Più Visione Il ristorante che sa prendersi cura del cliente e del personale

Una conversazione con Luca Orilia, giovane proprietario e manager di Visione Restaurant & Living, il locale in provincia di Cuneo dove il benessere dello staff è una priorità che si è integrata bene a un servizio e una cucina fine dining. Un progetto di ristorazione il cui successo è frutto della felicità circolare: dal manager al dipendente per arrivare al cliente e ricominciare il giro

Team cucina e sala di Visione Restaurant & Living, ph. Benedetta Bassanelli

Entrando da Visione Restaurant si chiarisce piuttosto in fretta da cosa è ispirato il nome del locale. Una grande vetrata in sala, seguita da un giardino che si affaccia sulle colline del Barbaresco. Un panorama sulla natura delle Langhe che fa da sfondo a una visione, più intrinseca, di ristorazione del suo proprietario, Luca Orilia, classe 1990.

Per lo standard italiano, un imprenditore di trentaquattro anni lo definiamo giovane, ma Luca di esperienza ne ha già accumulata parecchia, iniziando a lavorare a quindici anni nel settore, spinto da una passione smodata.

È un ragazzo dalle idee chiare e una gentilezza estrema, una perla rara che ha accumulato talento in diverse affermate realtà: da Villa Crespi di Orta San Giulio all’Hotel Miramare di Sanremo, passando da Villa Sparina nel Gavi al ristorante Archivolto di Ovada. Da quest’ultima esperienza nasce il primo progetto personale, nel 2018, la Cantina dell’Archivolto in quello che, allora, è stata una proposta originale per il territorio: la cantina con cucina.

Nell’ottobre del 2023 arriva Visione Restaurant & Living, il suo progetto di cucina fine dining nato dall’amore verso questo mestiere, dove si respira un’atmosfera rilassata e dove fermarsi anche oltre il momento di un pasto, per le chiacchiere e un bicchiere intorno al giardino.

Una gestione portata avanti da uno staff di dodici persone, tutti di età compresa tra i ventitré e i trentacinque anni. Un giovane ristoratore che gestisce uno staff giovane. Sembra di stare in una bolla della ristorazione mentre fuori, gli adulti, gesticolano per trovare nuove colpe da dare a qualcuno sempre meno volenteroso e più viziato di loro. Eppure, a stare nel ristorante di Luca, mangiando i piatti dello chef Emanuele Bellomo, tutto sembra funzionare in modo eccellente. Un servizio fatto con calore e discrezione e una cucina che sa raccontare le cose del territorio, con una mano che ha anche avuto il tempo di guardare il mondo.

Visione Restaurant & Living
@Visione Restaurant & Living

L’occasione è ghiotta per capire qualcosa in più sul lavoro dei giovani nella ristorazione (e godere di un menu attento, capace di metterti di buon umore). E ne parliamo con Luca, che si dimostra subito molto sicuro e fiero delle scelte fatte fin qui in merito alla gestione del locale e del personale.

Su Linkiesta Gastronomika il tema del lavoro nella ristorazione è spesso presente, per aiutarci e aiutare meglio a comprendere le dinamiche di settore. Parte stessa del nostro Festival è dedicato ai temi del lavoro e dei giovani, al fine di far emergere questioni che è fondamentale affrontare per il futuro della cucina italiana.

Con Luca, infatti, abbiamo parlato molto di come fare ristorazione oggi, in un mondo in cui la concezione del lavoro è totalmente cambiata e cambia anche il significato stesso di passione per il lavoro, che non vuole essere vissuto come sinonimo di sofferenza fisica e mentale, ma passione intesa come uno stato di persistente emozione.

«Servono passione e dedizione. Se non le hai, non riesci. E poi la creatività, l’ambizione e la pazienza». Sono gli elementi che Luca sostiene siano fondamentali per arrivare a essere un ristoratore e attraversare la carriera. Si sofferma sul concetto di pazienza, elemento raro da trovare nei ristoratori, poco inclini a comprendere il dipendente.

Molti manager, chef e gestori sono sovente il risultato di una vecchia scuola che si basa sul maltrattamento, l’umiliazione e lo sfruttamento dei dipendenti e dei sottoposti. È un cancro della ristorazione.

«Mi comporto con il mio staff solo come i migliori dei miei superiori si sono comportati con me. Cerco di essere meritocratico sempre, in un mondo che spesso non ti dice neanche grazie. Io grazie ai miei dipendenti lo dico spesso. Non sempre, per non snaturare il significato di quella parola, ma spesso. La gestione del personale mi sta a cuore e credo che alle persone di valore debba essere riconosciuto il giusto valore economico».

Luca non usa mezzi termini per chiarire che il personale competente va valorizzato con il giusto riconoscimento economico. «Molti nella ristorazione hanno dovuto accettare paghe basse, umiliazioni, turni massacranti. Io non voglio riproporre questo modello. Spesso si dice che bisogna passare per quel disagio per acquisire l’esperienza e la disciplina. Per me è stata formativo per capire che sono proprio quelli gli errori da non commettere. Si può stimolare uno staff senza bisogno di essere aggressivi».

E lo stimolo di Luca per lo staff arriva con il confronto e lo svago. Un ulteriore investimento per consolidare la squadra e creare quel senso di famiglia che le brigate e gli staff spesso si illudono di avere. «Investo in momenti di aggregazione per il team. Poco tempo fa siamo stati a Gardaland per una giornata di puro divertimento, ma poi ci sono giorni di formazione che si svolgono intorno al tavolo di un ristorante o di un bar, utili per conoscere nuove realtà e scambiare opinioni sui nostri piatti e il nostro servizio».

Visione Restaurant & Living
Visione Restaurant & Living, ph. Benedetta Bassanelli

Sono occasioni di confronto fondamentali, secondo Luca, per far maturare una figura professionale senza dover ricorrere all’atteggiamento tossico usato da altri, solo perché qualcuno, in precedenza lo ha fatto con loro. Bisogna spezzare questa catena e annullare il ciclo di cattive abitudini che si perpetrano da sempre in questo settore. Se in antichità cucinavano servi e schiavi, non è che dobbiamo per forza replicare il modello, possiamo evolvere con serenità.

Altro discorso, spinosissimo, è quelli riguardante gli orari di lavoro: «Ho scelto di fare due giorni di chiusura a settimana e lo faccio per lo staff. Non ho interesse a stressarli, preferisco rinunciare a un servizio se è necessario per poter lavorare bene, concedere loro del tempo libero. Tanto mi accorgo che concedere questo tempo a uno staff si traduce in un personale che spesso usa quel tempo libero per fermarsi al ristorante, spontaneamente, e dedicarsi a un lavoro o un’attività da portare avanti. Non serve imporre di lavorare delle ore extra in questo modo, e tutti maturano nella gestione autonoma delle attività».

Non concedere del tempo è sfruttamento, specie se questo tempo è la sottrazione di un diritto come una pausa o un riposo. «È sfruttamento quando hai un maître o un manager che ti obbliga a fare determinati orari. È la mia esperienza. Chiedevo dieci minuti di pausa e mi veniva risposto che ne potevo avere cinque. Quello è sbagliato. La risposta corretta sarebbe: non ti preoccupare, ti copro io. Pur essendo un titolare, sono io che a volte chiedo a un dipendente di prendersi del tempo libero perché magari so che ha un giorno speciale, come un anniversario da festeggiare. E io so che loro saranno felici e avranno maggiore rispetto del proprio lavoro e del ristorante.

Lavorare bene è sostenibile
A sentire parlare Luca sembra tutto così limpido che viene da chiedersi come mai, allora, molte altre attività di ristorazione usano spesso vecchi modelli basati sullo sfruttamento per fare impresa. Abbiamo capito che non serve a nulla trattare male un dipendente per formarlo. Forse adottare modelli fatti di turni pressanti e sottopagati è l’unica strada per mantenere stabile economicamente un ristorante?

«No, è solo avarizia dei ristoratori. Non ho aperto un ristorante per arricchirmi. Potrei avere la metà dello staff e funzionare lo stesso, ma io voglio un ristorante in cui lo stress non deve interferire nel lavoro. Non conosco al momento gestioni come quella che sto tentando io».

Si tratta di un modello assai più fluido, ed è forse questo a renderlo vincente. Luca Orilia è stato capace di capire che la ristorazione odierna affronta ogni giorno nuove sfide, ed è il ristoratore che deve fare da capitano in un mare in tempesta. Mese dopo mese le esigenze cambiano e Luca adatta questo modello in modo che funzioni per lui e per tutti, ospiti compresi. Quello che viene meno sono i margini per il proprietario, che sono sicuramente inferiori. «La mia crescita economica sarà più lenta, ma sono contento così».

Luca Orilia

Visione del futuro
Certo non è un percorso in discesa. Mettersi in discussione da ristoratore è la base per poter fare meglio e, proprio per questo, nel futuro di Visione Restaurant c’è già una figura manageriale che possa sostituire Luca: «Sto ragionando su una nuova figura più matura e con tanta esperienza che possa seguire meglio di me la formazione dello staff. Sono un titolare, ma spesso molto buono. Penso che una persona più esterna possa portare miglioramenti». Insomma, anche in paradiso serve la figura del poliziotto cattivo. Ma i progetti futuri sono anche più ambiziosi, si allargano all’ospitalità con il progetto di rilevare l’adiacente struttura alberghiera per farla diventare parte di Visione. A questo si uniscono migliorie per gli ospiti e lo staff: da un rinnovamento degli spazi cucina all’area accoglienza fino uno spazio spesso troppo trascurato nel settore: le toilette.

E il futuro del fine dining
Un giovane che fa ristorazione fine dining che parere ha sul futuro del settore, quando in molti sono convinti che siamo al capolinea? La risposta di Luca è interessante perché non immagina la morte della ristorazione di nicchia, e nemmeno una sua evoluzione: «Rimane così com’è. Certi meccanismi drogano questo sistema e lo rendono impossibile da migliorare. Nessuno si focalizza abbastanza sulle questioni legate ai problemi di questo lavoro e quindi si costringe il sistema a rimanere invariato. Tuttavia, la vita del fine dining è lunga perché sono sempre di più le persone che vogliono fare un certo tipo di esperienza gastronomica».

La passione muove tutto questo mondo. Quella di un giovane che vuole imparare un mestiere elettrizzante e quella di un cliente che vuole provare un’esperienza sempre nuova di gusto e servizio. Nella ristorazione di livello non si tratta quasi mai di avere un lavoro qualsiasi o di mangiare un piatto qualsiasi, è una scelta ponderata, una visione che smuove il desiderio di conoscenza e miglioramento. Ma per il bene di questo settore e del suo futuro, c’è una domanda che ogni responsabile di ristorante è urgente che si ponga: cosa mi ha umiliato nel corso della mia carriera e cosa avrei meritato? E in che momento esatto la mia passione è stata soffocata dallo sfruttamento? Dopo essersi dati la risposta, forse si potrà pensare a gestire lo staff di un ristorante adatto al futuro.

Visione Restaurant & Living
Strada Nicolini Basso, 34 – Tre Stelle (Cuneo)

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