Obbligazioni «verdi» per finanziare progetti «verdi»: la Commissione europea aggiunge un altro tassello agli intenti ambientalisti della sua legislatura, con una novità sui metodi di finanziamento del Next GenerationEU, adottato nel 2020 in risposta alla pandemia da Coronavirus. Il programma, da 807 miliardi di euro complessivi, viene finanziato con i soldi che la Commissione ha già cominciato a raccogliere sui mercati e alimenta i contributi versati, come prestiti o a fondo perduto, agli Stati membri.
Il 30% del totale verrà recuperato tramite l’emissione di «green bond», cioè obbligazioni legate a investimenti con un chiaro e certificato impatto positivo dal punto di vista ambientale. La prima asta relativa a questi titoli si svolgerà nel mese di ottobre: sarà l’inizio di un percorso che, nelle previsioni della Commissione, porterà a raccogliere circa 250 miliardi di euro, rendendo l’UE la più grande entità al mondo nell’emissione delle obbligazioni verdi.
Cosa sono i green bond
Lanciati dalla Banca europea degli investimenti per la prima volta nel 2007, i green bond funzionano esattamente come le altre obbligazioni: si tratta di titoli di debito che un soggetto immette sul mercato per finanziarsi e che poi rimborsa agli acquirenti dopo un periodo di tempo e con un tasso di interesse prestabiliti.
Chi compra green bond, in più, si assicura che i soldi investiti serviranno alla realizzazione di progetti eco-friendly, cioè rispettosi e non potenzialmente nocivi per l’ambiente. Per certificare il rispetto di questo principio non esiste uno standard universale né un ente regolatore al di sopra del mercato. Le linee-guida più autorevoli in materia sono quelle stilate dall’ International Capital Market Association, associazione privata che promuove il funzionamento ottimale del mercato finanziario a livello globale. Nella definizione dell’Icma, un green bond è uno strumento i «cui proventi vengono utilizzati esclusivamente per finanziare progetti verdi, nuovi o esistenti».
Le caratteristiche che ogni progetto in questione deve avere non sono dettagliate in modo esaustivo perché Icma non intende prendere posizioni nella definizione di tecnologie green. Tuttavia, vengono proposti, in modo non esaustivo, alcuni settori di intervento: energie rinnovabili, efficienza energetica, controllo dell’inquinamento, impiego eco-sostenibile del suolo, utilizzo dell’acqua, economia circolare, adattamento al cambiamento climatico e rinnovamento degli edifici in chiave ecologica.
Tutte le obbligazioni che intendono fregiarsi di questo nome, inoltre, devono attenersi a quattro condizioni stringenti: l’utilizzo dei proventi circoscritto ai settori citati, un chiaro processo di selezione dei progetti stessi e una fase di monitoraggio che ne assicuri l’effettiva realizzazione, oltre a una gestione trasparente dei fondi incamerati, con una rendicontazione dettagliata.
Come ha spiegato il commissario europeo al Bilancio e all’amministrazione Johannes Hahn, la strategia europea parte da questi assunti per l’elaborazione dei propri green bond. I criteri per marcare un progetto come «verde» ricalcano poi quelli utilizzati nella valutazione, da parte della Commissione, dei Piani di ripresa e resilienza nazionali.
Ogni investimento incluso nel conteggio deve avere un «coefficiente» di impatto positivo a livello climatico o ambientale, cioè contribuire in qualche modo alla tutela dell’ecosistema. Condizione necessaria è anche il rispetto di un principio chiamato do no significant harm (Dnsh), per cui non è mai permesso provocare conseguenze contrarie agli obiettivi del Green Deal europeo.
Rispettate queste premesse, i progetti possono essere green del tutto (e dunque finanziabili al 100% tramite green bond) o in parte (e allora finanziabili solo al 40% con questo strumento). La scelta avviene secondo le indicazioni stabilite all’allegato VI dell’accordo ufficiale che istituisce il Recovery and Resilience Facility (Rff), cioè il cuore del Next GenerationEU. Per i piani presentati dai Paesi membri, comunque, non cambia nulla: tutto ciò che è stato approvato da Commissione e Consiglio dell’Ue verrà rimborsato, con questi o con altri strumenti finanziari.
Nell’ampia gamma di interventi favorevoli all’ambiente, la Commissione ha individuato otto categorie: ricerca a supporto della transizione ecologica, tecnologie digitali a favore della transizione ecologica, efficientamento energetico, reti di energia pulita, adattamento al cambiamento climatico, gestione dell’acqua e dei rifiuti, infrastrutture e trasporti eco-sostenibili, protezione della natura e della biodiversità. A queste se ne aggiunge una nona, dedicata a tutte le altre iniziative green.
Le misure finanziabili saranno selezionate in quella parte di investimenti dedicati alla transizione ecologica chiamata «green expenditure share», che ogni Stato europeo ha dovuto presentare nel suo Pnrr. La soglia minima dedicata a progetti di questo tipo era stata fissata dalla Commissione al 37% del totale, ma quasi tutti gli Stati l’hanno superata (l’Italia, ad esempio, ha dichiarato il 40% in fase di presentazione del piano). In pratica, questi fondi potrebbero servire a impiantare pannelli solari, costruire ferrovie e piste ciclabili, acquistare mezzi pubblici meno inquinanti, proteggere parchi naturali o sviluppare una qualunque tecnologia con benefici per l’ambiente.
Niente gas e nucleare
La scelta è molto varia, ma i limiti ben precisi: nemmeno un centesimo raccolto con i green bond finirà in iniziative che riguardano l’energia nucleare o il gas. Proprio il gas, che contribuisce alle emissioni di C02 ma è considerato preferibile ad altri combustibili fossili, è accettato come «fonte energetica di transizione» in determinati investimenti dei Pnrr, come quelli che riguardano la produzione di idrogeno o le ristrutturazioni. In questo caso i progetti saranno sì finanziati dal Next GenerationEU, ma non tramite le obbligazioni verdi.
La garanzia che la Commissione promette ai suoi acquirenti non si limita alla scelta degli interventi da supportare, ma comprende un’accurata fase di monitoraggio. La società indipendente Vigeo Eiris ha realizzato uno studio di sostenibilità che certifica l’aderenza del piano presentato oggi sia ai principi dell’Icma che a quelli del Green Deal europeo. Siccome i 27 Paesi membri sono periodicamente obbligati a riferire a Bruxelles sulla situazione dei progetti finanziati, la Commissione europea può tracciare l’effettiva allocazione dei fondi raccolti, anche in questo caso con l’intervento di una società esterna per la certificazione. Il primo rapporto d’impatto è atteso per l’autunno del 2023.
Fonti interne all’esecutivo comunitario esprimono molta fiducia sulla risposta dei mercati a questo strumento. Del resto i green bond vanno piuttosto forte sul mercato: secondo un’analisi del centro di ricerca BloombergNEF, solo nel 2021 queste obbligazioni sono state vendute per 300 miliardi di dollari, in 29 valute diverse e 49 Paesi del mondo.
Come per il resto delle obbligazioni, il valore del titolo dipende anche dalla fiducia di cui gode nel mercato azionario l’ente che lo emette. Aziende in ascesa, solidi istituti finanziari e Stati dall’economia florida possono vendere i propri titoli di debito con tassi di interesse molto bassi, sicuri che ci sarà comunque abbastanza richiesta. Al contrario, più aumenta la diffidenza da parte dei mercati, più è necessario alzare gli interessi, cioè le ricompense per gli investitori.
L’Unione europea in questo senso non incontra difficoltà. In attesa di mettere apertamente all’asta i suoi titoli, ha raccolto 45 miliardi di euro in tre transazioni effettuate fra giugno e luglio e le valutazioni estremamente favorevoli delle agenzie di rating suggeriscono alte aspettative.
Per quanto riguarda i green bond nello specifico, si prospetta la possibilità di superare la quota del 30% del Next GenerationEU e arrivare a finanziare integralmente la quota di investimenti che i governi nazionali hanno incluso nella categoria ambientale. In questo modo il cerchio si chiuderebbe alla perfezione: ogni euro speso in un progetto green finanziato tramite un green bond.