Perché non utilizzare le app già diffuse e utilizzate per tracciare il coronavirus? La proposta arriva mentre l’Italia aspetta la sua soluzione digitale necessaria nella fase 2 per monitorare la diffusione del Covid-19 e contenere il rischio di nuovi contagi. Ad avanzarla è Gabriele Benedetto, amministratore delegato di Telepass che fa parte del gruppo di esperti in innovazione digitale che collaborano con il ministro dell’Innovazione, Paola Pisano. Questa settimana dovrebbe arrivare la decisione del governo sulla short list presentata dal ministero dopo la call “Innova per l’Italia” lanciata nell’ultima settimana di marzo per individuare «tecnologie e strumenti per il monitoraggio, la localizzazione e la gestione dell’emergenza; tecnologie innovative per la prevenzione e il controllo della diffusione del Covid-19 nelle sue diverse forme». L’appello è stato ben accolto dalla comunità dell’innovazione: la commissione di esperti istituita dal Ministro si è trovata di fronte a oltre trecento proposte, provenienti anche dall’estero.
Scegliere non sarà facile. Il Governo dovrà decidere sul tema per molti aspetti delicato: il lancio di un’app che dovrebbe raccogliere informazioni sul nostro stato di salute e sui nostri movimenti per evitare contatti che potrebbero facilitare la diffusione del virus, «nel rispetto della normativa vigente», come ricorda la call “Innova per l’Italia”.
Molti Paesi del resto hanno già fatto questa scelta, condizionante per permettere una progressiva riapertura di uffici, scuole, esercizi commerciali. In Italia, nell’ormai abituale “dialettica” tra governo centrale ed enti locali, è già partita la Regione Lombardia con AllertaLOM, l’app della Protezione civile che aveva 50mila utenti (secondo il sito della Regione) ed è stata scaricata da 500mila persone (secondo il Corriere della Sera) su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti: con un aggiornamento è stata introdotta una sezione coronavirus con un questionario che permette di raccogliere, in forma anonima, dati sullo stato di salute dei cittadini.
Un modello simile a quello proposto da Gabriele Benedetto che ragionando a partire dai dati di cui Telepass dispone, grazie a un consolidato rapporto di fiducia con i suoi utenti, ha avanzato la proposta al Governo di predisporre un Software Development Kit da inserire nelle app già esistenti e già scaricate dai cittadini. La SDK è una stringa di codice da introdurre nelle diverse app attraverso un aggiornamento: «Se l’amministrazione statale la predisponesse e favorisse l’aggiornamento, potrebbe essere più semplice ricevere i dati raccolti direttamente e tramite la tecnologia Bluetooth, senza ricorrere all’utilizzo del Gps».
«L’obiettivo non può essere – prosegue l’amministratore delegato di Telepass – quello di tracciare le persone, ma quello di collegare il device di una persona infetta con quello di altre persone con cui possa essere venuta in contatto». Tramite lo Sdk, potrebbero già essere utilizzate a questo fine le app lanciate dalle diverse aziende che operano nel settore, fungendo da veicolo per creare una connessione diretta tra pubblica amministrazione e cittadini, senza conservare i dati resi disponibili. Il vantaggio sarebbe in termini di tempi e costi, potendo partire subito e senza investire somme maggiori che deriverebbero dallo sviluppo di un’app ad hoc, il tutto grazie ad applicazioni già testate e con una copertura efficace al livello nazionale.
In Cina qualcosa di simile è stata fatta con WeChat, il Whatsapp locale di Tencent che ha oltre 1 miliardo di utenti attivi ogni mese. Con un’aggiornamento dell’app di messaggistica, anche strumento di pagamento, è stato inserito il tracciamento anticoronavirus. Una soluzione che ha permesso velocemente di raggiungere una quantità di persone simile alla popolazione italiana (Hubei, la provincia di cui Wuhan è capital, ha quasi 60milioni di abitanti)
La proposta di Gabriele Benedetto permette di raggiungere la finalità di avere un’adozione massiva, qualunque sia l’app scelta. Secondo i ricercatori dell’Università di Oxford sotto il 60%, infatti, i dati raccolti sono poco significativi. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto facilmente se altre aziende condividessero l’idea e venissero coinvolte nell’operazione, dalle grandi banche, che hanno ormai milioni di clienti che gestiscono conti e pagamenti attraverso lo smartphone o società come Poste o Ferrovie. Tutte le grandi aziende che gestiscono app con milioni di utenti potrebbero mettere quindi a disposizione del Governo la tecnologia per raggiungere la popolazione con l’obiettivo di gestire i contagi, tutelando i cittadini. Con una grande attenzione al tema della Privacy
«Io immagino che con l’aggiornamento di milioni di app di uso quotidiano compaia un pop up per parlare direttamente con il Governo, ma ritengo fondamentale che questo tipo di iniziativa debba lasciare all’utente l’opzione di scegliere se comunicare le informazioni in forma totalmente anonima e quindi per finalità statistiche oppure fornendo informazioni anagrafiche. Nell’ipotesi, a ogni modo, le aziende che dovessero rendere disponibili le proprie applicazioni non dovrebbero naturalmente mai archiviare i dati bluetooth raccolti temporaneamente con il solo scopo di veicolarli per le finalità dello Stato. Il tutto sotto la supervisione attiva del Garante della Privacy». Ovviamente più fossero le aziende coinvolte e più aumenterebbe la possibilità di creare mappe di contatti fra device in grado di ricostruire i contatti una volta accertato un caso di contagio.