Si può proseguire lungo l’A22, e dopo Bolzano raggiungere il Brennero, Innsbruck e l’Austria. O, voltando a sinistra, la Svizzera e il Lichtenstein. Con Bolzano, però, secondo la cartina, si resta ancora in Italia. Il confine segue le creste delle montagne, che a loro volta circondano la città, al fondo della valle. E da qui Bolzano espone le sue vie ordinate, le case pastellate e le ampie finestre. La città più italiana dell’Alto Adige (il 70% sono italofoni, e il 30% germanofoni) che sembra sempre più Austria. Ma forse non è nessuna delle due cose. Alto Adige, ma non (assolutamente) Trentino. Qui la Provincia fa le veci dello Stato, anzi diventa Stato. Qui dominano le politiche locali, una tassazione diversa, e abitudini proprie. E per le strade, se si vuole far la spesa, si incontrano solo negozi Despar, o poco altro.
Non è peregrino, per capire qualcosa dell’Alto Adige, passare attraverso i supermercati. I Despar, nella zona di Bolzano e nella provincia, ad esempio, crescono e aumentano. Se ne trovano ovunque, ne sorgerà uno presto in via del Museo, dove è custodito Ötzi, l’uomo del Similaun, proprio di fronte. Ma il marchio si vede anche nei paesi della provincia, in alta montagna. C’è chi è contento, di questo. Ma anche chi spara senza pietà. Come Riccardo Dello Sbarba, assessore provinciale dei Verdi, che non ha mezzi termini: «Cerchiamo di capirci: questo è un cartello». I Verdi sono partito di minoranza, in una zona dove a dominare sono da tempo i rappresentanti del Svp (Süd Tiroler Volkspartei). Un cartello, secondo Dello Sbarba, in un regime di duopolio. Perché non c’è solo Despar: «Insieme, c’è anche il gruppo Poli», aggiunge Alberto Stenico. Lui è ex presidente della Lega delle Cooperative di Bolzano. Naturale allora che, nei confronti dei due competitor, abbia il dente avvelenato. Le Coop, che pure hanno un grande rilievo in Trentino, non sono mai riuscite a sfondare in Alto Adige.
Sono affermazioni che vanno soppesate. La Despar, società che fa capo al gruppo Spar, catena di commercianti al dettaglio olandese, in Italia è dell’Aspiag (Austria Spar International Ag), partner austriaco con sede legale in Svizzera. La sede legale italiana è a Bolzano, e anche il 40% dei punti vendita è concentrato nella zona altoatesina, che sono, stando alla lista pubblicata sul sito, 157. A Bolzano, al momento, sono solo 19. Crescono e aumentano, come si diceva, perché la società continua a investire. A fine luglio, poi, sono stati ristrutturati due punti vendita, uno in via Cesare Battisti e l’altro in via Libertà.
L’operazione ha allarmato la diretta concorrente, cioè il gruppo Poli, che in Alto Adige gestisce i suoi supermercati attraverso la Billig Spa. Hanno risposto subito, ristrutturando il centro Regina a Bolzano e il suo supermercato Poli in via Libertà, per non farsi superare. La rivalità tra i due, nella zona, va avanti da tempo. E lo si vede bene, se si pensa che il gruppo Poli è una creazione degli anni settanta, che nasce nella zona di Trento e che pochi anni dopo raggiunge il Sudtirolo, aprendo a Egna, in provincia di Bolzano il suo primo punto vendita.
Erano gli anni ’80, ma da lì non si sono più fermati, fino a diventare i concorrenti (gli unici) di Despar. Insieme hanno sbaragliato gli altri protagonisti, come la Omniscom, della famiglia Tosolini: la società che gestiva i marchi Famila e A&O, nel 2008 è stata ceduta proprio a Despar e a Poli. Secondo Alberto Stenico, si si ha una situazione «di duopolio moderato». Temperato da altre presenze: un Conad a Bolzano (ma altri nella provincia), hard discount come Eurospin e LD, due punti vendita di Confcooperative Age. In più negozi locali, di portata locale che si occupano di prodotti regionali.
Ma l’anomalia diventa una forma, a sé, di autonomia? Alla base di tutto, anche per Despar, c’è il forte legame con il territorio. Ad esempio, il caso dei punti vendita. Secondo Stefano Perini, dell’Istituto di Ricerche Economiche della Camera di Commercio di Bolzano, «Despar gestisce una fitta rete di negozi fin nei paesini delle valli. Si fa carico della distribuzione in luoghi poco raggiungibili, si occupa dell’approvvigionamento delle periferie», e mantiene compatto il territorio. Un capitolo a parte, poi, sono le tasse. Come spiega Dello Sbarba, «la presenza della sede legale a Bolzano implica il pagamento delle tasse a Bolzano». E, di conseguenza, secondo le regole della regione autonoma, il 90% delle tasse pagate ritorna alle istituzioni.
Non si tratta di un privilegio, tengono a spiegare. La Provincia svolge, in Alto Adige, funzioni statali, come ad esempio il pagamento degli stipendi agli insegnanti. Di conseguenza, spiegano, necessita di più fondi. Come che sia, la Despar è uno dei contribuenti più forti. Nel podio (non olimpico) dei migliori fatturati del 2011 Aspiag risulta prima, superando le acciaierie Valbruna e al gruppo funiviario ed energetico Leitner. Insomma, il suo legame con il territorio passa anche di qui, cioè attraverso i soldi che, con la sede legale, arrivano alle istituzioni. Per Bolzano è una pratica antica, questa, di chiedere alle grandi industrie il trasferimento nel loro territorio, almeno dai tempi delle acciaierie Valbruna.
Infine c’è un terzo elemento, anche questo a suo modo unico. Despar, o meglio Aspiag, è austriaca. «L’elemento linguistico aiuta», sostiene Dello Sbarba «e unisce. In fondo, per loro, si tratta di una multinazionale casalinga». Non solo la presenza capillare, ma anche la comprensione linguistica. E nelle valli, dove l’elemento germanofono può toccare anche il 90%, è senz’altro vero. Da qui il forte senso di comunità, che distingue l’Alto Adige dall’Italia e che, lungo la storia, ha dato il via a spinte disgregative. L’ultima, del settimanale FF, che ha invitato il Sudtirolo a lasciare l’Italia in bancarotta.
«Non servirebbe: l’Alto Adige funziona bene perché è così», spiega Dello Sbarba. «Ha un legame con l’Italia che è finanziario, ma anche storico. In ogni caso, si distingue. Se fosse uno stato autonomo, non riuscirebbe a sostenere le spese. Se fosse un länd austriaco, non avrebbe tutti i vantaggi che ha ora». E allora «Tutte queste cose lo rendono già diverso dall’Italia. E così va bene», conclude. Una posizione condivisa, almeno a sentire Heini Grandi, presidente della Lega delle Cooperative di Bolzano: «L’autonomia c’è ed è importante, aiuta a stabilire un legame più forte con il consumatore, il cittadino, le istituzioni». Unisce, ricompatta, ma al tempo stesso ritaglia tutta una zona. E di andarsene con l’Austria non se ne parla. Fermi, nel territorio: quello che serve c’è già.
Insomma, Bolzano, secondo la cartina, è ancora Italia, ma forse non lo è già più. Dalla sua valle comincia una terra di mezzo,dove dominano le divisioni etniche, il bilinguismo, il forte legame con il territorio e le montagne, dove il confine sfuma tra le creste. In una parola, l’autonomia, che prima di essere politica ed economica, è nell’anima degli altoatesini. Ed entrando nei supermercati, i marchi forti (ma non di monopolio) sono due, che lottano metro su metro per la propria posizione, cercando, in tutti i modi, di non lasciarsi scalzare dal territorio. E allora vien da pensare altro, che Bolzano, a un passo dall’Austria, forse è ancora Italia.