Zoom per le aziende, Skype per gli amici, Houseparty per chi preferisce essere casual. Dall’inizio della quarantena aziende, scuole e famiglie hanno cominciato a esplorare il mondo delle app per video-conferenze, arrivando molto presto alla domanda: qual è la migliore? La risposta, che vale anche in questo caso, è “dipende”.
Se si è un gruppo abbastanza ampio, soprattutto con esigenze di lavoro, la soluzione migliore è Zoom. La app è duttile, funziona su tutti i sistemi operativi, ha uno streaming affidabile e fornisce degli strumenti molto utili: la lavagna, la possibilità di scambiare file, di registrare le conversazioni, di aprire una chat. C’è anche la breakout room, che consente di suddividere la conversazione in più gruppetti separati, per discutere questioni specifiche senza dover aprire per forza una nuova finestra. È utile anche l’opzione commute: vuol dire che per partecipare a un meeting non è necessario essere davanti a uno schermo. Con questa funzione, la app si riduce al pulsante “microfono acceso” e “microfono spento”.
Il difetto più grande? La durata: le chiamate con la versione basic, gratuita e aperta fino a 100 utenti, arrivano fino a 40 minuti (che non vale se si è solo in due). Il limite che può essere superato riproducendo la chiamata allo scadere (ma se i gruppi sono numerosi può diventare scomodo) oppure passando a Zoom Pro, dove con 15 dollari si ottiene una durata illimitata. Per le aziende con dimensioni maggiori si possono fare piani aziendali specifici. Al momento, quello più costoso è l’Enterprise Plus, che può arrivare a mille partecipanti in contemporanea.
Un altro problema di Zoom riguarda la privacy: fino a poco tempo fa (ma hanno promesso di riparare alla falla) la app inviava i dati a Facebook, anche degli utenti che non accedevano attraverso il social network.
Tra i rivali di Zoom, sempre in ambito aziendale, la soluzione numero due è Cisco Webex Meeting. Anche qui ci sono diversi piani tariffari: quello gratuito, da poco aggiornato, consente di incorporare fino a 100 partecipanti in una conferenza per una durata pressoché illimitata. Ha meno funzionalità: consente di condividere lo schermo, file e contenuti dal web. Non permette registrazioni, però (si hanno nel pacchetto Starter, a 12,85 dollari al mese a testa) utili se qualcuno è assente al meeting e deve recuperare quanto è stato detto in videoconferenza. La qualità dell’interfaccia, dal punto di vista estetico, è giudicata migliore di quella di Zoom.
Skype, applicazione tra le più celebri, nonostante permetta di avviare conversazioni con 50 partecipanti, è in realtà più indicata per i piccoli gruppi o, meglio ancora, per le coppie. Ha un servizio basic che funziona sia su laptop che smartphone, a cui aggiunge chiamate senza video (per non appesantire), chat con cui condividere testi e vocali, la possibilità di aggiungere sottotitoli (in tempo reale!), un traduttore automatico ai testi in 60 lingue e al vocale in 10. E la condivisione sullo schermo. Come è noto, si possono fare a un costo molto contenuto anche chiamate a linee telefoniche fisse e mobili. La sua popolarità (anche in tempi non sospetti, cioè prima della pandemia) fa sì che sia una delle app più utilizzate: si fanno lezioni di scuola, consulenze, incontri istituzionali (molti sindaci la usano, ad esempio), discussioni di laurea e perfino terapie psicologiche.
Esiste anche una versione per le aziende, integrata in Office, che offre la possibilità di collegare 250 persone in contemporanea con un livello di sicurezza più alto. Tra le chicche, c’è la “sfocatura dello sfondo”, per chi deve fare una chiamata da una casa disordinata.
Ma non solo: Microsoft (che possiede Skype) offre anche il servizio Microsoft Teams, piattaforma per chiamate e videochiamate che consente, inoltre, di scambiare video, messaggi, file. Funziona su tutti i dispositivi ed è indicata per le lezioni scolastiche e le conferenze. Ha delle proporzioni molto grandi: ciascun utente può essere membro di un massimo di 1000 team, e ciascun team può ospitare fino a 5mila utenti. Ma attenzione: a una riunione possono partecipare in 250 (max) e per gli eventi live, possono assistere fino a 10mila partecipanti.
Un altro gigante delle videoconferenze è (e poteva mancare?) Google. Sulla sua tavolozza di videochiamate propone ben tre prodotti diversi. Il primo è Duo, un piccolo servizio con un limite ristretto (massimo 12 persone), ma dalla sua ha una definizione molto alta e una crittografia end-to-end automatica. Tra i suoi pro si conta anche il servizio “toc toc”, cioè l’anteprima dal vivo di chi chiama e il fatto che si basa sul numero di telefono: passa dal Wi-Fi alla linea in automatico se viene meno la connessione.
Il secondo è Hangouts Chat, presente in tutte le caselle Gmail (cioè quasi in tutte le caselle mail del mondo) e nel Google Calendar. Si può creare una conferenza e invitare partecipanti che non usano un account Gmail, va sia su mobile che desktop, ma alcune funzioni (chat mentre si videochiama, schermo condiviso) sono limitate solo ai pc.
E il terzo Google Hangouts Meet Enterprise o Enterprise for Education, modificato in corsa per andare incontro alle necessità degli insegnanti. Un punto fondamentale è avere reso accessibile una feature fondamentale della versione premium: il potere di gestione della videoconferenza, adesso demandata al professore (in seguito a notizie di lezioni finite nell’anarchia) e non più suddiviso alla pari tra i partecipanti. Solo l’insegnante, che deve coincidere con l’utente che crea il meeting o possiede l’evento su Calendar, potrà adoperare la funzione “mute” o “remove” sugli utenti. Tra le altre funzioni del pacchetto Google Meet rese accessibili in via temporanea alle scuole c’è anche la possibilità di fare riunioni allargate fino a 250 persone, il live streaming per 100mila partecipanti e la registrazione su Google Drive.
Notevole è il caso di Houseparty: app figlia degli stessi creatori di Merkaat, che si era (quasi) imposta nel 2015, in pieno boom di videochat, Houseparty non vuole entrare nel settore delle comunicazioni aziendali ma punta al tempo libero. Attiva sia su smartphone che su computer, punta sulla semplicità dell’utilizzo e su un approccio easy-going alle chiacchierate. Pensata per videochiamate con un massimo di 10 utenti (che compongono una room), ha un punto di forza nel fatto che ci si possa aggiungere senza permesso alle conversazioni degli amici (si sa che un amico entra in Houseparty perché arriva una notifica a tutti i suoi contatti). Ognuno può passare da una room all’altra con un semplice swipe, gesto ormai diventato di uso comune grazie a – o per colpa di – Tinder, e aggiungersi a nuove conversazioni con gli amici. Il tutto integrato da chat e sessioni di gaming che si possono condividere.
Esempio di versatilità è poi la piattaforma Blue Jeans, nata nel 2009 ma che si è fatta conoscere, anche nelle scuole, per i suoi indubbi pregi. Oltre alla notevole qualità video e audio (collabora con Dolby Voice, per capirsi), è adattabile, veloce, si affida al cloud, non richiede download. Cosa non da poco, offre un sistema di Real Time Intelligence con cui si può selezionare in tempo reale i punti più importanti della discussione, aggiungere una trascrizione e assegnare compiti e incarichi (Blue Jeans Meeting livello standard: solo 10 dollari al mese e 50 utenti). Con l’opzione Blue Jeans Events si possono organizzare videoconferenze (prezzo: 499 dollari per ogni volta) per un massimo di 1.000 partecipanti, di cui 100 possono anche interagire, cui si aggiunge un report finale sui dati dell’incontro. Infine, con una trattativa – è la versione per i grandi eventi – si possono raggiungere ben 15mila partecipanti in una conferenza immersiva (la qualità, si diceva) con tanto di Q&A, possibilità di fare sondaggi e un consumo ottimizzato di banda.
Infine, c’è il calderone di tutte le app di messaggistica, che integrano anche un servizio di videoconferenza. Whatsapp, comodo perché diffuso a livello globale, è una scelta per videochiamate limitate a gruppi ristretti (massimo quattro persone) e solo su smartphone. Veloce, ottimo per chi non abbia esigenze di qualità nella definizione, e punti a conversazioni non troppo impegnative. Per chi è del mondo Apple, forse è più consigliabile la variante di FaceTime, che consente di fare videoconferenze con 32 partecipanti (ma appunto, tutti Apple) e ha immagini migliori.
Ci sono anche quelli di Messenger e Instagram (entrambi di Facebook). Con il primo si possono raggiungere fino a sei utenti (ma altri 44 possono ascoltare e intervenire, ma senza video), mentre con il secondo il numero di partecipanti scende a quattro, e le chiamate si fanno solo con lo smartphone. È sempre meglio che Telegram, che nonostante abbia il vantaggio della protezione dati, non prevede questo servizio. WeChat, sì: ed è una delle più usate in oriente, insieme a BizConf, che somiglia tantissimo, sia per funzioni che per estetica a Zoom (alcuni sospettano una collaborazione). Quest’ultima, in concomitanza con l’epidemia in Cina, ha conosciuto un’espansione improvvisa e stupefacente, diventata subito mainstream e surclassando i rivali come Ding Ding (di Alibaba) e Tencent Meeting.