Forse è Pfizer, forse è menopausa. La frase è: una parafrasi d’un titolo di qualche settimana fa del New York Magazine (“Maybe it’s Moderna, maybe it’s menopause”); uno slogan che a saperlo mi sarei vaccinata molto prima; il terrore delle più sceme delle mie coetanee, attaccate alla loro fertilità ormai inutilizzata in modi struggenti.
Quando Annaliese Griffin ha scritto che lei aveva un ciclo eccezionalmente regolare, poi si è vaccinata, e non sanguinava più, e ha chiesto alle amiche, e certo è aneddotica e non studio scientifico, ma – guarda un po’! – tutte avevano alterazioni postvaccinali del ciclo, e altre mostruosità che hanno a che fare con femmine e ormoni e che non trascriverò qui perché c’è un limite anche al mio divertimento nell’azzerare la capacità dei lettori di trovare mai più attraente una donna; quando l’ha fatto, mi sono resa conto che erano mesi che non sanguinavo.
Prima di proseguire, farò tre premesse che vi consiglio di saltare se vi sembra di sapere già troppo di me.
La prima è che ho l’endometriosi, una cosa di cui adesso si parla tantissimo ma che quando ero giovane era ignota ai medici (o almeno a quei cani di medici che frequentavo io), e che a casa dei miei veniva liquidata con «quante storie».
L’endometriosi (detta in maniera spiccia: ti cresce del tessuto in più in punti in cui non dovrebbe crescere) rende il ciclo mestruale un inferno, e si tiene sotto controllo con interventi chirurgici, pillola anticoncezionale e altre amenità. Avevo già passato i quaranta quando hanno inventato il Nuvaring, un attrezzo di silicone che fa l’effetto della pillola ma dà (almeno a me) molti meno effetti collaterali. Vorrei, per chi l’ha inventato, il Nobel per la Medicina ma pure quello per la Pace. Se fosse esistito quando avevo vent’anni o trenta, avrei vissuto un’altra vita, certamente migliore.
L’endometriosi è quella cosa per cui ogni mese, da quando hai tredici anni, desideri la menopausa. Ogni volta che una donna ti parla del proprio terrore d’andare in menopausa, e di quindi ingrassare, e di quindi sentirsi vecchia, e altre scemenze, vorresti darle una testata sul naso.
La seconda premessa è che, come per la pillola, i cicli mestruali del Nuvaring sono finti: per quel che ne so, potrei essere in menopausa da anni. I medici dicono che non bisogna andare in menopausa prima dei cinquant’anni (i medici non hanno l’endometriosi), e quindi mi avrebbero lasciato in compagnia di cicli finti un altro anno, poi avrei provato a toglierlo e, se non sanguinavo più, significava che avevo finalmente raggiunto il mio scopo principale: ero in menopausa. Non appartenevo più alla specie di quelle che sanguinano tre giorni e poi non muoiono (con l’endometriosi i giorni sono dieci, ma che ne sanno a South Park).
La terza premessa è che, in paranoia da vaccino (metti che gli ormoni sintetici favoriscano la formazione di trombi), e nonostante tutti i medici mi dicessero «ma figuriamoci», ho smesso di usare il Nuvaring prima della prima dose. Dopodiché: niente più cicli finti, niente più cicli tout court.
(Sono terrorizzata, scrivendo questo articolo, di portarmi sfiga e di ricominciare a sanguinare domani: sono in un periodo di così spiccata razionalità che credo persino nel portar male).
Due settimane dopo il NYMag, è arrivato il New York Times, con un pensiero magico che io in confronto sono una scienziata. Riportava che, sui social, varie donne in età fertile dicevano d’avere improvvisamente cicli irregolari, o dolorosi; e che ad altre, già in menopausa, dopo il vaccino era tornato il ciclo. Non menzionavano eventuali scioglimenti del sangue di san Gennaro, ma riportavano che ora (meglio tardi che mai) l’istituto di sanità (quello statunitense, ovviamente) avrebbe finanziato (per un milione e seicentomila dollari) uno studio del legame tra vaccini e salute riproduttiva delle donne, fin lì non indagato.
(Quando gliene ho parlato, la mia ginecologa mi ha chiesto come diavolo fosse possibile che un vaccino influenzasse l’ovulazione. Ma io neanche so giocare all’Allegro chirurgo, che ne posso sapere).
Il preside della scuola di specializzazione in ostetricia e ginecologia a Yale ha detto al NYT che bisogna vedere se il vaccino influisce sulle irregolarità mestruali o se chi è comunque irregolare si convince dipenda dal vaccino (una dichiarazione cui manca solo «dolcemente complicate»).
Sono, comunque, centoquarantamila tizie («people who menstruate», le chiama il Guardian, ma non apriremo qui la questione della ridicolaggine linguistica nel postmoderno) che dicono di avere stranezze mestruali postvaccino negli Stati Uniti, e trentamila in Inghilterra. Gente che sanguina di più o di meno da quando s’è vaccinata.
È passata un’altra settimana, e una studiosa dell’Imperial College ha definito «plausibile e meritevole d’indagini» il legame tra il vaccino per il Covid e l’alterazione del ciclo mestruale.
Chissà se questo crescendo porterà a uno sbilanciamento del discorso pubblico dal lato del «vabbè, dedichiamo qualche ora a scoprire se c’è un effetto collaterale sul ciclo», invece che da quello del «per carità non dite niente sennò i picchiatelli dicono che il vaccino rovina la fertilità».
Farei però presente che, anche scartando i casi estremi di preghiere decennali per la menopausa (cioè il mio caso), se davvero il vaccino facesse questo effetto avremmo risolto un sacco di problemi. Certo, se ti manda in menopausa a trent’anni può essere un problema, ma come ha saggiamente commentato la mia ginecologa io ne ho 49: «Se anche fosse, è l’età giusta».
L’età giusta nonché la scusa perfetta. Ditelo, alle mie coetanee terrorizzate all’idea che smettere di sanguinare segni la fine della desiderabilità; ma no, non è la fine della sfilabilità delle mutande per sopraggiunta anzianità: è Pfizer.