Forse è il miglior personaggio secondario di “Dune”, il film di Denis Villeneuve tratto dal celebre romanzo di fantascienza di Frank Herbert. Madre del protagonista, concubina del padre, Lady Jessica Atreides fa anche parte di una società segreta esoterica femminile che punta alla nascita del messia. Per definizione, insomma, la storia non ruota intorno a lei: sta nelle retrovie, si muove nell’ombra mentre il figlio evolve e comprende la grandezza del suo destino. «Quando ho letto il copione ho avuto paura di diventare soltanto una teiera», racconta in un’intervista Rebecca Ferguson.
Non la conquistava l’idea di diventare l’equivalente di un oggetto di arrendamento. «Poi ne ho capito la profondità». Per lei, 38enne svedese-inglese regina del blockbuster, dal 2015 presenza fissa del franchise di “Mission Impossible” e impegnata nel 2021 in altri sci-fi thriller come “Reminiscence” insieme a Hugh Jackman, questo è «un ottimo momento per essere donna nell’industria del cinema», ha detto: i ruoli sono più interessanti e si considera fortunata. «Lady Jessica è un personaggio forte. La sua complessità sta nel fatto che è lei che con le sue scelte dà origine al caos e ne paga le conseguenze, anche mettendo a rischio la vita del figlio».
L’approdo all’universo di “Dune”, insieme ad altri attori del calibro di Timothée Chamelet, Javier Bardem, Jason Momoa e Zendaya, è lo sbocco naturale della sua carriera, giocata sul filone della fantascienza, dell’azione e del thriller. Il blockbuster è la sua dimensione: dopo alcune fiction svedesi di successo («Ok, sono una attrice di soap opera famosa nel mio Paese. E adesso?») arriva sull’onda dell’hype nordico inaugurato dai libri di Stieg Larsson alla Bbc, interpreta una nobildonna senza scrupoli in “The White Queen”, miniserie del 2013 e subito dopo viene notata da Tom Cruise. «Quando mi hanno chiamato per dirmi che voleva parlarmi ero in Marocco, in mezzo al deserto, a cavallo di un cammello chiamato Bobby».
Per lei, che aveva esordito a Stoccolma con una carriera di modella (chiusa subito), insieme ad anni di danza e canto, il percorso è tracciato: è una spia inglese dell’MI6 in “Rogue Nation” nel 2015, non cambia ruolo ma solo nazionalità in “La spia russa”, nel 2016, torna al canto in “Florence Foster Jenkins” e sperimenta il thriller psicologico con “La ragazza del treno”. A quel punto prova la fantascienza con “Life”, nel 2017 e torna al thriller psicologico nei panni di una poliziotta molto autonoma in “L’uomo di neve”. L’anno successivo è ancora in “Mission: Impossible – Fallout”, in cui torna a sorpresa nel ruolo di Ilsa Faust e si nota come tra lei e il personaggio di Tom Cruise si sviluppi un’intesa sentimentale (lei stessa, racconta, da ragazzina si era innamorata dell’attore americano, come milioni di altre sue coetanee. A differenza loro, avrà modo di confessarglielo da collega).
Contro ogni sua aspettativa Rebecca Ferguson lavora anche a un film horror («Genere che non ho mai amato»), ma passa per “Men in Black”, firma la terza presenza in “Mission: Impossible”, che uscirà nel 2022 e aggancia appunto “Dune”. Ogni volta salta da un ruolo all’altro stando attenta a evitare caratterizzazioni e stereotipi. O quasi. «Quando Denis [Villeneuve] ha presentato il personaggio di Jessica come “donna forte, vediamo il film attraverso di lei”, ho pensato, “Oh no, è come Ilsa Faust e tutte le altre regine che ho impersonato”. Come faccio a uscirne?»
Alcuni la paragonano, vista la nazionalità, a Ingrid Bergman, ma lei preferisce un confronto con Isabelle Huppert perché «è imprevedibile». Per questo ha provato a fare a pezzi l’idea della femme fatale in “Reminescence” e sempre per questo ha dato più spessore a un Lady Jessica, cercando di mettere in luce le contraddizioni di una matriarca senza scrupoli che soffre per le scelte che impone agli altri. Se ha funzionato, si vedrà con la seconda parte di “Dune”, quando arriverà.