Ormai le posizioni si sono irrigidite, e anche ieri a Strasburgo se n’è avuta una conferma. Sull’Ucraina, il Partito democratico ha una posizione generale oggettivamente meno forte di quella del gruppo dei Socialisti e Democratici (di cui pure è la delegazione più numerosa) e dello stesso Europarlamento che ha approvato una mozione in piena sintonia con le scelte dell’Amministrazione Biden ormai agli sgoccioli, compreso il sì all’uso delle armi a lunga gittata messe a disposizione della Resistenza ucraina.
Sembra inutile insistere sulle divisioni interne del Partito democratico, se non per rimarcare che sugli articoli più importanti ognuno fa come gli pare. Non è un gruppo parlamentare, è una gita scolastica. Un gruppo vacanze Piemonte, come quella vecchia pubblicità, chi mangia il panino, chi canta, chi sonnecchia. È un gruppo che ha tre posizioni diverse moltiplicate per ogni articolo: questo non è pluralismo, è una malattia.
Il capodelegazione Nicola Zingaretti, che lasciò improvvisamente la segreteria del partito perché era in mano alle correnti adesso non si fa problemi a (non) guidare un gruppo di sottocorrenti. A parte Marco Tarquinio e Cecilia Strada che votano no a tutto, c’è anche da dire che Giorgio Napolitano i cosiddetti riformisti li avrebbe presi per le orecchie, e richiamati a maggiore coerenza, dinanzi al fatto che la maggioranza schleiniana ormai è più vicina al famigerato tandem Tarquinio-Strada che ai socialisti europei.
Tra i riformisti c’è la posizione più netta e “occidentale” di Pina Picierno e anche di Giorgio Gori e Elisabetta Gualmini (ieri era assente, ma avrebbe votato come Picierno). E pure Irene Tinagli e Pierfrancesco Maran hanno detto sì all’uso delle armi capaci di colpire le basi russe. Poi ci sono i “riformisti light” di Stefano Bonaccini, che come era già successo a settembre non hanno votato i punti più qualificanti.
Alla fine, tranne i due simil-rifondaroli Tarquinio e Strada, tutti hanno votato l’intera risoluzione perché ovviamente sarebbe stato inumano negare l’appoggio a Kyjiv. Però anche basta: l’eterna divisione del Partito democratico europeo su questo punto va assunta come definitiva e stop.
È una metafora emblematica del dibattito interno generale. Schlein si mostra forte come non mai – lo si è visto ieri in Direzione – sinceramente convinta che nella maggioranza si sia messo in moto qualcosa di serio che potrebbe portare alla sua implosione, e questa è tutta adrenalina per una segretaria che ha appena trionfato in Emilia-Romagna e strappato l’Umbria agli avversari.
Per questo lei sta calamitando persone e forze che non l’avevano sostenuta alle primarie: il vento tira lì. E allora forse è venuto il momento per la minoranza di fare il punto della situazione (ci sarà una riunione il 30, a margine di un’iniziativa pubblica a Roma a cui parteciperà anche la segretaria) partendo da due elementi oggettivi. Il primo, come detto, è che Schlein non è certo in discussione: il secondo è che un congresso non è alle viste. Il combinato di questi due fatti dovrebbe essere letto in positivo, come una condizione favorevole per un ripensamento complessivo dell’azione della componente. Il che dovrebbe consigliare di mettere mano alla struttura e alla leadership della minoranza cosiddetta riformista e, avendo del tempo a disposizione, di lavorare a una piattaforma complessiva, non a spizzichi e bocconi, cioè a una vera proposta di governo. Facendo cioè quello che il gruppo dirigente schleiniano non sa o non vuole fare.
Insomma, bisognerebbe guardarsi negli occhi e decidere che fare da grandi partendo dalla condizione reale: in Parlamento i riformisti incidono abbastanza, ma è nel corpo del partito, per non dire del Paese, che contano poco o nulla. Chi è il leader? A questa prima domanda si dovrebbe dare una risposta. Come si pensa di organizzare una battaglia interna, a partire dall’Europa? Lei, Elly, va avanti per la sua strada. Le solite cose. Si sa già prima quello che dirà. Ma funziona. In campo, c’è solo lei. Però un partito senza dialettica interna non è un partito. Al massimo, un gruppo vacanze Piemonte.