Altro che «abbiamo una Banca». I “patrioti” che un tempo disprezzavano il denaro e le banche si sono ripuliti e ora bramano i forzieri dell’economia italiana e l’Economist si chiede: «Giorgia Meloni ha grandi ambizioni bancarie, il primo ministro nazionalista italiano riuscirà a concentrare il potere finanziario?». Non si vede grande polemica politica da parte delle opposizioni, eppure la questione è molto seria: dietro questa specie di “patriottismo finanziario” c’è il tentativo della destra nazionalista meloniana di piazzarsi alla grande nel sistema bancario e assicurativo creando innanzitutto un terzo polo contro Intesa e Unicredit.
Proprio i meloniani che per decenni hanno urlato da populisti di destra contro le banche, ora escogitano piani non proprio chiarissimi per muovere all’assalto del sistema. L’autorevole “Lex” del Financial Times ha scritto che mentre l’operazione Unicredit-Bpm, ostacolata dal governo, ha senso, l’operazione Mps-Mediobanca, sponsorizzata dallo stesso governo, non ne ha. In un momento storico come questo dove tutto ma proprio tutto entra in discussione – la nuova America contro la vecchia Europa – da noi si assiste a questo risiko bancario un po’ da anni Ottanta, con il governo che punta a prendersi prima Mediobanca e poi Generali.
Per ora, nel silenzio delle autorità istituzionali, il mercato non sembra avallare l’offerta pubblica di scambio di azioni tra Monte dei Paschi e Mediobanca con il controllo di Generali sullo sfondo. Probabilmente il governo andrà avanti con questa che è la più grande operazione ostile di intervento statale della storia recente, con il fine di consegnare la gestione di Generali, e dei seicentocinquanta miliardi di euro di risparmio gestito degli italiani, a due businessman, Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, che guida la holding Delfin. Siamo dunque di fronte a un’iniziativa clamorosa che intreccia politica e banche, anzi, governo e banche. Secondo il Financial Times, l’Italia con questa operazione dalla logica incerta «sta perdendo l’occasione di semplificare nel momento in cui ce ne sarebbe gran bisogno e possibilità».
Da un punto di vista politico il duo Giorgetti-Meloni non appare seriamente ostacolato da nessuno. C’è da chiedersi dove siano i liberali di Forza Italia. Il Partito democratico per ora chiede chiarimenti, non un granché. Antonio Misiani, responsabile economico, paventa il rischio di «un risiko dettato da logiche opache di potere e con un ruolo sempre più invasivo della politica. Il fatto che il Mef sia il primo azionista di Mps, rende necessaria da parte del governo la massima trasparenza di fronte al Paese».
Più chiaro Benedetto Della Vedova, di PiùEuropa: «Il governo deve stare mille chilometri lontano dalle banche. Prima Giorgetti è intervenuto contro Unicredit, ora usa Mps, risanata con i soldi dei contribuenti, per scalare Generali. Ma è il mercato l’unico attore di queste vicende. Il governo deve starne fuori».
Invece che degli alambicchi elettorali di Dario Franceschini, il centrosinistra dovrebbe discutere e intervenire su una partita che riporta le lancette all’epoca delle fusioni delle banche romane sotto Giulio Andreotti ma moltiplicato per mille. Con il governo di destra che pare chiedere «oro alla Patria» ma in realtà sta allungando le mani sul risparmio italiano.