Trump e gli avvocati imbarazzanti
Il secondo impeachment è iniziato, e gli avvocati di Donald Trump hanno fatto una figura tremenda. Trump ha avuto altri legali memorabili, newyorkesi intrallazzoni come Rudy Juliani e Michael Cohen, liberal rinnegati come Alan Dershowitz, persone strane come Sidney Powell. Ma i suoi legali da impeachment, scelti dopo vari abbandoni, hanno raggiunto vette di tragicomica incompetenza. L’eroe della giornata è stato Bruce Castor, molto appassionato nel sostenere che processare davanti al Senato un ex presidente è incostituzionale (secondo i democratici e altri lo è, Trump era ancora presidente durante la rivolta del 6 gennaio, e non si possono lasciare impuniti reati di fine mandato). Ma soprattutto che i reati contestati a Trump dovrebbero essere giudicati da un tribunale penale (la frase non è venuta bene).
L’altro avvocato, David Schoen, è diventato subito virale perché è un ebreo ortodosso e si copre la testa ogni volta che beve. Ha spiegato che i democratici vogliono annullare il voto di 74 milioni di americani. E che l’impeachment divide il paese e potrebbe scatenare una guerra civile, anche se forse è successo il contrario.
Ieri sera, un consigliere di Trump ha detto a Jim Acosta della Cnn che «Se ci sono procedimenti penali dopo questo impeachment, Trump è fottuto». Alla sua collega Kaitlan Collins hanno raccontato che, mentre parlava Castor, Trump urlava al televisore. La performance dei due legali ha portato un primo risultato. Ai cinque senatori repubblicani che si sapeva avrebbero votato per la costituzionalità dell’impeachment si è aggiunto Bill Cassidy della Louisiana. Ha detto che gli avvocati di Trump hanno fatto un lavoro pessimo, mentre gli impeachment manager democratici erano «concentrati e organizzati» (Castor e Schoen sono stati ingaggiati una settimana fa, dopo la rinuncia di altri avvocati esasperati dalla convinzione di Trump di aver vinto le elezioni).
Trump e i trumpiani all’assalto
Il video di tredici minuti mostrato dagli impeachment manager democratici mostra come il discorso di Trump del 6 gennaio abbia motivato e inviato una folla inferocita e organizzata al Congresso degli Stati Uniti. Le frasi del presidente sono alternate ad assalti, vandalismi, folle MAGA con bandiere americane usate contro i poliziotti, e alla trumpiana Ashli Babbit colpita e uccisa.
Trump grida «Ci andremo e io sarò con voi! Andremo al Campidoglio!». E «se scopri una frode ti puoi comportare secondo regole molto diverse. Spero che Mike (Pence, ndr) abbia il coraggio di fare quel che deve fare». E «combattete come dannati, se non combattete non avrete più un paese». Molti senatori, che erano al Campidoglio durante l’assalto, guardavano con aria scossa.
È stato straziante anche il discorso di Jamie Raskin, capo impeachment manager, deputato del Maryland e costituzionalista, padre di un ragazzo di venticinque anni che si è suicidato ed è stato seppellito il 5 gennaio. Raskin era alla Camera accompagnato dalla figlia e dal genero, è rimasto intrappolato come tutti: «Intorno a me, la gente chiamava i mariti e le mogli e le persone care per dire addio. Membri del Congresso si toglievano il distintivo per non essere identificati mentre cercavano di scappare».
E ha concluso: «Questo non può essere il nostro futuro. Non può essere il futuro dell’America. Non possiamo avere presidenti che provocano e incitano alla violenza contro il governo e le istituzioni perchè rifiutano di riconoscere la volontà popolare». Raskin ha detto ai giornalisti di credere che ci siano «menti aperte» tra i repubblicani. Ma se non si raggiungerà un accordo sulla convocazione di testimoni, il processo potrebbe finire entro il weekend.
Donald is the new Silvione
«Dal 3 novembre a oggi, le vere notizie sono lo sbalorditivo sfoggio di lealtà verso Trump, e il peso dei suoi sostenitori nel partito. Lui ha rifiutato di riconoscere il risultato elettorale, ha chiesto a dei segretari di stato e al suo stesso vicepresidente di fare cose incostituzionali, ha convocato una folla di rivoltosi a Washington il 6 gennaio – ed è stupefacente, ed è incredibile che la gente lo segua passo passo».
Lo dice Bill Kristol, commentatore neocon antitrumpiano. Come tanti altri, Kristol pensava e sperava che Trump stesse diventando sempre meno popolare; dopo l’imbarazzante partenza da Washington, la mattina presto, con quattro gatti a salutarlo, e l’arrivo in Florida con Melania che lo piantava in asso scesa dalla scaletta e pochi gruppetti di Florida Men a salutarlo sui viali. È stato un momento brutto, in effetti, ma ora pare vada meglio.
Trump non può esternare sui social network perché lo hanno bandito. Sorprendendo ancora, dà retta ai suoi legali (gli ultimi dopo vari abbandoni) e ai consiglieri meno facinorosi, e sta tranquillo.
Pare abbia paragonato questo periodo alle soste tra una stagione e l’altra del suo reality “The Apprentice”. Non andrà a deporre a Washington, guarderà il processo in televisione.
Secondo gli stessi consiglieri che parlano con i media, l’impeachment gli sta facendo bene: la base trumpiana è agitata, non può più provare a fare un golpe ma ha un nemico contro cui accanirsi, gli eletti repubblicani non trumpiani (da censurare ufficialmente, ma anche da minacciare).
E ora, per il momento, è un ex leader criticatissimo e molto indagato dalla magistratura, però anziano e con uno zoccolo duro di appassionati. Una specie di super-Berlusconi post-bunga bunga, pronto per un Paolo Sorrentino americano che giri la sua versione di “Loro” a Mar-a-Lago.
La quiete potrebbe interrompersi tra una settimana, giorno più giorno meno, dopo l’assoluzione che è quasi certa. A quel punto, si prevedono uscite pubbliche di Trump, e svariate vendette contro i repubblicani pro impeachment (e contro quelli che hanno certificato i risultati elettorali; e quelli che lo hanno cacciato dal sindacato lavoratori dello spettacolo, magari).
Trump ha nuovi guai legali
La segreteria di stato della Georgia ha aperto un’indagine sugli sforzi di Trump per rovesciare il risultato delle elezioni nello stato. Tra gli sforzi c’è una telefonata (registrata) al segretario di stato Brad Raffensperger (repubblicano) del 2 gennaio. In cui Trump incitava Raffensperger a «trovare 11.780 voti» necessari a farlo vincere.
Intanto, la procuratrice distrettuale della contea di Atlanta, Fani Willis (molto decisa, non impaurita dagli uomini potenti, figlia di una Pantera nera) sta decidendo se incriminare Trump. E sarebbe un nuovo fronte legale, Trump è indagato dal procuratore di Manhattan Cy Vance e dalla Attorney General dello stato di New York Letitia James, e poi chissà.
La controprogrammazione di Joe Biden
Il nuovo presidente si tiene, ostentatamente, lontano dall’impeachment, e ci tiene a far sapere che sta lavorando al pacchetto di interventi anti-Covid. Come controprogrammazione, Biden si è preparato una settimana da anziano attivo, oggi ha un incontro con imprenditori insieme a Kamala Harris e Janet Yellen, domani il Pentagono, giovedì Fauci.
Intanto, i Trump
I meno sicuri del risultato del processo a Trump sembrano essere Ivanka Trump e suo marito Jared Kushner. Temono che Trump rompa il silenzio, faccia stranezze, e «rovini tutto». Anzi, che «strappi la sconfitta dalle mandibole della vittoria», avrebbe detto Kushner (pare: poi pare, secondo i calcoli del gruppo Citizens for Responsibility and Ethics in Washington, che la figlia diletta e il genero di famiglia straricca abbiano guadagnato tra i 170 e i 640 milioni di dollari dai loro molti business durante gli anni della presidenza Trump; 30 milioni li hanno spesi per un terreno in un’isola per soli ricchi a Miami, dove costruiranno una casa e da dove, l’anno prossimo, Ivanka potrebbe annunciare la sua candidatura al Senato, non più da newyorkese ma da Florida Woman).