Una recente audizione al Bundestag di Thomas Haldenwang, capo dell’ufficio federale tedesco per la Difesa della Costituzione (Verfassungschutz), ha riportato all’attenzione del dibattito tedesco il tema delle attività di spionaggio nel Paese. Haldenwang, infatti, ha raccontato che all’inizio di quest’anno un pacco destinato alla stiva di un aereo ha preso fuoco in un centro logistico Dhl a Lipsia, spiegando che per pura coincidenza non si è verificata una possibile tragedia aerea, dato che se l’incendio fosse scoppiato durante il volo, «avrebbe causato un incidente aereo». Il capo del Verfassungschutz non ha specificato se si trattasse di un aereo passeggeri o cargo, ma ha sottolineato che i servizi interni sono concordi nell’attribuire l’episodio a un sabotaggio, e abbastanza sicuri nel collegare l’episodio alle attività di spionaggio russe.
Il caso non è isolato; anzi, non è nemmeno il più eclatante. A luglio, le intelligence di Stati Uniti e Germania hanno infatti rivelato di aver scoperto un progetto della Russia per assassinare Armin Papperger, il ceo del colosso tedesco della produzione di armamenti, nonché azienda centrale nel sostegno tedesco a Kyjiv. Tra gli altri casi, ad aprile, ad esempio, due uomini sono stati arrestati con l’accusa di organizzare, per conto della Russia, sabotaggi a infrastrutture militari su suolo tedesco ma coinvolte negli aiuti all’Ucraina; a maggio, un ex funzionario dell’esercito è stato condannato a tre anni di carcere per aver passato informazioni ai servizi segreti russi.
Proprio tenendo presente questo contesto, durante l’audizione al Bundestag Haldenwang ha dunque avvertito che si sta assistendo a un aumento «quantitativo e qualitativo» delle operazioni di spionaggio e sabotaggio russe in Germania, con un «comportamento aggressivo» che mette «a rischio la vita delle persone». Queste dichiarazioni, provenienti dal vertice dei servizi interni, sono consonanti con quelle di Bruno Kahl, capo dell’intelligence estera che presente anche lui all’audizione, che ha aggiunto che la propensione del Cremlino per azioni segrete ha raggiunto un «livello mai visto prima» e che Putin sembra voler «testare i limiti dell’occidente», incrementando il rischio di escalation nelle tensioni tra Nato e Russia. Anche Martina Rosenberg, capo del controspionaggio militare, ha affermato che i tentativi di spionaggio russo rivolti all’esercito tedesco destano preoccupazione, soprattutto in merito alle forniture di armi e ai progetti di addestramento per i soldati ucraini, e ha evidenziato i tentativi russi di «creare un senso di insicurezza attraverso atti di sabotaggio».
Queste dichiarazioni, unite ai casi recenti, delineano uno scenario in cui la Germania si trova a essere al centro di una fitta rete di spionaggio e sabotaggio a opera della Russia. Con l’invasione dell’Ucraina, infatti, la Germania, tradizionalmente dialogante col Cremlino pur nelle diversità politiche, e partner commerciale rilevante per Mosca, è stata costretta a rivedere il suo atteggiamento, adeguandosi alla linea Ue, dalle sanzioni fino al blocco di Nord stream 2. Il processo è culminato nell’annuncio da parte del cancelliere Olaf Scholz di una Zeitenwende, una “svolta epocale” che mirava a stanziare cento miliardi di fondi speciali per l’aggiornamento di armamenti e la ricerca nel settore, oltre che il raggiungimento della quota del due per cento del pil prevista dagli accordi Nato per le spese di difesa.
Berlino, inoltre, è il Paese europeo che più contribuisce agli aiuti finanziari all’Ucraina, avendo inoltre varato negli anni diversi pacchetti di aiuti militari. Non va inoltre dimenticato il peso politico ed economico tedesco nel contesto europeo. Tutti fattori che rendono la Germania un bersaglio speciale per Mosca, che ha avviato nel paese anche diverse campagna di disinformazione, e che può contare sul sostegno politico di partiti anti-europeisti come Alternative für Deutschland e il Bündnis Sahra Wagenknecht, in crescita nei sondaggi e che hanno riscosso successo in alcune recenti elezioni locali.
In questo contesto, vale la pena chiedersi se gli allarmi dei servizi di intelligence potranno cambiare l’atteggiamento del governo, o almeno stimolare il dibattito in questa direzione. Se il sostegno a Kyjiv non è mai stato in discussione da parte tedesca, sul piano politico, però, spesso Berlino ha rappresentato il «polo titubante» degli aiuti militari europei all’Ucraina, rallentando alcune decisioni ed esprimendo incertezze e timori per gli effetti di queste anche quando altri partner erano intenzionati a prenderle.
Negli scorsi giorni, Scholz ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da un miliardo e mezzo di euro, e si è dichiarato pronto a favorire nuove trattative per giungere a «una pace giusta» che, nelle intenzioni del cancelliere, dovrebbe avere l’assenso degli ucraini e dei partner internazionali. Un atteggiamento che segnala la volontà di continuare a contribuire alla difesa dell’Ucraina; soprattutto, il riproporre in questa fase il tema delle trattative potrebbe testimoniare anche la speranza, forse vana visto il contesto attuale, di arrivare a un epilogo del conflitto prima delle elezioni federali del prossimo anno, dove ci si attende una crescita dei partiti filorussi che potrebbe rendere più difficile il sostegno a Kyjiv.
Gli spazi stretti in cui si muove Scholz confermano tutte le difficoltà tedesche nel trovare un ruolo geopolitico nel mondo post-invasione, faticando a maturare questa nuova consapevolezza nei suoi effetti più profondi. Le attività di spionaggio e sabotaggio in aumento, però, testimoniano come altri soggetti internazionali le loro idee le abbiano maturate da tempo.