Il caso AlmasriMeloni, i giudici e la repubblica dei complottismi a orologeria

L’idea che presidenti del Consiglio e ministri siano al di sopra della legge è solo l’altra faccia del populismo giustizialista, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

Roberto Monaldo / LaPresse

Giorgia Meloni ha comunicato ieri al paese, con un video, di avere ricevuto un avviso di garanzia per il caso Almasri, assieme ai ministri della Giustizia e dell’Interno, e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, da parte del procuratore Francesco Lo Voi («lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona», ha subito aggiunto) a seguito di una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, qualificato come «ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi».

Non perderò molte preziose righe per precisare le numerose inesattezze della sua comunicazione, come il fatto che non abbia ricevuto un avviso di garanzia ma una semplice «comunicazione di iscrizione», che Li Gotti abbia militato nel Movimento sociale e in Alleanza nazionale (prima di approdare, coerentemente con la sua storia, all’Italia dei valori di Antonio Di Pietro), o il fatto che lo stesso Lo Voi, come ricorda Giovanni Bianconi sul Corriere della sera, sia stato rappresentante al Csm di Magistratura indipendente, la corrente più a destra (che peraltro ha appena vinto le votazioni per il rinnovo del direttivo dell’Associazione nazionale magistrati).

Al solito, come scrive Amedeo La Mattina su Linkiesta, Meloni si rifugia nelle teorie del complotto, denunciando una manovra a tenaglia, prima della Corte penale internazionale e poi della magistratura italiana, come non fossero mai stati colpiti anche presidenti del Consiglio e ministri dei governi di centrosinistra. Con inchieste, aggiungo io, rivelatesi spesso assai meno fondate di quelle che hanno toccato i governi di centrodestra (da «Why not» a «Tempa Rossa»). E poi, può anche darsi che Tangentopoli – come scrive Guia Soncini citando un’anonima battutista – sia nata «perché le mogli dei pubblici ministeri dicevano ai mariti: vanno tutti in televisione tranne te». Ma chi l’ha mai visto in televisione Lo Voi?

Appena due giorni fa avevo scritto qui che «il caso Almasri è senza dubbio il più grave scandalo che abbia segnato l’attività di questo governo» e che «se ci fossero stati ancora dei dubbi, la linea difensiva ribadita sabato da Giorgia Meloni li avrebbe definitivamente fugati». Non pensavo però che il caso politico si sarebbe trasformato in caso giudiziario, e non sono affatto sicuro che una simile svolta non finirà per favorire proprio la presidente del Consiglio. Detto questo, proprio come a suo tempo per il caso Salvini, trovo assai inquietante che nel dibattito pubblico i cosiddetti garantisti sostengano di fatto la tesi secondo cui qualunque atto compiuto da un presidente del Consiglio o da un ministro sarebbe di per sé legittimo e insindacabile, ponendoli in pratica al di sopra delle leggi e della Costituzione. Una ben strana concezione della divisione dei poteri, da cui risulterebbe che l’unico vero stato di diritto sia forse la Cina di Xi Jinping.

Ma una simile concezione del primato della politica, che è evidentemente il contrario del garantismo e della democrazia costituzionale, è probabilmente l’altra faccia del populismo giustizialista, e del trentennale strapotere dei pm, con il loro improprio protagonismo sui mezzi di comunicazione. La verità è che siamo la repubblica dei complottismi a orologeria, dove il primato del populismo prevale su ogni altra norma, costume o consuetudine. Un circolo vizioso in cui si finisce sempre per perdere di vista le vere responsabilità della politica, che riguardano in questo caso tanto l’attuale governo, per la gestione del caso Almasri, quanto i precedenti governi di centrosinistra, per quanto riguarda i rapporti con la Libia, la sua cosiddetta guardia costiera e i suoi centri di detenzione.

Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.

X