Che fai, lo cacci?Schlein fa di tutto per escludere De Luca dalle liste del Pd, a suo rischio e pericolo

La segretaria sembra irremovibile sul terzo mandato al governatore della Campania: piuttosto, preferisce perdere le elezioni e un pezzo di partito

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Le famose «contraddizioni in seno al popolo» descritte da Mao Tse Tung quasi settant’anni fa sono niente rispetto a quelle che stanno venendo fuori nel Partito democratico in relazione alla questione campana. Non se ne esce: Vincenzo De Luca va avanti malgrado il niet di Elly Schlein, ha dalla sua parte sette consiglieri regionali su otto che voteranno la norma regionale che consente un terzo mandato. Messe così le cose, alle regionali della prossima primavera ci sarà la lista Pd-M5s (si dice con Roberto Fico candidato presidente), la lista De Luca (appoggiata dall’ex Terzo Polo) e la lista di destra (forse con l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato). Ovviamente, quest’ultima trarrebbe un enorme vantaggio dalla divisione del centrosinistra, ma De Luca non va comunque sottovalutato perché come detto potrebbe avere con sé il grosso del Partito democratico campano.

Dunque chi perderebbe? Il Pd di Roma, cioè Schlein. Ma perché la leader del Partito democratico si sta gettando nel fuoco? Per difendere un principio. Il principio che dice che una democrazia sana non può tollerare che il potere resti troppo a lungo nelle mani della stessa persona. Altrimenti diventa autocrazia.

Una «sclerotizzazione del potere», come la definisce il giurista Salvatore Curreri (che, con altri, adombra il rischio di incostituzionalità del terzo mandato) fonte permanente di camarille, clientelismi, opacità. Pertanto limitare i mandati a due significa impedire un cortocircuito populista di tipo sudamericano. Non è così negli Stati Uniti, in Francia, dove i presidenti possono fare al massimo due mandati? Principio che Elly Schlein vuole difendere, costi quel che costi. Chapeau alla coerenza.

Non la sfiora, giustamente, il fatto che il Veneto abbia già consentito il terzo mandato: è stata una scelta della Lega per rieleggere Luca Zaia. Lei no. Eppure bisognerebbe chiedersi come mai la legge nazionale non sia completamente cogente visto che ha bisogno di essere recepita dalle regioni: segno che forse una qualche elasticità non è vietata. Ma il punto è politico. Ed è che il Partito democratico di Roma si mette contro il Partito democratico campano – che vuole ancora De Luca come governatore, e questo è un fatto inedito che “Roma” deve valutare perché quella di De Luca non è solo prepotenza o egocentrismo ma una questione politica collegata al suo consenso.

Il Nazareno che fa, caccia De Luca e tutti i suoi sostenitori? Una mega-purga un po’ moscovita contro un territorio ribelle? E la tanto decantata autonomia dei territori? O non bisogna in qualche modo rispettare gli iscritti, o anche solo parte (rilevante) di essi? Espulso De Luca, diventerà il capo di un’area di sinistra riformista che molto pescherà tra gli ex popolari e riformisti vari oggi nel Partito democratico.

Schlein dunque avrà spaccato il suo partito e perso le elezioni. Tutto per rispettare l’intangibile purezza di una norma che non ammette deroghe. Di fronte al dilemma tra la coerenza e il realismo politico, la leader del Partito democratico non ha dubbi: meglio perdere che perdersi, come diceva qualcuno. A meno che non ci si inventi un qualche compromesso che al momento pare tecnicamente impossibile, Elly Schlein rischia grosso. Decideranno gli elettori se sarà valsa la pena di gettarsi nel fuoco.

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