Il disegno di legge Zan che prevede l’inasprimento delle pene contro i crimini e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili è un provvedimento necessario, doveroso, ma anche completamente inutile. Necessario perché in una società moderna i reati dettati dall’omofobia è giusto che siano equiparati a quelli motivati dal razzismo e dall’odio su base religiosa introdotti dalla Legge Mancino nel 1993. Ma il ddl Zan è anche uno strumento inutile perché non sarà certo l’aggravante della pena, di una pena quindi che è già prevista nei codici, a impedire i crimini e le discriminazioni contro i cittadini Lgbt. Le aggravanti, peraltro, esistono già nel nostro ordinamento, al primo comma dell’articolo 61 del Codice penale, che prevede una maggiorazione della pena per «avere agito per motivi abietti o futili».
Pestare a sangue un essere umano è un crimine a prescindere dall’orientamento sessuale o religioso della vittima, ma nel caso in cui la motivazione sia vile e spregevole, cioè se il crimine è stato dettato dall’omofobia, è già previsto che sia punito maggiormente. Vogliamo, dunque, prevedere aggravanti specifiche per i reati omofobici, oltre a quelle per avere agito per motivi abietti? Facciamolo. Non è detto che l’aggravante speciale servirà da deterrente, ma probabilmente vale la pena fissarlo nel nostro codice penale, così come in passato lo abbiamo fatto per tutelare maggiormente le vittime del razzismo e dell’intolleranza religiosa, ben consapevoli che così come la legge Mancino non ha risolto il problema del razzismo e dell’intolleranza religiosa l’eventuale legge Zan non cancellerà i crimini omofobici.
Più controversa è la questione legata alla cosiddetta identità di genere, contestata non solo dai settori più retrivi della società o dalla Chiesa cattolica, ma anche dalle femministe storiche che dopo aver lottato per l’emancipazione della donna preferirebbero non essere trattate di nuovo come una minoranza da proteggere. La proposta Zan, su questo punto, è soltanto una solenne presa di posizione pubblica, una specie di post indignato per le brutture del mondo che anziché su Facebook viene postato sul codice penale e, quindi, irrilevante ai fini della lotta alle discriminazioni sessuali. Gli oppositori della Zan, invece, sostengono che questa proposta vuole imporre l’idea che la biologia non esista e che ciascuno possa decidere quando, come e tutte le volte che vuole se si sente uomo o donna o altro, e che la società deve adeguarsi di conseguenza. Questa cosa, in realtà, nella proposta Zan non c’è, ma è vero che questa sia l’idea che muove il movimento di massa cresciuto in America negli ultimi anni.
Una società libera non può che lasciare al singolo individuo il diritto di scegliersi se vivere da uomo o da donna e di cambiare idea, cosa che in Italia è garantita anche in assenza di ddl Zan (che, ripetiamo, non si occupa della cosa), ma è altrettanto vero che quella scelta individuale non può essere imposta a tutti gli altri che hanno altrettanto diritto di andare in bagno o su un palco o in carcere senza doversi confrontare con qualcuno che ha deciso, magari temporaneamente, di negare la biologia. L’opposizione al ddl Zan risponde a questa preoccupazione e liquidarla semplicemente come pensiero reazionario è squadrismo ideologico, esattamente come quello di chi nega i diritti lgbt.
Poi c’è il famigerato articolo 4, che nella logica di Zan nasce per rassicurare chi è preoccupato che la sua proposta limiti la libertà d’espressione, riconoscendo, dunque, che qualche problemino o rischio c’è. Solo che la formulazione dell’articolo è infelice, ai limiti dell’inaccettabile: «Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Fatte salve. Come se la libera espressione di convincimenti fosse una gentile concessione di Zan. Ecco, non può essere Zan con la sua doverosa battaglia di protezione di una minoranza vessata da un’altra minoranza di retrogradi a cambiare il codice penale italiano e far passare come un’eccezione il diritto della maggioranza degli italiani al pluralismo delle idee. Andrebbe scritto al contrario, il ddl Zan: anche sui temi Lgbt, la libertà di espressione è assoluta e insindacabile, fatte salve le condotte idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.