Qualche mese fa – quando sembrava che il problema fosse la non sollecitudine dello Stato a vaccinare i cittadini, mica la renitenza dei cittadini a farsi vaccinare – un personaggio televisivo italiano sfogò su Twitter la propria indignazione perché il padre non era ancora stato vaccinato. Precisando contestualmente un dettaglio: che il padre era centoseienne.
Coloro che conoscono il figlio perlopiù s’atterrirono: quindi ha quei geni, quindi ci tocca tenercelo fino a 106 anni.
Una minoranza composta da me e pochi altri, una minoranza ossessionata dall’insostenibilità d’un sistema pensionistico creato quando gli esseri umani erano mortali e che non aveva previsto intendessimo campare in eterno, sospirò invece: saranno almeno cinquant’anni che gli paghiamo la pensione.
Quella minoranza ieri si è sentita compresa nei propri traumi infantili e nella propria devozione adulta: quella per Elsa Fornero, protettrice di chi mal tollera gli scansafatiche.
I traumi infantili tramite i quali si arriva a costruirsi un altarino della Fornero in camera da letto sono rari – o almeno lo erano nel Novecento – e ormai non più percepiti come traumi. Si tratta di ex bambini satolli e ai quali mai veniva richiesto di fare fatica. Pasciuti bambini occidentali, viziati da genitori che non pretendono da loro mai un risultato.
Oggi è normale, ma nel Novecento i genitori davano perlopiù ragione ai doveri, non ai diritti. Se prendevi un brutto voto, simpatizzavano con l’insegnante, non con quel ciuco del figlio. Eccezioni rarissime eravamo noialtre, alunne che prendevano 3 non avendo mai aperto un libro, e cui la mamma diceva: i professori temono la tua intelligenza.
La nostra infanzia è stata una tale bambagia che, come gli altri bambini agognavano la nutella, noi agognavamo la disciplina. Il nostro faro, la nostra sola speranza era una tedesca col monocolo: la signora Rottenmeier era la tata severa che agognavamo noi bambine cui nessuno aveva mai tentato d’imporre una disciplina.
Giacché di tutto quel che non ci viene dato abbiamo voglia, pure dei «se non fai i compiti non esci» che nessuno ha mai pronunciato in tutta la mia vita scolastica, lungo la quale ero selvatica come Heidi e pigra come Clara (che la povera Rottenmeier porta in montagna giacché il dottore sospetta che la bambina non cammini non in quanto paralitica ma in quanto futura quota 100).
Insomma, prima o poi arriva una Rottenmeier o una Fornero, e noi indolenti ci ribelliamo, ci mettiamo anni a capire che è per il nostro bene. Persino la generazione di adesso – li chiamerò, essendo ormai diventata mia nonna, «i giovani d’oggi» – un giorno si stuferà d’essere coccolata, assecondata, rammollita dalle premure (oggi sarebbe inaccettabile vessazione portare Clara da Heidi, in montagna, con tutte quelle barriere architettoniche; e abilismo dirle che se non cammina è perché è pigra).
Persino loro, i ragazzini d’oggi ogni desiderio dei quali è un disegno di legge, si stuferanno dei loro stessi capricci e desidereranno un’istitutrice severa. E a quel punto Elsa Rottenmeier Fornero sarà lì, ad aspettarli alla fine della stagione dei capricci, a dar loro la disciplina che bramano.
«Sinceramente speravo si fossero già sfogati», risponde la Fornero al giornalista della Stampa che le chiede conto delle polemiche social. Elsa, come il Sorrentino di qualche anno fa, è una persona seria e non perde tempo sui social come quegli sfaccendati che han voluto Quota 100, ma sa comunque tutto quel che accade in quei postacci.
Prosegue poi spiegando la propria regola di bon ton, e l’eccezione applicata a coloro che hanno polemizzato sulla sua nomina nella commissione di programmazione economica: «Una volta al mese scelgo una persona e mi permetto di rivolgergli una parolaccia». (Spero sia un problema di trascrizione, spero la Fornero abbia detto «rivolgerle», spero che non mi abbandoni qui, sola tra gli analfabeti).
La Fornero che dice la sua parolaccia mensile evoca il «Misericordia» della Rottenmeier quando l’ottenne Heidi le diceva di non saper leggere né scrivere, ma proseguiva garrula vantando un’istruzione fatta di «so fischiare con le dita». «Misericordia», sospirava la progenitrice di Elsa Fornero preoccupandosi per Clara quasi traviata dalla montanara appena giunta a Francoforte, «che ne sarà di te con tanta gente ignorante».
Naturalmente le Elsa Rottenmeier sono consapevoli di essere un trucco di radianza, uno scarico d’impopolarità. Dice Fornero alla Stampa che i politici chiamano i tecnici perché sentono «che è venuto il momento di compiere scelte impopolari». Ha detto a D Emanuela Audisio – la più brava (maschi inclusi) a scrivere di sport in Italia, e Rottenmeier onoraria – che quando le donne o altre minoranze ottengono qualcosa in un settore è perché quel settore è in crisi: «Quando le donne arrivano non è solo perché la società apre, ma un po’ perché quel lavoro si dequalifica e gli uomini lasciano».
Le Rottenmeier, che fanno i lavori che i Salvini non vogliono più fare, compreso quello di non farti andare in pensione a cinquant’anni se poi ne campi altri cinquanta.