I libri sulla leadership spesso dipingono un ritratto irrealistico del manager o dell’imprenditore di successo: lui o lei è sempre avaro di critiche e generoso con le lodi, non alza mai la voce, non sgrida mai un dipendente in presenza di altri colleghi, ecc. Questi imprenditori e manager sicuramente esistono, ma altrettanto certamente sono in minoranza rispetto alla stragrande maggioranza che si discosta dal prototipo delineato nei libri e nei convegni sulla leadership.
Gli imprenditori di successo sono spesso anticonformisti. Vanno controcorrente e sono percepiti dagli altri come persone difficili. Sin da giovani, molti di loro hanno avuto problemi ad accettare l’autorità di determinate persone o istituzioni. Imprenditori come Bill Gates e Steve Jobs sono stati in grado di affascinare, motivare ed essere fonti d’ispirazione per i propri dipendenti. Da questo punto di vista, si può dire che fossero leader eccezionali. Ma la loro personalità era assai più complessa e in certi momenti erano dei capi con cui era estremamente difficile andare d’accordo.
Le e-mail infuocate di Bill Gates
Per alcuni aspetti, Bill Gates è l’esatto opposto dell’imprenditore raffigurato nei libri sulla leadership. James Wallace e Jim Erickson hanno scritto una biografia di Bill Gates nella quale lo descrivono come una persona complicata. Gates era noto per l’invio di e-mail ai suoi dipendenti nel cuore della notte (spesso, a quell’ora, si trovavano ancora al lavoro). Una sua tipica e-mail poteva iniziare così: «Questo è il più stupido pezzo di codice mai scritto». I suoi dipendenti definivano queste sue comunicazioni come “e-mail infuocate” perché erano particolarmente schiette e sarcastiche.
Nelle discussioni, riferiscono i suoi biografi, egli esercitava il suo formidabile intelletto come se fosse un corpo contundente. Sapeva essere scortese e anche offensivo quando voleva dimostrare qualcosa: «Una volta individuato un difetto, faceva a pezzi quella persona». Gates spesso si dondolava avanti e indietro sulla sua sedia, fissando lo spazio come se i suoi pensieri stessero andando per loro conto, «poi, all’improvviso, quando sentiva qualcosa che non gli piaceva o con cui era in disaccordo, smetteva di dondolarsi, si sedeva in posizione eretta e si arrabbiava visibilmente, a volte lanciando la matita. Spesso urlava o batteva il pugno sul tavolo per poi dire qualcosa d’importante».
Il ribelle Steve Jobs
Il fondatore di Apple, Steve Jobs, è un altro esempio lampante di quanto stiamo dicendo. Lavorare per lui, hanno scritto i suoi biografi Jeffrey S. Young e William L. Simon, era come trovarsi su di un’altalena, oscillare tra il considerare Steve fastidioso, frustrante, intollerabile, e il rispondere alla sua chiamata, marciare al ritmo del suo tamburo, e farlo anche molto volentieri.
Jobs si portava dietro un’aura di paura: «Non volevi essere chiamato davanti a lui per fare una presentazione del prodotto, perché avrebbe potuto decidere di tagliare il prodotto, a anche te insieme al prodotto. Non volevi incontrarlo in un corridoio perché avrebbe potuto non piacergli la tua risposta a una sua domanda, e avrebbe potuto dirti qualcosa di così umiliante da farti perdere la fiducia in te stesso per settimane. E di sicuro non volevi rimanere chiuso in un ascensore con lui perché, alla riapertura delle porte, potevi non avere più un lavoro».
Da giovane Steve Jobs era un ribelle, uno che litigava continuamente con i genitori e gli insegnanti. A causa del suo cattivo comportamento e delle sue sregolatezze, è stato ripetutamente sospeso da scuola. Si rifiutava di fare i compiti, che considerava una perdita di tempo.
Come ha confessato lo stesso Steve Jobs, «ero piuttosto annoiato a scuola e mi sono così trasformato in una piccola peste». Era diventato il capo di una gang che piazzava ordigni e metteva serpenti nelle aule. «Avresti dovuto vederci in terza elementare», ha ricordato Jobs. «Abbiamo praticamente mandato in crisi l’insegnante».
La difficile gioventù di Larry Ellison e Warren Buffett
Come Jobs, Larry Ellison – che ha fondato Oracle e oggi è al settimo posto della classifica di Forbes sui più ricchi del mondo – è stato un bambino e un adolescente che ha dato molti problemi. Lui e suo padre litigavano incessantemente. A quanto pare, l’unica cosa che Ellison e suo padre hanno fatto è stato essere sempre in disaccordo, ha detto il suo biografo Mike Wilson.
Le discussioni continuarono a scuola, dove Ellison tenne testa ai suoi insegnanti. Non era disposto a imparare cose di cui non capisse lo scopo. Dopo aver finito la scuola, anche sul lavoro il suo atteggiamento continuava a metterlo nei guai. Alla fine si rese conto che la sua unica scelta era quella di formare una propria azienda dove avrebbe avuto il controllo di come le cose venivano fatte.
Anche Warren Buffett ha avuto un rapporto assai litigioso con i suoi genitori e con i suoi insegnanti, mettendosi nei guai pure con la polizia. Guardando indietro alla sua giovinezza, ha ammesso di aver avuto un comportamento “antisociale”. La sua biografa, Alice Schroeder, ha riportato queste sue parole: «Mi sono imbattuto in persone cattive e ho fatto cose che non avrei dovuto fare. Mi stavo solo ribellando. Ero infelice». I genitori di Warren erano sconvolti dal suo comportamento. Alla fine del 1944, sempre stando a quanto riportato dalla sua biografa, era diventato il teppistello della scuola. Continuava a prendere brutti voti, ed era così difficile andare d’accordo con lui che i suoi insegnanti finirono per metterlo in una stanza da solo. Il giorno della laurea, Buffett si rifiutò di indossare la giacca e la cravatta obbligatorie. «Non mi hanno permesso di diplomarmi con la classe… perché ero così irrequieto e non indossavo gli abiti adatti».
Schumpeter: gli imprenditori devono essere anticonformisti
L’anticonformismo, la volontà di affrontare le sfide a testa alta, la ribellione contro le autorità – tutto questo corrisponde al quadro dipinto dall’economista austriaco Joseph Schumpeter cent’anni fa nella sua “Teoria dello sviluppo economico”: di fondamentale importanza è la consapevolezza che gli imprenditori non lascino che le norme sociali governino le loro azioni nella stessa misura in cui accade agli altri. Il tipo di imprenditore descritto da Schumpeter nuota “controcorrente”: «il fatto che non sia stato ancora fatto qualcosa è per lui irrilevante come argomento.
Non è frenato dalle stesse inibizioni che limitano il comportamento degli agenti economici». Questo tipo di persona «trae dai dati del mondo che lo circonda altre conclusioni rispetto a quelle tratte dalla massa degli agenti economici statici e passivi». Questa persona è «abbastanza indifferente… a ciò che i suoi pari e i suoi superiori avrebbero da dire sulla sua attività».
Molti imprenditori sono dei disadattati
Robert Hisrich, Janice Langan-Fox e Sharon Grant si sono tutti occupati della psicologia degli imprenditori di successo. Per questi studiosi, «gli imprenditori “rompono gli schemi” rifiutando la prassi prevalente di cercare lavoro presso un’azienda o alle dipendenze di una persona. Molti imprenditori sono dei disadattati, dei dipendenti difficili da gestire, che avviano allora una propria impresa perché non sono disposti a sottomettersi all’autorità e perché trovano impossibile lavorare in un ambiente già strutturato».
Naturalmente, non tutti i disadattati o gli anticonformisti diventano imprenditori di successo. Al contrario, molti falliscono nella loro vita professionale proprio perché sono percepiti come persone difficili dai propri capi e colleghi. Tuttavia, come dimostrano chiaramente gli esempi fatti in questo articolo, essere un anticonformista o un disadattato all’inizio della propria vita è spesso un prerequisito per il seguente successo imprenditoriale.