Pubblicato originariamente su Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
Sono iniziati i lavori per la centrale idroelettrica di Senj 2 e il complesso idroelettrico di Kosinj, il più grande progetto energetico della Croazia, del valore di 3,4 miliardi di kune (450 milioni di euro). Ma alcune questioni importanti non sono mai state affrontate. La prima è di ordine sociale: come riuscirà ad adattarsi ad una nuova vita la popolazione rurale di Gornji Kosinj e Mlakva? Si tratta in gran parte di persone anziane, abituate a vivere della propria terra e del proprio bestiame, e le cui proprietà (come anche siti archeologici, cimiteri, chiese e scuole) rimarranno sott’acqua. Riusciranno ad abituarsi abituarsi a vivere negli edifici previsti per ricollocare gli abitanti sfrattati?
È certo vero che il progetto va avanti da anni e che il numero di abitanti rimasti si è ridotto a poche decine. Ma le sue conseguenze hanno preso avvio molto prima dell’inizio dei lavori. «Gli abitanti del luogo non possono più lavorare nelle loro proprietà e non hanno più diritto a permessi di costruzione», chiarisce Josip Pintar dell’associazione Eko Kosinj. Quanto alle infrastrutture, non ci sono nemmeno le condutture dell’acqua: «La valle è stata recintata e la si sta progressivamente svuotando della sua popolazione. L’agricoltura è ferma, non c’è turismo e le persone se ne vanno».
Aspetti scientifici e tecnici del progetto
Le conseguenze sociali non sono l’unico problema del progetto, anche le sue componenti tecniche sollevano molti dubbi. La centrale idroelettrica è progettata su un terreno di tipo carsico ed è previsto l’utilizzo di 75.000 tonnellate di cemento per realizzarla. Tuttavia, in un sito del genere, è impossibile prevedere la circolazione delle acque sotterranee nelle faglie rocciose ancora non studiate e il sito potrebbe richiedere molti più materiali di iniezione del previsto, al punto da rendere poco redditizio il progetto.
Inoltre proprio gli studi sull’impatto ambientale sono, come in molti altri progetti problematici legati alla produzione di energia, un anello debole del processo e sottoposti a dinamiche corruttive. La centrale idroelettrica di Lešće, la prima ad essere costruita in Croazia dopo la guerra, è un caso molto simile. Proprio come il primo studio di impatto ambientale per Kosinj/Senj 2, lo studio per Lešće venne condotto negli anni ‘80. I primi tentativi di costruire una centrale idroelettrica nella valle di Kosinj sono iniziati circa dieci anni fa sulla base di un’analisi di impatto ambientale obsoleta. E, da allora, le normative ecologiche sono ancora mutate di molto.
Sono molte le conseguenze ambientali e sociali della centrale di Lešće che hanno colpito gli abitanti dei bacini fluviali dei fiumi Dobra, Mrežnica e Kupa. Conseguenze negative hanno iniziato ad emergere a meno di un anno dalla messa in servizio dell’impianto: erosione del suolo e delle strade, stabilità precaria dei ponti, campi allagati, frequente formazione di onde di piena devastanti per agricoltori, bagnanti e pescatori. Oltre alla distruzione causata a monte per costituire il lago di accumulo, la centrale ha modificato la rotta migratoria dei pesci, messo in pericolo i sistemi di protezione contro le piene, modificato il regime delle acque sotterranee, ridotto le possibilità di utilizzo dei terreni agricoli e modificato la temperatura dei fiumi Dobra e Mrežnica.
Ricorsi per difendere l’ambiente
Le conseguenze negative della centrale di Lešće sono così impattanti che è stata istituita una task force per limitarne i danni. Hanno suscitato grande malessere tra la popolazione locale tanto che le associazioni ambientaliste (Zelena Akcija e associate) sono riuscite ad ottenere la realizzazione di un secondo studio di impatto ambientale per la costruzione della centrale Kosinj/Senj 2. Studio che ha ricevuto parere positivo nel 2019 dal tribunale di Fiume e dal ministero della Protezione ambientale e della Pianificazione del territorio. Zelena Akcija ha presentato però ricorso contro questi via libera contestandone numerose falle e imprecisioni.
Secondo Željka Leljak Gracin, coordinatrice del progetto “Il diritto all’ambiente” di Zelena Akcija, il 12 dicembre 2019 si è tenuta una sola udienza, «eccezionalmente breve, e otto giorni dopo è stata emessa una sentenza che ha respinto il nostro ricorso». Ne è stato presentato uno nuovo presso l’Alto tribunale amministrativo il 13 marzo 2020. Ad oggi, nessuna decisione è stata presa. «In teoria, è ancora possibile per l’Alta Corte amministrativa ribaltare la sentenza di primo grado. Il che significherebbe (almeno temporaneamente) la fine di questo progetto. Ma l’investitore ha il via libera per iniziare i lavori perché secondo la nostra legge una denuncia al tribunale amministrativo non li sospende. Tuttavia, l’investitore continua a realizzare il progetto a proprio rischio: se il ricorso verrà accettato tutti i permessi verranno revocati. Vedremo cosa accadrà».
Riciclo di idee desuete
Secondor Željka Leljak Gracin, l’espropriazione dei terreni degli abitanti dei villaggi intorno alla futura centrale di Kosinj continuerà – seppur a rilento – nei prossimi anni. «Per i residenti, questa è un’ulteriore pressione a cui sono sottoposti già da 40 anni. La mancanza di rispetto mostrata a tutti i livelli di potere è deplorevole. L’ultima notizia che ho letto è che avrebbero costruito un edificio per trasferirli a Perušić, ma non so come intendono compensare la perdita dei loro campi e di tutto il resto, perché per queste persone non si tratta solo di un problema abitativo, ma di un completo cambiamento di stile di vita».
«Com’è che in così tanti anni queste persone non sono ancora state trasferite e che con tutta la conoscenza che abbiamo oggi su fonti di energia migliori e più sostenibili, continuiamo a riciclare vecchie idee?» si chiede l’attivista. «A livello globale di centrali idroelettriche ne vengono più distrutte che costruite, ma ovviamente in Croazia diamo valore al cemento più che alla natura».
Non solo in Croazia. Nei Balcani si continuano a costruire centrali idroelettriche ovunque. È il modo più economico per aumentare statisticamente la proporzione delle cosiddette energie rinnovabili nel pacchetto energia di ciascun paese. Con l’accelerazione del cambiamento climatico, le leggi e i finanziamenti delle istituzioni internazionali si stanno sempre più concentrando su queste fonti di energia. Avendo già nei nostri paesi la tecnologia necessaria per la realizzazione di centrali idroelettriche, non richiedono alcun investimento aggiuntivo né in know-how, né nella formazione dei lavoratori, né nell’acquisizione di materie prime non presenti sul mercato livello locale: le centrali idroelettriche consentono di soddisfare a basso costo i requisiti del Piano Verde per l’Europa e altre disposizioni simili.
«L’idroenergia è certamente rinnovabile, ma non è una forma sostenibile di produzione di elettricità e riduzione dell’impatto del riscaldamento globale», afferma Zelena Akcija. La sostenibilità presuppone l’assenza di ulteriori distruzioni o danni significativi agli ecosistemi fluviali e alla biodiversità. Le centrali idroelettriche e le dighe hanno invece un impatto enorme e irreparabile sull’ambiente, la natura e la società.
Secondo Zelena Akcija e molti altri attivisti ambientali, la Croazia non ha bisogno di nuove centrali idroelettriche e nuove dighe con laghi di accumulo. «Soprattutto non prima di aver adottato importanti misure di efficienza energetica, riducendo le perdite nella rete di distribuzione e non prima di aver utilizzato il potenziale delle energie rinnovabili di vento e sole».
Inoltre, prima di qualsiasi intervento su larga scala, è soprattutto necessario realizzare uno studio di impatto ambientale, ma non “commissionato” dalle élite al potere al solo scopo di giustificare interessi finanziari a breve termine.