Secondo un detto turco “ogni uomo nasce soldato”, Già, ma che fare quando lo stesso uomo nasce anche omosessuale e magari non vuole fare il soldato? Gli si chiede di portare le prove dei suoi gusti sessuali. Prove esplicite, che non lascino dubbi, con tutti i dettagli in vista. Così, secondo varie denunce, negli archivi delle forze armate della Turchia si troverebbe una vasta collezione di foto di rapporti sessuali completi fra uomini. Nel 2010 il settimanale tedesco Der Spiegel, in un articolo intitolato “Porno per il generale”, scrisse che le forze armate turche posseggono “il più grande archivio pornografico del mondo”.
La notizia fu smentita con sdegno dalle autorità turche, ma sul tema è tornata l’anno scorso anche la Bbc che ha definito “humiliating ordeal” (un umiliante travaglio) la trafila alla quale devono sottoporsi coloro che intendono non svolgere il servizio militare (che in Turchia è obbligatorio e dura fra i 12 e i 15 mesi) a causa della loro omosessualità. Al tema il World Service della Bbc nel 2012 ha dedicato anche un audiodocumentario intitolato The Pink Certificate.
La scena dei gay che portano le foto al distretto militare e le consegnano imbarazzati alla commissione medica che siede di fronte a loro è fra le più forti del bel film Zenne Dancer, girato dal regista turco Caner Alper insieme a Mehmet Binay. Il film, uscito nel 2012, premiato in vari festival. si ispira alla storia vera di Ahmet Yildiz, un giovane di 26 anni che nel 2008 fu ucciso dal padre, incapace di accettare un figlio omosessuale.
Il film ruota attorno alle vicende di tre personaggi: il fotoreporter tedesco Daniel, il ballerino di danza del ventre Can (che si esibisce truccato e con bellissimi abiti femminili), il giovane Ahmet, oppresso da una famiglia retrograda. In Italia Zenne Dancer è stato visto solo il alcuni festival a tematica gay e forse sarebbe il caso di farlo uscire in qualche sala, soprattutto in questi giorni nei quali la Turchia è tornata di attualità, con i militari in azione a Piazza Taksim, a Istanbul, è in altre città della Turchia.
Non è un film a lieto fine, purtroppo. Forse c’è qualche lungaggine. Ma è un film che al tempo stesso diverte, commuove, indigna. Le scene di danza, poi, sono bellissime. E da applauso è anche la sobria ma intensa colonna sonora composta dal musicista italiano Paolo Potì.