Bricolage sincreticoL’arte sacra e secolare di Catalina Swinburn nasce dalle rovine dell’industria editoriale

Le opere dell’artista cilena si distinguono per la capacità di trasformare spartiti e libri abbandonati in opere suggestive. Ciò che poteva sembrare un “atto eretico” diventa per lei un atto di rigenerazione narrativa e di catarsi

Il ritorno zoom. Courtesy of the artist

Nata a Santiago nel 1979, Swinburn nutre un amore viscerale per la carta stampata, radicato nelle sue esperienze infantili in Cile, dove i libri erano viaggi immaginari attraverso l’Europa. La sua ricerca di libri in biblioteche vintage e mercati è un viaggio intrinseco, una fusione di esperienze e curiosità che plasmano la sua arte.

L’abbiamo incontrata per farci raccontare il senso più profondo della sua arte in cui si manifesta potente una riflessione sul ruolo della donna attraverso la tradizione dell’arte tessile. La tessitura diventa metafora di resistenza, rappresentando l’espressione femminile e le voci spesso trascurate nella storia. Le sue opere combinano denuncia sociale e impatto estetico, sfidando lo spettatore e la spettatrice a vedere la distruzione come rinascita, esplorando le narrazioni complesse dalle rovine delle parole.

FERTILE CRESCENT I. Courtesy of the artist

Le tue opere nascono da una rielaborazione di spartiti e libri. Come decidi quali libri sacrificare, e come vivi questa rielaborazione della parola?
Mi è sempre piaciuto lavorare con la dualità di qualcosa di esteticamente bello che nasconde un messaggio subliminale. Nella mia pratica, distruggere questi libri e spartiti è quasi un atto eretico o terroristico. Queste opere enfatizzano il momento di una catastrofe culturale, perché la distruzione di un libro per me equivale alla demolizione di un edificio. Non è un caso che considero le pagine di questi libri come “immagine di una rovina”: i libri stessi sono il simbolo di questa decadenza. Si tratta principalmente di libri e spartiti scartati dalle biblioteche pubbliche o da privati che se ne vogliono liberare. Mi dedico a recuperare questi libri dalle rovine dell’industria editoriale e a trasformarli in una materia prima complessa che emerge dalla loro scomparsa come oggetti, iniziando un processo regressivo che cancella la rappresentazione dell’immagine e della lettera. Il mio gesto artistico è quindi una catarsi. Mi piace pensare, in fondo, di dare nuova vita a queste narrazioni e storie di luoghi rese mute dal fatto che sono libri da buttare. Rigenerare queste narrazioni articola un senso di urgenza e una modalità di resistenza.

Da dove nasce questo amore viscerale per la carta stampata?
Mio padre, grande architetto, collezionava libri, e la mia casa ne era piena. Ma era anche una casa piena di musica, così sono cresciuta affascinata dalla musica classica fin da giovane. Essendo nata e cresciuta in Cile, i libri sono stati i miei viaggi immaginari per l’Europa e per il Mondo. Oggi passo molto tempo a cercare libri nelle biblioteche vintage, nei mercati, nelle fiere, nei negozi di antiquariato, praticamente ovunque. Quando trovo volumi che mi piacciono particolarmente, li cerco anche online, per trovare copie aggiuntive. Ogni ricerca mi porta a un nuovo libro. Ogni volta che viaggio, visito vecchi negozi di libri, fa parte di uno scambio culturale: faccio amicizia e sono curiosa di vedere cosa posso fare con i libri. Mi offrono sempre testi interessanti che magari per anni non uso, e improvvisamente tornano da me e diventano parte di una nuova serie. I libri per me sono come pellegrini, viaggiano costantemente e si muovono, passano tra diverse mani, contengono la loro narrazione e, per me, anche il racconto del proprio viaggio. Questi libri attraverso cui ho viaggiato, conosciuto e ancora oggi conosco il “mondo”, non solo presente, sono diventati la tavolozza della mia ricerca.

DIDO & AENEAS ZOOM. Courtesy of the artist

Che ruolo ha l’essere una donna nel tuo lavoro?
Le donne erano solite tessere insieme, e l’arte tessile era uno spazio di libertà per esprimere sé stesse nei manufatti che realizzavano. L’obiettivo principale della mia ricerca artistica è rivalutare il ruolo delle donne attraverso la storia e utilizzare la mia pratica di tessitura di narrazioni storiche come metafora di resistenza: la tessitura diventa un simbolo dell’espressione femminile, un surrogato della voce mancata delle donne che ha caratterizzato tanto la storia dell’umanità. Mi piace pensare che la tessitura possa ritrarre ciò che le parole non possono e non sono riuscite (ancora) a dire. La mia tessitura passa così dalla dimensione di resistenza a quella di resilienza corale.

Come e perché hai unito la carta all’arte tessile?
Il tessuto tende a delimitare una sospensione dell’esistenza ordinaria ed è uno dei segni più visibili dello spazio sacro e dei ruoli sacri. I tessuti sono tra i segni più visibili degli spazi sacri e dei ruoli sacri. Questa tecnica di tessitura che ho sviluppato, simile a un “IN SET” o EmbeddingEncastre consente al delicato materiale della carta di acquisire durata e diventare una struttura robusta. La tessitura è progettata con uno schema graduato ispirato alle rovine sacre e ai vecchi tessuti di impalcature usati nelle culture andine. Riferendosi alla struttura “suyu whipala”, ogni modulo viene tagliato e unito manualmente. Tale processo permette di collegare la conoscenza ancestrale al pensiero scientifico, dando vita a una nuova linea poetica anche di matrice ambientalista ed ecologica. Vorrei aprire la strada a un dialogo tra conservazione e innovazione, continuità e trasmutazione, combinando l’artigianato locale con le tendenze globali e mostrando come geografie selezionate condividano affinità creative universali e reciproche.

Courtesy of the artist

Come crei un nuovo pezzo?
La mia pratica è sempre stata legata al passato, attraverso ricerche sulle narrazioni storiche, per creare sculture, installazioni, arazzi. Inizio sempre con un concetto, poi con una ricerca principalmente dagli archivi classici, poi in qualche modo la magia accade e i libri iniziano a venire da me: o li trovo o loro trovano me. Ad esempio, per la serie di opere Archives from the Future Series, mi sono ispirata a uno studio di J. Norman Locker, un pioniere nei campi dell’astrofisica e dell’astro-archeologia, descritto nel libro The Dawn of Astronomy, pubblicato per la prima volta nel 1894 da Casesell and Company a Londra. J. Norman Locker credeva che i monumenti dell’antico Egitto fossero costruiti “in stretta relazione alle stelle”.

L’astronomia ricorre spesso nelle tue opere: ci spieghi il perché?
Cielo, Dio, trascendenza, riti. Non c’è nulla di più importante nella mia ricerca artistica e interiore. L’astronomia ha e continua a rivoluzionare il nostro pensiero su scala mondiale. In passato è stata utilizzata per misurare il tempo, segnare le stagioni e navigare nei vasti oceani. Essendo una delle scienze più antiche, l’astronomia fa parte della storia e delle radici di ogni cultura. Ci ispira con belle immagini e promette risposte alle grandi domande. Agisce come una finestra sull’immensità e complessità dello spazio, mettendo la Terra in prospettiva e promuovendo la cittadinanza globale e l’orgoglio nel nostro pianeta.

Quindi dal cielo alla terra?
Sì, in mezzo l’architettura dell’uomo. Molti luoghi della Terra sono collegati al Cielo, per cui sono stati “eretti”. I principi di orientamento, allineamento e misurazione erano caratteristiche critiche legate al tempio come spazio sacro. Queste pratiche e strategie architettoniche hanno contribuito a rappresentare lo spazio sacro nel tempio in vari modi. Allineare il tempio con vari corpi celesti facilitava la funzione del tempio come osservatorio. L’allineamento del tempio con i punti cardinali suggeriva l’effetto mondiale delle benedizioni che emanavano dal tempio e indicava ulteriormente il tempio come una struttura cosmica. L’attenzione meticolosa alla misurazione relativa al tempio come una replica autentica del tempio celeste, o addirittura come sua estensione. Lo sviluppo di rituali fondamentali, come i depositi di fondazione aveva lo scopo di facilitare la costruzione e delimitare ulteriormente l’area del tempio come spazio sacro. Le caratteristiche architettoniche e i riti del tempio riguardanti orientamento, allineamento e misurazione forniscono prove convincenti della natura cosmica del tempio e della sua essenza sottostante di spazio sacro.

IL RITORNO. Courtesy of the artist

Non solo trascendenza, ma anche moda ed esteriorità sembrano giocare un ruolo importante nella tua arte.
L’ambiguità del bello è per me qualcosa di irresistibilmente conturbante. Le mie sculture e installazioni intrecciate in carta tessuta sono state inizialmente realizzate per essere indossate da me stessa in quello che io chiamo “Rituali dell’Identità”. L’opera d’arte è quindi attivata dalla doppia funzione che mi vede “costruttrice” e interprete della scultura attraverso una sorta di performance intima e dal forte valore simbolico. Le mie armature sono “investiture rituali”, ali per volare o diventare ciò che si desidera. Mi piace anche l’idea che una volta che i pezzi sono esposti, si pongono domande su chi li ha usati prima e quando sono stati fatti, poiché sono realizzati principalmente da documentazione archeologica; tutto il potere, la storia e le narrazioni degli artefatti che ho smontato per creare questi pezzi riflettono ancora il loro potere rituale e queste disposizioni simili a indumenti hanno un’essenza sciamanica.

Il mantello è il “tuo” vestito ed è qualcosa che accompagna la storia del costume e dell’umanità fin dall’antichità.
Immagino che non sia stata una scelta casuale. Il mantello non solo è una metafora e uno strumento di resistenza, ma lo intendo anche quale vero e proprio talismano. Molte popolazioni nell’antichità intendevano questo capo come talismano contro il male, che protegge e assicura durante le transizioni. Nell’Iliade, la rimozione del mantello che Atena tessé per trasformarsi in una dea guerriera simboleggia un’azione di genere e l’attraversamento di confini accessibili a una divinità. Il cambio di indumento segnala il cambiamento nell’identità esecutiva della dea e nel suo ruolo nella trama dell’epopea.

Nonostante la denuncia di cui si fanno portatrici, le tue opere hanno un forte impatto estetico. Ci racconti il nesso tra bellezza e impegno sociale della tua arte?
Attraverso l’azione sui e con i libri, mi impegno a recuperare rituali ancestrali legati a luoghi che potrei definire sacri e ricerco così la memoria originale. Porto questi rituali ritrovati nella mia esplorazione personale, dove il lavoro si presenta come un bricolage sincretico, come un tentativo di conciliare diverse dottrine, un processo di transculturazione che unisce il sacro al secolare. Cerco così di trasformare un crollo in un’opera. Questa è la sfida: vedere nella rovina l’unica rinascita possibile, una nuova conoscenza.

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