MetafashionLo shopping dei prodotti d’alta moda sta diventando sempre più virtuale

I brand non si sono mai interfacciati con l’esperienza digitale come durante la pandemia, e lo sviluppo in questa direzione non si è più arrestato. I marchi hanno affinato strumenti immersivi che intrattengono i clienti e facilitano gli acquisti in qualsiasi parte del mondo

AP Photo

È stata la pandemia ad accelerare l’esperienza digitale. Sino ad allora relativamente trascurata, per i marchi di moda – con negozi serrati in ogni parte del mondo – la realtà virtuale è diventata lo strumento salvagente per l’interazione tra brand e consumatori.

E lo sviluppo in questa direzione non ha più decelerato. Nel prossimo futuro le risorse della comunicazione virtuali (VR e AR) sono destinate a funzionare insieme a quelle di sempre. Non solo in quanto strumenti di vendita, ma addirittura in quanto opportunità di guadagno completamente nuove. 

I beni virtuali già hanno cominciato a rappresentare un’opportunità di investimento e relativo guadagno nel metaverso. Vende skin personalizzabili tra gli altri Dior (proprietà LVMH) che, grazie a una partnership con Ready Player Me, ha introdotto in uno spazio interattivo creato ad hoc, avatar 3D costruiti a partire da una foto inviata dall’utente. 

Al di fuori dal metaverso prossimo venturo in ogni caso i negozi virtuali sono oggi definiti da elementi immersivi che intrattengono i clienti e consentono loro di effettuare un acquisto. A differenza delle stazioni VR presenti in alcuni negozi già in passato questi ultimi sono accessibili tramite computer o smartphone e gli elementi non sono statici, il che significa che possono essere continuamente aggiornati. Alcuni di loro consentono ai clienti di navigare in uno spazio digitale 3D come accade con streetview di Google Maps.

Sono partite dapprima le esperienze di marchi Made in Usa come Tommy Hilfigher e Caroline Herrera. Ha fatto sensazione quella di un retailer inglese di biciclette di fascia altissima come Ribble Cycles. E durante il secondo blocco della pandemia Gucci ha cominciato a sperimentare nei sui flagship store europei. Il marchio (sede a Firenze ma parte della conglomerata francese Kering) si è rivolto a Powerfront, società di Los Angeles capace di fornire servizi avanzati per lo shopping virtuale.

Nel negozio di Via Monte Napoleone a Milano, sono ora installate luci e fotocamere per le riprese del caso. Lo shopping on line secondo Gucci prevede, su prenotazione, che un operatore e un assistente fuori campo aiutino l’addetto alle vendite a presentare nel modo più accattivante i prodotti a clienti che possono trovarsi in qualsiasi parte del mondo, ma pure nella stessa città.

Anche il brand Brunello Cucinelli (quotato alla borsa di Milano) ha iniziato a testare Powerfront durante la pandemia. E ha poi costruito – fedele al suo marketing di forte impronta artisanal – “Casa Cucinelli” con studi nel borgo medioevale di Solomeo e contemporaneamente a New York, li ha allestiti con luci, fondali e arredi per i meeting di vendita virtuale. Lo stesso Cucinelli, fondatore del marchio – e da sempre protagonista in persona delle performance aziendali – è intervenuto davanti alle telecamere replicando in VR l’atmosfera più tipica dei suoi passati trunk show.

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