L’educazione sentimentaleIl libro sullo squallore del clan Trump, raccontato dalla nipote del presidente

Il memoir di Mary, la figlia del fratello di Donald. Si intitola “Too Much and Never Enough”: ricordi di famiglia che si intrecciano con l’attualità politica. E per certi versi la spiegano

JIM WATSON / AFP

Ormai funziona così: qualcuno vicino a Donald Trump annuncia che scriverà un libro su di lui, subito escono delle indiscrezioni e, puntualissimo, qualcuno cerca di non farlo pubblicare.

È successo con “The Room Where It Happened”, il vibrante resoconto di John Bolton dei suoi mesi passati alla Casa Bianca come Consigliere per la Difesa – forse la cronaca più esatta della follia e dell’incompetenza che domina l’Amministrazione Trump – ed è accaduto, di nuovo, con “Too Much And Never Enough”, scritto dalla nipote Mary, una sorta di memoir personale che, in realtà, è un affresco di come si vive nel clan Trump (molto male). A opporsi stavolta era lo zio, Rob, che pure nel libro ha pochissimo spazio.

Non è servito. Anziché uscire a fine luglio, la pubblicazione è stata anticipata di due settimane, anche a causa della crescente curiosità del pubblico: a differenza delle testimonianze degli insider fuoriusciti dalla Casa Bianca, incentrate per forza di cose su questioni politico-amministrative, la nipote di Trump parla di affari di famiglia.

Nessuno si sorprende che le due cose siano collegate. Il presidente americano non si è mai fatto scrupolo a servirsi dell’aiuto della figlia Ivanka e del genero Jared Kushner anche per la gestione di questioni di interesse nazionale (cosucce come la risposta alla pandemia, per esempio).

Ma non solo. Secondo l’autrice, che è anche psicologa, con la sua amministrazione umorale e imbizzarrita lo zio sta estendendo a tutti gli Stati Uniti le dinamiche disfunzionali di casa Trump. Quello che succedeva lì dentro, insomma, si riflette nel caos che ha portato in tutto il Paese.

La lettura regala tanti aneddoti del giovane Donald. Cresciuto, quarto di cinque fratelli, in un ambiente familiare freddo e anaffettivo, cerca di ottenere le attenzioni del padre, disobbedisce alla madre, sempre malata, e bullizza senza pietà il fratello minore, cioè lo stesso Rob che ha cercato di fermare il libro.

Fin da bambino Donald si dimostra prepotente. Un aneddoto, che secondo l’autrice è rivelatore, lo vede mentre molesta il fratellino, tanto da minacciare di distruggere il suo camion giocattolo preferito. Preso dalla disperazione, Rob corre dalla madre la quale, per aiutarlo, decide di nascondere il camion nel solaio.

Ecco, una decisione malaugurata: da un lato danneggia la vittima (gli toglie la possibilità di giocare), dall’altro non punisce, anzi cede al maggiore.

Trump cresce così: assorbe l’idea che egoismo, crudeltà e ostinazione ti rendono invincibile. Sul modello del padre Fred impara a bandire ogni dimostrazione di debolezza, anzi a disprezzarla. Reprime le emozioni. Acquisisce l’idea che mentire sia giusto, legittimo e anche di più: è «uno stile di vita».

Di volta in volta, interiorizza il concetto che chi ha il potere (e non importa in che modo lo abbia ottenuto) sia l’unico che può decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, che se le cose vanno male bisogna fare finta che vadano bene.

E se la descrizione della nipote, molto critica sul piano politico («Un secondo mandato ucciderebbe la democrazia»), sul piano umano arriva ad assumere toni perfino comprensivi.

Per la psicologa che è in lei lo zio Trump, che pure ha la maturità emotiva di un treenne, «ha sofferto grandemente» a causa di un insaziabile «buco nero di necessità».

È stato formato per desiderare, sempre e comunque, l’approvazione del padre. E non è un caso che perfino ora, che pure è diventato contro ogni pronostico presidente degli Stati Uniti, «viene attratto da figure che glielo ricordano, come Vladimir Putin e Kim Jong-un».

Il suo profilo psicologico, fatto sì a distanza ma da una che lo conosce bene, è quello di «un narcisista», con elementi riconducibili a un disturbo della personalità antisociale (la vanagloria), un disturbo della personalità dipendente (il bisogno di attenzione) e disturbi del sonno provocati dall’assunzione di sostanze (la Diet Coke, che tracanna tutto il giorno).

Quello che rimane è un presidente che, al tempo del suo primo matrimonio (con Ivana), faceva regali pacchiani e cafoni: una agenda rilegata in pelle al fratello, ma di due anni prima; un cestino di vivande alla stessa Mary, con dentro cracker e salami ma da cui avevano tolto la confezione di caviale; infine una borsetta vistosa alla cognata (la madre di Mary), che però conteneva un fazzoletto di carta usato.

Lo stile è l’uomo. In questo caso, purtroppo, è anche l’amministrazione americana.