Non è facile definire, umanamente e politicamente, il comportamento di Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del merito, come recita la ridicola definizione voluta dal governo. Non essendo un professore della scuola pubblica, sarei tentato di usare le parole di Christian Raimo, che a lui sono costate tre mesi di parziale sospensione dello stipendio. Ma qualunque iperbole sarebbe comunque insufficiente. Spilletta della Lega al bavero (in Emilia-Romagna e Umbria erano pur sempre aperte le urne), Valditara ieri ha inviato un video per l’inaugurazione della Fondazione Giulia Cecchettin, la ragazza assassinata dal fidanzato, e ne ha approfittato per lanciarsi in uno sconclusionato comizio contro tutto ciò per cui il padre e la sorella di Giulia hanno deciso di battersi in suo nome. Ha irriso la lotta contro il «patriarcato» e ripetuto che il problema degli abusi contro le donne viene dagli immigrati, costringendo Gino Cecchettin a replicargli, in un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della sera, con parole semplici e definitive: «Vorrei ricordare al ministro che chi ha portato via mia figlia è italiano».
Non so se anche questo episodio si debba collegare all’ebbrezza provocata nei sovranisti italiani dalla vittoria di Donald Trump. Temo che non ne avessero neanche bisogno (in Italia abbiamo anche un particolare tipo di trumpismo autoctono, che definirei roccellismo). Ma sono piuttosto convinto che il risultato delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Umbria, una netta vittoria del centrosinistra in elezioni segnate dalla bassissima affluenza, si spieghi anche così. Con una sconfitta di questo atteggiamento, di questa arroganza, di questa disarmante mancanza del benché minimo senso del limite. L’astensione, come è noto, è la prima stazione in cui sostano i voti in uscita che di solito i sondaggi continuano ad accreditare al vincitore delle elezioni precedenti.
Ma mi pare degno di nota che in un quadro simile a pagare il prezzo più alto siano proprio i principali partiti populisti di entrambi gli schieramenti, Movimento 5 stelle e Lega, il partito di Valditara e della non confermata presidente dell’Umbria, Donatella Tesei. E anche la netta vittoria di Michele De Pascale in Emilia, in particolare nelle zone alluvionate, dà l’impressione di un secco rifiuto del modo violento e strumentale con cui la maggioranza ha tentato di rovesciare sugli avversari tutti i problemi legati a quella tragedia, cui si possono aggiungere le polemiche non meno strumentali di Giorgia Meloni e di tutto il governo dopo la sfilata dei neofascisti di Casapound nei pressi della stazione di Bologna e gli scontri tra polizia e antagonisti. Volendo, anche il magro risultato di Stefano Bandecchi in Umbria potrebbe forse leggersi allo stesso modo. Mi domando insomma se il vento del trumpismo, che in Italia ha iniziato a spirare ben prima che negli Stati Uniti, oggi non possa mandare fuori strada i suoi più maldestri epigoni.
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