apice della popolarità.
La prima vera svolta è arrivata quando si è capito che si poteva fare molto di più che giocare con i colori, che i gusti potevano essere mescolati e combinati per formare nuove specialità e che virtualmente qualsiasi cibo, o bevanda, potevano essere trasformati da mani esperte in gelato. Il campo di gioco si è ampliato a dismisura, dal gorgonzola, al Barbera, o, più in generale, al vino, bianco e rosso, una tradizione erede, in qualche modo, dei sorbetti al vino che nel 1600 venivano serviti alle tavole nobili per segnare il distacco tra piatti di carne e di pesce. Fino al gelato al nero di seppia, amato in Corea e diventato noto dopo le Olimpiadi invernali di Pyeongchang del 2018, a quello giapponese (ma, pare, di origine newyorkese) al wasabi, al gelato bavarese alla birra, fino a quello all’haggis, l’ostica specialità scozzese a base di interiora di pecora. Chi ha cuore di provarlo lo può trovare alla gelateria di Harrods, a Londra. Chi preferisce i sapori forti nostrani da Tonino, a Tropea, trova invece quelli alla ’nduja e alla cipolla.
E qui si entra nel settore dei gelati gastronomici, i gelati gourmet ideali per abbinamenti insoliti in cucina, ma anche in gelateria e vero banco di prova per i gelatieri, data la difficoltà di bilanciare in modo equilibrato gli ingredienti e la complessità della lavorazione. Il gelato salato non è, di per sé, una novità – il super premiato gelato alle zucchine del viareggino Enzo Vannozzi risale al 1973 – ma solo da una decina di anni è stato scoperto dagli chef e declinato in una serie di piatti d’autore ormai classici come il gelato al coniglio di Ernesto Iaccarino, quello all’ostrica con panna acida e scalogno di Moreno Cedroni e il croccantino di foie gras con cuore di aceto balsamico di Massimo Bottura.
Si parla naturalmente di gelato artigianale, un aggettivo molto usato che tuttavia, non avendo una definizione normativa, si presta a diverse interpretazioni. Certo, si intende un prodotto creato ogni giorno, con ingredienti freschi, elaborati dal mastro gelatiere, senza coloranti, aromi o addensanti artificiali (e quindi anche meno calorico rispetto al gelato confezionato, che in genere contiene più grassi e oli vegetali). Ma la questione delle basi pronte e dei semilavorati, che costò ai pur ottimi prodotti di Grom la perdita della definizione di gelato artigianale, fa sì che in senso stretto possano dirsi tali solo piccole aziende, con uno smercio e una produzione quotidiane e dove tutto viene prodotto in loco partendo dalle materie prime, impastandole, pastorizzandole e mantecandole senza l’aggiunta di addensanti, emulsionanti o stabilizzanti sintetici.
Per questo il gelato contemporaneo in versione gourmet è, anche, tecnologia. Strumenti come il PacoJet, o l’azoto liquido, permettono di preparare il gelato al momento, in quantità ridotte e solo quando serve.
Pierpaolo Portogallo, giovane e affermato pasticcere e gelatiere, da Edoardo il gelato biologico in Piazza Duomo a Firenze, propone solo prodotti bio e stagionali, con cialde fatte al momento, recuperando la tradizione con creazioni come “Pane è Oro”, un budino di pane e cioccolato, che si lega alla tradizione toscana del recupero del pane vecchio, o il “Pomodorino strusciato”, omaggio a un altro piatto della tradizione popolare.
Malgrado l’aspetto deliziosamente retrò del locale, dice di contare molto sulla tecnologia. «Credo che il suo utilizzo nel nostro lavoro ormai sia necessario. Io uso Smart Scale, un software di bilancia intelligente, e un’app di stoccaggio gelato, Fridge manager, che ho visto usare per la prima volta da Simone De Feo nella sua gelateria. La gelateria è precisione. Se rispetti le regole, il risultato è perfetto, e io amo la perfezione».
In quanto ai coni e alle coppette non ve ne è traccia, non almeno nella loro forma tradizionale, a Formaessenza, la nuova gelateria laboratorio aperta da pochi mesi a Roma, nel quartiere Marconi, da Stefano Ferrara, oltre venticinque anni di esperienza nel settore. In stile industriale, pieno di tecnologia, con mantecatrici a vista, gelati in barattolo, il Kelato, totalmente privo di zuccheri aggiunti e marchio registrato, propone i nuovi prodotti I-conico e Diametro 7, ovvero il cono e il biscotto gelato rivisitati.
Eliminando l’inevitabile spazio vuoto alla fine del gelato, il primo, che trasferisce l’approccio tecnico-creativo delle torte di Ferrara in una nuova forma verticale, con sei diverse consistenze dalla punta all’apice: la croccantezza del cono gluten free, la cremosità nella punta, la mousse nella parte centrale, il gelato nell’apice, la copertura croccante del gelato e, su tutto, la frutta secca caramellata.
Il biscotto, invece, prende il nome dalle dimensioni dei due dischi circolari, di consistenze diverse (frolla, savoiardo, brioche), che racchiudono il gelato. «Nella scelta della misura del diametro – racconta Stefano Ferrara – ho scelto il numero sette per la sua importanza in tutte le culture e le religioni del mondo; mi ha colpito soprattutto l’idea che per i pitagorici fosse il numero simbolo del cambiamento e dell’evoluzione che sono proprio i valori guida di Formaessenza».
Sul versante opposto, quasi antagonista, c’è il gelato industriale, confezionato, che nasce in Italia nel 1948 a opera di Angelo Motta, pioniere dell’industria dolciaria italiana. Fu lui a ideare il Mottarello, gelato pratico, da passeggio, da gustare senza fretta perché la copertura in cioccolato ritardava lo scioglimento della crema all’interno. E poi, la cialda del Cornetto, negli anni Cinquanta e poi, negli anni Settanta, con la diffusione del freezer, le vaschette da portare a casa e conservare per la prima occasione. Un mondo in evoluzione anche questo, grazie all’ampliamento enorme dell’offerta, con marchi internazionali e proposte sempre più fantasiose. Ma un mondo che deve fare i conti con la possibilità, molto cresciuta di decennio in decennio grazie alla tecnologia, di riprodurre in casa i gusti e le varietà più amate di gelato. Soprattutto tenendo conto che, secondo l’elaborazione dei dati pubblicati dall’osservatorio del Ministero delle imprese e del made in Italy, i prezzi, negli ultimi tre anni, sono saliti di quasi il trenta per cento: il prezzo medio del gelato in vaschetta è di 5,86 euro al chilo, contro una media di 4,52 euro al chilo del 2021, con un rincaro in tre anni del +29,6 per cento.
Ben vengano allora iniziative come quelle della cioccolateria toscana Slitti di Monsummano Terme, che suggerisce tre idee a base di gelato artigianale da realizzare interamente a casa: torta di mele accompagnata con gelato alla crema o al cioccolato fondente, affogato al caffè con un paio di palline di gelato alla nocciola del Piemonte, french toast con frutta di stagione e palline di gelato alle masse di cacao Equador e Perù.