La valigia Cosa distingue il professionista dal cuoco casalingo?

L’organizzazione, tanto pratica quanto mentale, è una competenza spesso inconsapevole di chi sa lavorare in cucina. Eppure, costituisce la principale discriminante tra professionisti di pari livello tecnico. La cosa bella è che si può imparare

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Il mestiere dello chef, del pasticcere e del panettiere non si riduce alla semplice esecuzione delle ricette, ma tende al raggiungimento di un risultato soddisfacente per il cliente nonostante le condizioni al contorno, che difficilmente saranno quelle patinate dei video su YouTube. Sebbene le normative italiane consentano quasi a chiunque di somministrare cibo trasformato – a patto di conseguire la certificazione Haccp – non tutti possono definirsi professionisti del settore. E la cosa più sorprendente – per chi non lo sa – è che la principale differenza tra uno chef e un cuoco casalingo non risiede tanto nelle abilità tecniche quanto nelle competenze logiche e organizzative. Tutti concetti potenzialmente banali (per chi li ha interiorizzati) ma essenziali per chiunque voglia approcciarsi al mestiere con serietà e consapevolezza, nonché illuminanti per chi questo mestiere lo vuole capire davvero. Giornalisti e consumatori inclusi.

Per questi motivi la Food Genius Academy – centro di formazione professionale specializzato nelle arti culinarie – ha scelto di avviare tutti i suoi corsi con una lezione di set-up, curata da Valeria Loi e Gabriel Cinque, chef e fondatori del progetto Impronta. Poche ore ma determinanti per la formazione di una nuova generazione di cuochi, capaci di operare bene in ogni contesto, dalla cucina di campo a quella stellata.

Con questo obiettivo, i due soci hanno raccolto, codificato e strutturato in modo logico le linee guida fondamentali del lavoro in cucina, che sia la partita di un ristorante o un laboratorio di pasticceria o di panificazione. «Se le conoscenze tecniche e gastronomiche costituiscono il bagaglio che ogni chef trascina con sé in giro per il mondo, questa lezione è la valigia che le contiene in forma ordinata».

La cucina, la pasticceria e la panificazione professionali tenderanno sempre all’ottimizzazione, che si appoggia su quattro pilastri: tempo, costi, pulizia e risultato.

Tempo
La ristorazione (in senso esteso) ha un raggio di delivery cortissimo, che obbliga a movimenti molto veloci. Ne consegue un tasso di errore elevato, che il professionista deve impegnarsi a minimizzare. Infatti, se da un lato è bene di ricordare che non muore nessuno – gli chef non salvano vite, e già nel servizio successivo avranno un’altra occasione per migliorare – dall’altro è importante assumersi la responsabilità di offrire un’esperienza potenzialmente irripetibile per il cliente, per ragioni logistiche o economiche.

Costi
Quando si parla di tempo, i costi seguono a ruota. E non riguardano solo gli ingredienti alla base delle preparazioni gastronomiche, ma anche i costi energetici e quelli umani. Tutto richiede efficientamento: dalla gestione delle scorte e dell’inventario all’utilizzo intelligente degli elettrodomestici, fino alla pianificazione dei turni e dei flussi di lavoro. Ristoranti, pasticcerie e panifici sono – prima di tutto – aziende, per cui la sostenibilità economica resta una priorità.

Pulizia
Altrettanto prioritaria è la pulizia, che ha una valenza igienica ma soprattutto organizzativa, perché in un ambiente pulito si lavora meglio. Nel pieno dell’operatività si mantengono puliti gli spazi e le attrezzature, rimuovendo subito ogni traccia degli eventuali incidenti di percorso, dallo schizzo sul muro alla farina sul pavimento. C’è poi la pulizia ordinaria, al termine di ogni turno o giornata, che deve contemplare anche la lucidatura: una superficie lucida è stata visibilmente lavata e dunque limita le comunicazioni superflue («Hai già pulito qui?»), facendo guadagnare tempo e denaro. Infine, prima del giorno di riposo, tocca alla cappa, ai frigoriferi, e a tutte le superfici non visibili.

Risultato
Ogni azione è orientata al risultato: i prodotti sono in linea con le aspettative qualitative e quantitative, nessuno si è fatto male e le attrezzature sono rimaste integre. E naturalmente il cliente è rimasto soddisfatto, perché è proprio nel servizio che si risolve ogni sforzo, ed è lì che l’appagamento del consumatore si traduce sperabilmente nell’appagamento di tutta la brigata. Il successo del servizio è però la diretta conseguenza dei tre momenti precedenti: ricezione della materia prima, produzione e mise en place. Sono sequenziali, e talvolta non chiaramente distinguibili. Ma è fondamentale che lo chef sia capace di riconoscerli, così da razionalizzare ogni passaggio attraverso un’analisi retrospettiva giornaliera, settimanale e stagionale. Perché i problemi si propagano a catena, dalla consegna errata di un fornitore all’infortunio di un operatore scivolato su un pavimento sporco.

«Questi quattro concetti sono come le gambe di un tavolo inclinato: tempi e costi devono essere ridotti al minimo per ottenere la pulizia e il risultato migliori possibili. Sono nozioni apparentemente scontate, ma non meno indispensabili delle equazioni per l’analisi matematica». E affrontarli – come parte della didattica negli istituti di formazione, ma anche nella comunicazione di settore – rappresenta un passo importante verso il riconoscimento e, di conseguenza, la tutela di questo mestiere.

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