Tensione fra Bielorussia e Polonia dopo l’arresto di quattro cittadini polacchi, accusati di sostenere le proteste contro il regime del presidente Aleksandr Lukashenko, al potere dal 1994.
Il 23 marzo Andżelika Borys, a capo dell’Associazione dei polacchi in Bielorussia, è stata arrestata dai funzionari della milizia e condannata a quindici giorni di carcere. La donna è accusata di aver organizzato il 7 marzo a Grodno una fiera non autorizzata. Secondo i membri dell’organizzazione si è trattato in realtà di un arresto di matrice politica. Andrzej Poczobut, giornalista e anch’egli membro dell’Associazione ha scritto su Twitter che l’evento si era tenuto nella sede consolare della Polonia, quindi non necessitava di via libera da parte delle autorità.
Ventiquattro ore dopo anche il reporter è finito in prigione, insieme ad altre due componenti dell’organizzazione, Irena Biernacka e Maria Tiszkowska. «Nel nostro appartamento c’è la milizia coi passamontagna. Non ci consentono di telefonare», è riuscita a scrivere la moglie di Poczobut sui social. Il procedimento penale avviato nei loro confronti, basato sull’articolo 130 del codice bielorusso, li accusa di «azioni intenzionali volte a incitare all’odio e alla discordia etnica, nonché alla riabilitazione del nazismo». Al pari di Andżelika Borys rischiano dai cinque ai dodici anni di carcere.
Mateusz Morawiecki, primo ministro polacco, con un video pubblicato sul sito del governo ha affermato: «Chiedo alle autorità bielorusse di risolvere i loro problemi interni in pace, senza prendere nessuno in ostaggio. È così, infatti, che interpreto il recente attacco nei confronti della comunità polacca in Bielorussia. Ogni polacco che si trova in Bielorussia potrà contare sul nostro aiuto». Il premier ha anche detto che il rappresentante diplomatico della Bielorussia è stato convocato al Ministero degli Esteri polacco per una decisa rimostranza, mentre il console polacco a Grodno è stato inviato a un confronto con le autorità locali per approfondire quanto sta accadendo.
Secondo l’agenzia di stampa polacca PAP, Andrzej Duda ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di affrontare la questione della difesa dei diritti della minoranza polacca in Bielorussia, che sta diventando «vittima innocente di persecuzione». Il presidente polacco ha inviato una lettera al suo omologo americano Joe Biden, perché gli Stati Uniti presiedono il Consiglio delle Nazioni Unite questo mese. Lo stesso media polacco ha riportato una dichiarazione di un portavoce del Dipartimento di Stato americano, con la richiesta al regime di Lukashenko di mettere fine alla sua politica di repressione e di rilasciare tutti gli attivisti detenuti.
Lo stesso appello è arrivato dall’Unione europea, per bocca dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri Josep Borrell. Solidarietà alla Polonia anche dal presidente lituano, Gitanas Nauseda, che ha scritto sul proprio profilo Twitter che i leader della comunità polacca in Bielorussia sono solo le ultime vittime del regime di Lukashenko.
Questi arresti si inseriscono in una serie di operazioni di polizia per la repressione del dissenso che Lukashenko ha messo in atto in prossimità del 25 marzo, Giornata della libertà, una ricorrenza non ufficiale che ricorda la proclamazione d’indipendenza del 1918. Quest’anno la data aveva assunto una connotazione simbolica più marcata: l’opposizione aveva invitato la popolazione a manifestare con i colori biancorossi. Dal suo esilio lituano Sviatlana Tsikhanouskaya, sconfitta da Lukashenko alle ultime elezioni, aveva chiesto su Telegram a tutti i bielorussi di «prepararsi per questa giornata, di rivitalizzare lo spirito della protesta, di pianificare il ritorno lungo le strade delle proprie città».
Per contrastare la mobilitazione annunciata, le autorità avevano ulteriormente rafforzato il controllo sul territorio, spingendosi fino a mobilitare intere colonne di carri armati verso i confini con Lituania e Polonia e ad hackerare il canale Telegram del giornale d’opposizione più importante, “Nasha Niva”. Le misure dissuasive hanno causato l’arresto di oltre 200 persone, ma, soprattutto, hanno fatto sì che le manifestazioni avvenissero in modo molto ridotto rispetto alle previsioni: nessuna azione di massa, qualche corteo sporadico, flash mob improvvisati e poco partecipati. In più di un’occasione i numeri della milizia e dell’esercito hanno superato quelli dei dimostranti. I segni più tangibili dell’omaggio alla ricorrenza, e della contestazione anti-Lukashenko, sono stati i clacson delle auto e i fuochi d’artificio nella notte tra il 24 e 25 marzo.
L’Associazione per i diritti umani Viasna, che aggiorna costantemente i dati degli arrestati, scrive di 302 prigionieri politici detenuti nelle carceri bielorusse al 27 marzo di quest’anno. Dal 9 agosto 2020, data delle elezioni contestate dall’opposizione, gli arresti di civili coinvolti nella manifestazioni e poi trattenuti in carcere ha raggiunto quota 35.000. Il rapporto annuale di Human rights watch riferisce di testimonianze di reclusi che hanno subito scosse elettriche, percosse e si registra anche un caso di stupro.
Secondo indiscrezioni legate all’incontro del 21 febbraio a Sochi tra Vladimir Putin e Lukashenko, il leader russo aveva ottenuto, in cambio di aiuti economici, il sì dal presidente bielorusso per nuove elezioni e un passaggio di mano a favore di un governo maggiormente legato alle istanze di Mosca.
Sabato 27 marzo il caporedattore della stazione radio Eco di Mosca, Aleksiej Venediktov, senza citare le proprie fonti, ha lasciato trapelare che lunedì scorso 22 marzo, durante una telefonata tra Derek Chollet, consigliere del Dipartimento di Stato americano, e il ministro degli Esteri bielorusso, Vladimir Makej, si sarebbero fissati i termini per l’inizio dei negoziati con l’opposizione. Dovrebbero cominciare prima del 1 maggio e dovrebbero svolgersi in Svezia sotto l’egida dell’Ocse. L’Unione europea si impegnerebbe a fornire sostegno economico alla Bielorussia durante il periodo di transizione che porterà a libere elezioni, a condizione che i prigionieri politici vengano immediatamente rilasciati e riabilitati