Non poteva mancare l’ammonimento da trivio: «Le sentenze si rispettano!». Accantonando il dettaglio che gli ordini di arresto emessi a carico di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant non sono “sentenze”, dovrebbe valere semmai la regola opposta, mandata in desuetudine dal pluridecennale manipulitismo italiano: e cioè che i provvedimenti giudiziari non si rispettano manco per niente, se questo significa idolatrarne il contenuto scambiandoli per moniti oracolari. Se ne deve rispettare l’esistenza (cosa ben diversa), cioè il fatto che siano emessi; e si deve rispettare l’esistenza del potere che li ha emessi, se ha il potere di emetterli. Punto. Abbiamo assistito in questo caso – come in mille altri, ma qui non si tratta di una tangente o di un appalto truccato – esattamente a quell’atteggiamento di subordinazione fideistica, segno di un degrado civile e politico irrimediabile, per cui una qualsiasi manifestazione del potere inquirente prende i tratti dell’inoppugnabilità sacerdotale. È giusto che siano arrestati a prescindere dal fatto che sia legittimo arrestarli, e a prescindere dai motivi per cui sono arrestati, perché quella Corte ha il potere di arrestarli. Di modo che “le sentenze si rispettano” non significa più, appunto, che un ordine è stato emesso e che un potere lo ha emesso, ma significa quest’altro: «È un ordine giusto, perché la Corte lo ha emesso». Ma non è in questo modo che una società civile e democratica (e fondata sullo Stato di diritto), sorveglia il lavoro della giurisdizione. Il modo è l’opposto: è tenere d’occhio quel lavoro, e contestare quando è fatto male, proprio a salvaguardia della “sacralità” dell’istituzione che lo svolge. A delegittimare la giurisdizione è esattamente il “rispetto” che manda impuniti gli spropositi di cui essa può rendersi responsabile. La giustizia non è veramente pregiudicata quando commette errori o abusi: è veramente pregiudicata quando pretende di assolversi, o è assolta, dal giudizio e dal controllo che la società ha il dovere di esercitare sul lavoro giudiziario. “Le sentenze si rispettano”, in quel modo malinteso, è la negazione di quel principio fondamentale. È la trasfigurazione della giustizia in arbitrio, e dei consociati in fedeli.
23 Novembre 2024