Trasformare la più grigia e pesante burocrazia in storia, memoria della vita della città, partendo dal concetto che ogni azione, mutazione della vita urbana, lascia segni in un qualche libro, registro protocollo. Certo è necessaria una visione che rovesci completamente il rapporto tra il cittadino e l’istituzione, ma se si riesce nell’impresa si apre una pagina di cultura collettiva inimmaginabile. A questo risponde la Cittadella degli Archivi di Milano.
«Il fatto è che in Italia abbiamo un approccio conservativo ed espositivo dei nostri beni. Li immagazziniamo e poi, ogni tanto, li mostriamo. Diverso è un rapporto interattivo e didattico con il patrimonio, divulgandolo: il modo migliore non è certo esporlo, ma farvi interagire i cittadini. Questa è l’idea». A dirlo è Francesco Martelli, che da ormai sette anni si sta dedicando a quella mezza rivoluzione, come direttore della Cittadella.
Tanto per capire fino in fondo quanto rappresenti una sfida, va detto che la Cittadella sorge in un’area post-industriale alla periferia nord di Milano, dove la riqualificazione urbanistica ha iniziato ad incidere da poco, con ancora scheletri di capannoni, discariche dismesse e caserme abbandonate a segnare la geografia del quartiere.
Lì in mezzo, il Comune di Milano ha voluto concentrare in un solo luogo tutti gli archivi: dai registri immobiliari alle registrazioni anagrafiche. Poteva essere solo un gigantesco magazzino, invece, un poco alla volta, sta diventando una sorta di museo della storia milanese. Per riuscirci era necessario iniziare col far convivere la polverosità di registri e faldoni con qualcosa che esprimesse il concetto di bellezza estetica. «Bisognava però che ci fosse una connessione», racconta Martelli, «così è nata l’idea di invitare artisti, anche di fama internazionale, a dare il loro contributo».
Ne è nata una collezione di murales che copre tutto il lunghissimo muro che circonda la Cittadella. «Ma non si tratta di semplici opere: ogni artista ha scelto un elemento d’archivio di Milano, un registro, un evento documentato e su questo ha sviluppato la sua espressione artistica. Ad esempio, un artista spagnolo ha dipinto tre muri, dedicandoli al teatro Girolamo e alla famiglia Colla che per 200 anni ha gestito il teatro delle marionette a Milano. Un pezzetto della storia milanese, con un grande valore tradizionale. O ancora: l’artista Linda Carrara, che ha scelto come ispirazione un piccolo documento d’archivio: nel 1927 ci fu una diatriba tra la provincia di Verbania e la fabbrica del Duomo di Milano per il possesso della cave di Candoglia. Noi abbiamo in archivio tutti i documenti e la trascrizione originale della donazione della cave da parte di Galeazzo Maria Visconti alla Fabbrica del Duomo. Ogni volta che mettiamo mano agli archivi scopriamo documenti che nemmeno sapevamo esistessero».
Da scoprire tra gli scaffali c’è un patrimonio immenso di storia di Milano, scoprendo il Comune come protagonista di eventi che hanno segnato profondamente la vita collettiva. Ci sono centinaia di telegrammi di cordoglio in occasione della morte di Giuseppe Verdi, inviati da tutto il mondo all’istituzione, c’è perfino una lettera della senatrice Merlin, con un appello accorato all’allora sindaco di Milano affinché trovasse sostentamento dignitoso per chi aveva lavorato nelle case di tolleranza della città.
Ci sono le trasformazioni dell’urbanistica, le tracce delle riqualificazioni immobiliari. C’è anche la prima, inimmaginabile testimonianza della presenza di immigrati cinesi: una lettera risalente alla seconda metà dell’Ottocento, inviata da un gioielliere ambulante che lamentava la concorrenza abusiva di un venditore cinese di chincaglierie.
Oggi la missione che si è assunto Francesco Martelli è quella di fare degli archivi una finestra aperta sulla storia di Milano, consultabile da tutti. «Già quest’anno» – racconta – «abbiamo fatto una convenzione con guide turistiche che hanno accompagnato i primi gruppi di visitatori. Ma il progetto guarda ancora più in là. La Cittadella è destinata ad espandersi, comprendendo un’altra area vicina, dove sorgerà l’Archivio Metropolitano di Milano».
Intanto, a immaginarne il progetto sono stati chiamati gli studenti di architettura del Politecnico, con lavori che vengono esposti in un ex magazzino della struttura. È stato poi avviato un processo di digitalizzazione di tutti i documenti: un lavoro enorme, che deve ridurre in file una quantità di documenti che ad oggi, se messi in fila, coprirebbero 400 chilometri.