Mancano poche settimane al terzo e tragico anniversario dell’invasione russa in Ucraina, il 24 febbraio del 2025. Tra i profughi che hanno trovato rifugio in Italia si stanno diffondendo incertezza e timore, perché la protezione temporanea rinnovata alla fine del 2024 è bloccata da uno stallo burocratico. Il decreto legge 202 del 27 dicembre 2024 ha disposto che i permessi di soggiorno in scadenza il 31 dicembre 2024 rilasciati ai beneficiari di protezione temporanea possono essere rinnovati fino al 4 marzo 2026, in attuazione della decisione di esecuzione (Ue) 2024/1836 del Consiglio del 25 giugno 2024, ma solo su previa richiesta e le indicazioni attuative ancora non ci sono. Perciò c’è chi non ha potuto firmare contratti di lavoro, chi non riesce ad accedere alle cure sanitarie e chi, per diverse emergenze, non è potuto tornare in Ucraina e nemmeno spostarsi in altri Paesi europei.
In questo limbo crescono i disagi della comunità ucraina arrivata in Italia nella speranza di restare per poco tempo, ma è ancora senza prospettive di poter tornare a vivere nella loro nazione liberata dall’aggressione russa. L’idea di non rinnovare automaticamente lo status di protezione temporanea – una corsia privilegiata concessa alle famiglie scappate dalle bombe e dai missili russi – è un ostacolo politico oppure si tratta solo di un ennesimo vulnus che si è venuto a creare nelle maglie caotiche delle politiche migratorie?
Le questure rassicurano, le file agli sportelli per chiedere il rinnovo dei permessi di soggiorno aumentano e le risposte non arrivano perché solo chi ha ottenuto un appuntamento e una ricevuta della pratica può cercare di farla valere nelle attività quotidiane. In teoria. In pratica lo stallo sta creando un caotico flusso di informazioni «stoppando progetti temporanei dei rifugiati temporanei».
E creando difficoltà a chi deve trovare un lavoro, firmare un contratto, assistere familiari malati, o ha figli a scuola, perché privo o priva di un permesso valido. Sono state numerose le chiamate al call center Emergenza Ucraina nella sede della Protezione Civile di Torino dove la Regione Piemonte ha inviato alle Asl una circolare con l’avviso di prorogare le garanzie di carattere sanitario. Circolare che però, per sistemi digitali che non comunicano, non può arrivare ai medici di base.
Come ha osservato Maryna Velykholova, di Red Nova Onlus: «Mi ha chiamato una signora colpita da un virus. Doveva rivolgersi al suo medico di base ma non può avere le ricette… io le ho consigliato di andare al pronto soccorso, ma così si aggrava ancor di più la situazione negli ospedali». Il sito web dell’ufficio immigrazione della Questura di Milano fornisce chiarimenti e suggerimenti, spiegando che si ricevono i cittadini ucraini che abbiano necessità di richiedere o rinnovare il permesso di soggiorno per protezione temporanea presso i propri uffici di via Montebello 26 o in alternativa all’Hub for Community di viale Monza n. 79, eppure la disponibilità non risolve il problema: si possono ricevere le istanze di richiesta del permesso di soggiorno per protezione temporanea ma non è possibile emettere il relativo permesso di soggiorno elettronico.
La Questura milanese rimanda a un vademecum e assicura che la consegna di apposita ricevuta consente l’accesso al lavoro, all’assistenza sanitaria e all’iscrizione scolastica ma poi bisogna spiegarlo a scuole, ospedali, datori di lavoro. Zoia Stankovska, giurista e consulente legale, vive in Italia da diversi anni e spiega a Linkiesta che un suo cliente non ha potuto firmare un contratto di lavoro quindi l’allarme sta crescendo. «Anche se chi non aveva tramutato il rifugio temporaneo in permesso di soggiorno per lavoro, aveva in ogni caso un documento scaduto nel 2023 e doveva sempre mostrare la legge del rinnovo dell’anno precedente», osserva.
Così al dolore della guerra, lo strazio per amici e parenti persi sotto i missili, l’angoscia per i vivi, si è aggiunta l’ulteriore precarietà dell’attesa di un documento di protezione temporanea rinnovata. Può sembrare relativo rispetto alle condizioni degli ucraini al fronte a difendere la sovranità della nazione o nelle città sempre in allarme, ma la vita deve poter scorrere anche per i rifugiati.
Ora bisogna capire se è un problema tecnico, dovuto alla cieca burocrazia, alla decisione di far pagare le spese vive di circa quarantadue euro per ogni permesso, oppure a una volontà politica del governo di creare barriere.