Venti su ventisette. Manca poco ormai all’ingresso della Croazia all’interno dell’eurozona, di cui fanno già parte 19 stati europei. La Commissione europea e gli stati membri con l’euro hanno firmato un memorandum d’intesa con Zagabria per avviare le pratiche per la produzione di monete in euro anche nel piccolo paese balcanico di poco più di 4 milioni di abitanti.
Il governo di Andrej Plenković, vuole sostituire la valuta nazionale, la kuna, a partire dal primo gennaio 2023 ma solo a partire dal primo gennaio 2024 la Croazia entrerà ufficialmente nell’eurozona. Zagabria è già a buon punto nel rispetto delle indicazioni europee ma ci sono ancora alcuni requisiti da rispettare.
Per poter entrare nel sistema della moneta unica i partecipanti devono soddisfare quattro richieste: mantenere stabili sia i prezzi che il tasso di cambio per almeno 2 anni; preservare le finanze pubbliche a un livello sano e sostenibile e infine evitare un rialzo dei tassi di interesse a lungo termine non superiore ai 2 punti percentuali rispetto a quelli dei tre stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di mantenimento dei prezzi.
Inoltre, l’entrata nel Meccanismo di cambio dell’Unione europea (Erm II) del luglio 2020 comporta l’obbligo per la Croazia di ridurre i tassi di interesse; integrare maggiormente l’economia croata nel Mercato Unico europeo e diminuire i costi di conversione. Se a questo si aggiungono gli obblighi sottolineati dal governatore della Banca centrale croata (Hnb), Boris Vujčić, di portare il deficit pubblico sotto il 3% del Pil e ridurre il debito pubblico, è chiaro come Zagabria avrà bisogno di tempo per rispettare tutti gli impegni.
Il memorandum di settembre rimane però un passaggio importante: grazie all’impegno sottoscritto con l’Europa adesso Zagabria potrà cominciare a coniare le prime monete di prova e verificarne l’idoneità con i macchinari. Il tasso di cambio è già stabilito: 1 euro varrà 7,53450 kune, lo stesso tasso di cambio con cui la Croazia è entrata nell’Erm II. Un cambio che molti però giudicano iniquo.
«Il tasso di 7,53 kune per un euro ha soffocato l’industria croata, perché così non conviene produrre localmente. Per questa ragione gli ultimi 25 anni sono stati caratterizzati dalla tendenza a investire in centri commerciali piuttosto che nell’industria. Da noi i prodotti importati costano meno di quelli locali proprio a causa del tasso di cambio, per cui non conviene affatto produrre localmente», ha dichiarato il professore Ljubo Jurčić della facoltà di Economia di Zagabria.
I motivi sulle monete e il significato dell’ingresso della Croazia
Al di là dei tempi di entrata, Zagabria ha già scelto cosa incidere sulle otto monete europee. La bandiera a scacchi croata sarà motivo comune per tutte, ma per ognuna ci saranno dettagli diversi: sulla moneta da 2 euro sarà presente la mappa della Croazia, su quella da 1 euro ci sarà la martora o kuna, il mammifero che dà il nome alla moneta nazionale, mentre su quelle da 50, 20 e 10 cent ci sarà Nikola Tesla.
Infine, la scrittura glagolitica, il più antico alfabeto slavo conosciuto, sarà il motivo dominante delle monetine da 5, 2 e 1 centesimo. La scelta è stata fatta direttamente dai cittadini: 50mila croati hanno espresso le loro preferenze nel corso di un sondaggio effettuato dalla Banca nazionale croata su quali elementi grafici apporre sulla nuova valuta.
«I criteri di selezione di base erano l’accettabilità per tutta la popolazione, indipendentemente dall’appartenenza regionale, l’età, l’affiliazione ideologica o politica, e la sua efficacia come simbolo nazionale, capace di raggiungere un alto grado di identificazione», ha reso noto il governo. Il sostegno dei cittadini ha un significato importante anche per l’Europa: secondo un recente studio della Banca nazionale croata l’appoggio nel processo di adesione all’euro è cresciuto di ben 4 punti, dal 41 al 45 per cento, soltanto nell’ultimo anno.
«Economicamente, l’ingresso della Croazia in eurolandia non significa quasi nulla perché la Croazia è solo una piccolissima aggiunta all’economia dell’area euro. Politicamente è più importante perché mostra che l’euro rimane attraente. I paesi vogliono aderire quando possono anche se le condizioni sono ora più restrittive», sostiene Daniel Gros, direttore emerito del Center for European Policy Studies, in un’intervista a Euronews.
I dissidi con la Serbia
L’ingresso della Croazia nella zona euro però non piace a tutti, in particolare alla Serbia. Motivo del contenzioso: una delle effigi scelte dai cittadini croate per i nuovi euro, quella di Nikola Tesla. Da anni Belgrado e Zagabria si contendono l’eredità dell’inventore: Nikola Tesla è nato nel 1856 a Smiljan, città dell’ex Impero austro-ungarico oggi parte del territorio della Croazia, da una famiglia di etnia serba.
Per anni i due paesi hanno gareggiato a intitolargli strade, edifici, monumenti e raffigurarlo ovunque, per esempio sulla banconota da 100 dinar serbi. La scelta dei cittadini croati è apparsa agli occhi di Belgrado come un tentativo di avere un riconoscimento definitivo, visto che un Tesla raffigurato sugli euro di Zagabria e portato in giro da 340 milioni di cittadini europei rafforzerebbe definitivamente l’associazione.
Come racconta il Wall Street Journal, la disputa ha assunto toni particolarmente accesi: da un lato Belgrado contesta la “croatizzazione” forzata di Tesla, sostenendo come «ciò costituirebbe un appropriazione del patrimonio culturale e scientifico del popolo serbo, perché è indiscutibile che questo famoso scienziato si sia dichiarato, per tutta la sua vita, serbo per origine ed etnia», secondo l’opinione di Jorgovanka Tabaković, il governatore della Banca nazionale della Serbia.
Dall’altro, Zagabria evidenzia come il passaporto di Tesla avesse sopra inciso lo stemma del Regno di Croazia e rimarca la frase dell’inventore pronunciata durante una conferenza sulla corrente alternata e sulla costruzione di una centrale idroelettrica ai laghi di Plitvice: «Come figlio della mia patria sento che è mio dovere aiutare la città di Zagabria a tutti gli effetti con i miei consigli e il mio lavoro».
Entrambi i paesi hanno da tempo costituito dei veri e propri santuari di venerazione per Tesla: i serbi hanno un museo a lui dedicato a Belgrado, dove sono presenti sia i suoi effetti personali che le sue ceneri, spedite direttamente dagli Stati Uniti. La Croazia, invece, ha costituito un proprio luogo di culto dell’inventore presso Smiljan, la sua città natale.
Questa guerra è solo l’ultimo atto. «Prenderemo provvedimenti con la Commissione europea per questa decisione», è stato il commento sibillino della governatrice della Banca di Serbia. La storia è destinata a continuare, almeno fino al 2024.