Un anno fa il presidente francese Emmanuel Macron accusò di «morte celebrale» la Nato. Un anno dopo un gruppo di 30 esperti di politica internazionale, tra cui l’italiana Marta Dassù, ha stilato un report per capire le sfide che dovrà affrontare l’Alleanza Atlantica nei prossimi dieci anni. Una iniziativa promossa dal segretario generale Jens Stoltenberg per capire le nuove sfide che l’Organizzazione per il 2030 e le modalità attraverso cui rafforzare la cooperazione interna ed evitare che il potere di veto si trasformi in uno strumento di impasse, come spesso accade.
Il report arriva in un momento molto delicato del dibattito geopolitico in Europa. Il presidente francese, in un’intervista rilasciata alla rivista Le Grand Continent, ha rilanciato il progetto dell’autonomia strategica e chiesto all’Unione europea di prepararsi a un futuro in cui la difesa del continente non potrà più essere assicurata esclusivamente dagli Stati Uniti. Una posizione forte che ha dato avvio a un profondo dibattito tra i paesi membri sul significato concreto da dare all’autonomia, soprattutto perché in molti, Germania in testa, non vogliono che questa idea si trasformi in uno scontro con Washington o faccia passare il messaggio di un’Europa pronta a fare a meno dell’alleanza atlantica.
A sottolineare l’importanza di una maggiore collaborazione nell’affrontare le nuove sfide globali è anche il report della Nato, secondo cui il mondo nel 2030 «sarà molto differente rispetto a quello della Guerra Fredda o dei decenni immediatamente successivi. Sarà un mondo di potenze competitive, in cui Stati autoritari con politiche estere revisioniste cercheranno di espandere il proprio potere e la propria influenza, e in cui la Nato dovrà affrontare sfide sistematiche». Per questo motivo l’Alleanza atlantica è definita nelle prime pagine del documento più necessaria che mai, anche per la protezione dell’Unione europea.
Il ruolo dell’Unione
Uno dei punti su cui il report insiste è l’importanza di un rafforzamento dei rapporti tra Nato ed Europa e la promozione dei tentativi europei di aumentare le proprie capacità di difesa, il cui buon esito avrebbe effetti positivi anche sull’Alleanza stessa. Un’Ue più forte potrebbe infatti contribuire al burden-sharing atlantico e coinvolgere maggiormente partner non europei nel progetto di difesa contro le minacce comuni, identificate principalmente nella Russia e nella Cina.
Il contenimento di Mosca e Pechino, quindi, è inserito tra le priorità della Nato dei prossimi dieci anni. La Cina sta aumentando il proprio peso militare, ma il vero pericolo è rappresentato dalla sua espansione a livello economico, soprattutto all’interno dell’Unione europea tramite investimenti in infrastrutture. La Nato deve quindi adottare nuove strategie per anticipare le mosse cinesi e reagire alle minacce alla sicurezza che provengono dalla Repubblica popolare rafforzando le relazioni e le partnership tra gli Alleati. Particolare attenzione deve essere dedicata all’espansione cinese in Europa, già da mesi teatro di scontro tra Pechino e Washington su temi di sicurezza e infrastrutture.
Tra le potenze ostili rientra ancora una volta la Russia, ma il report propone di proseguire con la doppia strategia di deterrenza e dialogo. L’Alleanza deve rispondere alle azioni ostili di Mosca in maniera coerente e coesa, ma deve lasciare aperta la strada del dialogo per poter arrivare un giorno a un rapporto meno aggressivo con la controparte russa, anche in un’ottica anti-cinese. In questo scenario l’Ue può giocare un ruolo di primo piano sia sul fronte orientale, grazie alla sua vicinanza geografica alla Federazione, sia sulla sponda sud.
L’Europa orientale e l’Ucraina fanno infatti parte di quella che è stata ribattezzata la nuova cortina di ferro, rappresentata materialmente dalle linee di difesa costruite dai tre Paesi baltici lungo i propri confini. Lungo questa linea si gioca ormai da decenni la battaglia tra Nato e Russia e la sua vicinanza al territorio della Federazione può essere un utile strumento di pressione sul Cremlino.
L’est non è l’unico punto cardinale a cui la Nato del futuro guarda: tra le priorità dell’Alleanza rientra anche la difesa della sponda sud dalle minacce della Russia e, in misura minore, della Cina. «La Nato deve migliorare le capacità di preparazione e risposta militare sul fianco sud (…) rafforzando l’Hub di Napoli» e potenziando la cooperazione con l’Europa, con i Paesi che affacciano sul Mediterraneo e con altre organizzazioni locali (come l’Unione africana).
Il documento «Nato 2030» dimostra quindi che per gli Usa l’Ue è ancora un partner importante – nonostante lo sguardo di Washington sia diretto sempre più verso il quadrante del Pacifico – e che Stati Uniti e Unione hanno ancora bisogno l’uno dell’altro. Per questo motivo è indispensabile difendere l’Ue dal soft power della Cina e dalle minacce della Russia, prestando particolare attenzione al fronte meridionale, così da garantire anche la sicurezza degli alleati.