Sui giornaliLa destra ha bisogno del nemico anche nel momento del trionfo

Una furbizia tattica legata forse anche alla consapevolezza di quali siano i sentimenti di una parte almeno del proprio elettorato, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

Lapresse

Oggi è il giorno dell’esultanza per la liberazione di Cecilia Sala, e tutti i giornali, le tv, i siti internet vi prendono giustamente parte, ciascuno a suo modo. Si va dall’incipit mistico di Antonio Polito sul Corriere della sera («Anche chi non crede nei miracoli deve ammettere che il governo di Giorgia Meloni, la nostra diplomazia e i nostri apparati di sicurezza ne hanno appena compiuto uno…») alla vera e propria estasi politico-religiosa della prima pagina del Riformista (una grande emme composta delle foto di Giorgia Meloni in vari incontri internazionali che sormonta le parole: «La figlia del secolo. Cecilia Sala torna in Italia dopo il blitz da Trump, ennesimo successo internazionale di Meloni»). Per il resto, i giornali di sinistra presentano tutti titoli ugualmente esultanti, i giornali di destra offrono tutti una qualche variazione sul tema «La vittoria di Meloni e la sinistra rosica» (il Tempo), «Trionfo della Meloni, sinistra sotto un treno» (Libero), «Riportata a casa, rimessi a cuccia», con foto di Sala da un lato e dei leader della sinistra dall’altro (La Verità).

Si tratta di una reazione piuttosto curiosa, considerato il coro di giubilo e il profluvio di riconoscimenti alla presidente del Consiglio di cui traboccano i giornali di sinistra (come tutti gli altri). Una reazione curiosa ma anche ricorrente, ormai da qualche tempo, di cui si possono dare diverse spiegazioni.

La prima è una sorta di subalternità psicologica, nascosta dietro l’accanimento, dietro questo irrefrenabile desiderio di maramaldeggiare sull’avversario, tanto più incomprensibile nel momento del più completo trionfo, quando è lo stesso avversario ad applaudirti (altra questione, di cui si occupa Mario Lavia, è quanto poi questo trionfo sia davvero completo, senza ombre e senza conseguenze). La seconda è forse una specie di furbizia tattica, legata alla consapevolezza di come almeno una parte del proprio elettorato, in questo come in tanti altri casi in cui Meloni è stata lodata per capacità e responsabilità dimostrate, soprattutto in politica internazionale, sia in realtà su posizioni ben diverse. Additargli «la sinistra che rosica» e infierire su avversari plaudenti sarebbe dunque il modo più efficace di indorargli la pillola, allontanando il sospetto di un tradimento che proprio quel coro di elogi, invece, rischia di alimentare.

Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.

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