Il 9 maggio a Dubrovnik, avrebbe dovuto essere lanciata la Conferenza sul futuro dell’Europa. Una data simbolica per festeggiare i 70 anni dalla dichiarazione di Robert Schuman che diede inizio all’integrazione europea. Ma poi è arrivata la pandemia che ha costretto la presidente della Commissione europea a rimandare l’ambizioso progetto.
Ma i veti incrociati tra Nord e Sud Europa, la difficile trattativa sugli strumenti per salvare l’Eurozona e la deriva illiberale di Ungheria e Polonia mostrano che i problemi dell’Unione sono ancora lì, in attesa di essere risolti. Per questo motivo una serie di organizzazioni della società civile a livello continentale hanno deciso di lanciare un evento per il 9 maggio: Citizens Take over Europe.
Sarà una conferenza internazionale “dal basso” per parlare del futuro di un’Europa che sembra essersi ormai persa tra gli interessi di parte e i capricci nazionali. Un festival online, in cui istituzioni artistiche e culturali, personalità da tutto il continente e comuni cittadini si riuniranno per discutere dei problemi attuali, sviluppare possibili soluzioni a tutti i livelli, e lanciare un messaggio di speranza e cooperazione attraverso performance artistiche, dibattiti politici, letture e podcast.
Il festival è promosso da un gran numero di organizzazioni europee, tra cui Alliance4Europe, Another Europe is Possible, European Alternatives, EUmans, WeMove Europe e molte altre (l’elenco completo è disponibile qui). Ospiterà molte personalità di calibro internazionale, dal drammaturgo Milo Rau (regista del film Il Nuovo Vangelo, girato a Matera) ad economisti come Adam Tooze, fino a personalità storiche dell’europeismo come Timothy Garton Ash.
Lo scopo è quello di stimolare il pensiero e risvegliare una coscienza europeista, ormai mortificata dai governi nazionali, dando una possibilità concreta ai cittadini di partecipare alla scrittura del destino comunitario, in maniera più determinata rispetto a quanto programmato dalla conferenza originale.
«La giornata dell’Europa rischiava di essere una barzelletta in un momento in cui l’Unione europea sembra perdere ogni legittimità rimasta e disintegrarsi sempre più», spiega ad Europea Lorenzo Marsili, co-fondatore di European Alternatives, tra gli organizzatori del festival.
«La conferenza sul futuro dell’Europa era stata ritagliata come un classico esercizio top-down, gestito dai governi nazionali, con pochissima o nessuna reale partecipazione democratica della cittadinanza. Così abbiamo pensato di iniziare una struttura assembleare per fare un lavoro di pensiero e persuasione politica più ambizioso di quello che avrebbe fatto la conferenza vera e propria».
Nel momento in cui l’Unione europea sta trascorrendo la fase più difficile dalla sua fondazione – «è in atto un processo di sfilacciamento, di venir meno di legami sociali e politici», dice Marsili – è fondamentale lavorare per stimolare la coscienza dei cittadini nella direzione di un cambiamento.
«La sentenza della corte costituzionale tedesca, che mette in dubbio il primato del diritto europeo sul diritto nazionale, è indicativa di questa disgregazione. Ma dice una cosa importante: non è possibile subappaltare alla Bce ciò che dovrebbe essere il ruolo della politica, ossia decidere se costruire un’unione fiscale ed economica che possa accompagnare la nostra unione monetaria». commenta il coordinatore del festival.
«I nostri stati e le élite politiche non sono in grado di garantire una cooperazione. Per riprendere la fiducia dei cittadini credo sia necessario dimostrare che questa Europa può fare il salto verso un’unione politica ed economica federale, unica sua garanzia di sopravvivenza».
In questo senso la conferenza unisce esattamente le due cose che occorrono per vincere questo momento di crisi: il superamento delle differenze e degli interessi specifici, unendo persone e organizzazioni, e la creazione di un’assemblea costituente europea partecipata: «Le nostre differenze del mondo di ieri lasciano il tempo che trovano. Dobbiamo riuscire a costruire questo nuovo mondo, e non lo possiamo fare da soli: né come singole organizzazioni, né come singoli stati nazionali», dice Marsili.
«Se lasciamo il monopolio dell’ideale europeo a queste istituzioni e a queste leadership, vediamo crollare non solo le istituzioni di un’Europa unita, ma la stessa idea di un’Europa unita»
Troppo idealistico? Eppure, ricorda Marsili, è già successo. «Il filosofo francese Julien Benda scriveva il suo discorso “La nazione europea” nel ’33, l’anno in cui Hitler va al potere in Germania. Spinelli elabora il manifesto di Ventotene nel ’41, sotto le bombe, quando l’Europa era dilaniata dal conflitto mondiale.
Churchill tiene il discorso in cui invoca gli Stati Uniti d’Europa nel 1946, in un continente in rovina e distrutto da cinque anni di guerra». È questo, dicono gli organizzatori, lo spirito necessario per prendere coscienza che un cambiamento è possibile.
«C’è un grande lavoro da fare all’interno dei paesi che stanno mettendo più blocchi verso un piano comune di investimento per uscire dagli effetti nefasti del Covid-19 a livello economico. Bisogna lavorare insieme ai sindacati, alla società civile, ai cittadini di paesi come Germania e Olanda per provare a cambiare il senso comune di quei paesi e influenzare anche le scelte politiche conseguenti, in seno al consiglio europeo», dice Marsili.
Ma le proposte possono essere ancora più immediate e tangibili. Se non si riuscisse ad avere un piano ambizioso attraverso il recovery fund e gli eurobond, spiega il fondatore di European Alternatives, si potrebbe immaginare un piano alternativo.
Gli Stati che si sono detti disponibili a creare degli eurobond, fra cui Francia, Italia e Spagna (sono nove in tutto) potrebbero creare un “nocciolo duro” di integrazione europea all’interno dell’Unione che possa avere un proprio piano di investimento comune fra loro, portando un po’ più in là il processo di integrazione. «Che per una volta siano i nazionalisti a inseguire, e non gli europeisti. Che si lascino indietro i recalcitranti, e si vada avanti comunque», dice Marsili.
Proprio sull’“integrazione differenziata”, il governo italiano potrebbe farsi portatore delle istanze. «Io credo che lo stesso governo Conte dovrebbe sondare attivamente le cancellerie di questi Paesi per un comune progetto di emissione di eurobond, parallelo al recovery fund. Azioni, domande e influenze di questo tipo sono tra ciò che può aspirare a fare una cittadinanza che si riappropria dell’idea di unità europea», conclude Marsili.
Di queste e molte altre idee si parlerà a Citizens Take Over Europe. Per il programma completo e per registrarsi alle sessioni, basta andare qui.