Niente da festeggiareL’anno nero del lavoro per i giovani italiani

Il 2024 si chiude con 274mila posti in più rispetto al 2023. Ma gli under 35 perdono quasi 160mila occupati in un anno, mentre gli occupati over 50 sono ben 378mila in più. Un Paese che ha quasi duecento anziani ogni cento ragazzi non può permettersi di non curarsene

(Unsplash)

Il 2024 del mercato del lavoro si chiude in negativo per i giovani italiani. Secondo i dati Istat, a dicembre 2024 l’occupazione è rimasta più o o meno stabile, con soli quattromila occupati in meno in un mese. Ma gli under 35 in un anno hanno perso quasi 160mila posti di lavoro rispetto al 2023, mentre gli occupati over 50 sono ben trecentosettantottomila in più.

Questa è la fotografia di un Paese in pieno inverno demografico, con il mercato del lavoro che comincia a mostrare i contraccolpi di un’economia debole. Che ha chiuso l’anno con una flebile crescita del Pil dello 0,5 per cento.

Nella conferenza stampa di inizio anno, la premier Giorgia Meloni ha rivendicato la creazione di un milione di posti di lavoro da quando si è insediata, festeggiando per il tasso di disoccupazione ai minimi. Ma c’è poco da festeggiare.

L’anno si chiude con la soglia record di ventiquattro milioni e sessantacinquemila occupati, ovvero 274mila posti in più rispetto al 2023. Il tasso di occupazione, sceso al 62,3 per cento, è sì tra i più alti da quando esistono le serie storiche, ma resta tra i più bassi d’Europa.

I disoccupati, quelli in cerca di lavoro, in un anno sono diminuiti di 213mila unità, con il tasso di disoccupazione al 6,2 per cento. Ma anche questa non è una buona notizia. Perché non tutti hanno trovato un lavoro. Anzi: in dodici mesi si contano infatti 167mila inattivi in più. Ovvero gli scoraggiati che un lavoro non ce l’hanno e non lo cercano più. Esplosi nel 2024 tra i giovanissimi nella fascia 15-24 anni, con +225mila. Con il tasso di inattività totale che è salito al 33,5 per cento.

Il tasso di occupazione femminile, cresciuto al 53,4 per cento, continua a essere l’ultimo in classifica del vecchio continente. In un anno, il lavoro è cresciuto più o meno allo stesso modo per la componente maschile (+1 per cento) e femminile (+1,3 per cento). Mentre dicembre 2024, rispetto al mese precedente, i posti di lavoro aggiuntivi sono solo per gli uomini, con trentaseimila unità in più. Le donne invece hanno perso quarantamila posti di lavoro.

È proseguito per tutto il 2024 il trend di aumento dei contratti a tempo indeterminato, con una caduta a picco dei contratti a termine. In un anno tra i primi se ne contano 687mila in più, tra i secondi 402mila in meno. Un risultato frutto della maggiore presenza degli over 50 nel mercato, per effetto dell’invecchiamento della popolazione unito alla più lunga permanenza sul mercato per via dell’aumento dell’età pensionabile. Ma anche dell’uso dei contratti stabili da parte dei datori di lavoro per attirare e trattenere personale ormai carente. I dipendenti permanenti salgono a 16 milioni 422mila, quelli a termine scendono a 2 milioni 554mila. Gli autonomi arrivano a cinque milioni e novantamila.

I giovani, però, restano il grande lato debole del mercato, perdendo l’effetto trainante di rimbalzo dell’economia che avevano avuto dopo la pandemia. Tra dicembre 2023 e dicembre 2024, il tasso di occupazione è diminuito del 2,1 per cento tra 15 e 24 anni, dell’1,2 per cento tra 25 e 34 anni. Mentre è aumentato dello 0,9 per cento nella fascia 35-49 anni e dell’1,6 per cento tra gli over 50.

La fascia giovanile continua ad arrancare ormai da un anno, e non solo a causa delle dinamiche demografiche. Anche al netto della componente demografica, infatti, cioè senza contare il fatto che i giovani sono sempre di meno nella forza lavoro, l’unica fascia d’età che perde posizioni è proprio quella degli under 35, che perdono il 3,6 per cento di occupati. Allo stesso tempo, i disoccupati diminuiscono del 5,9 per cento, mentre gli inattivi aumentano del 4,2 per cento di inattivi. Significa che molti giovani cercano un lavoro, non lo trovano e smettono di cercarlo.

E un Paese che conta quasi duecento anziani ogni cento giovani, non può permettersi di non curarsene.

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