Romantica, spietata, grigia, accogliente: attraverso le canzoni che raccontano Milano si può evincere un ritratto della città in tutte le sue anime e in tutta la sua complessità. Ci sono brani eterni, colonne portanti della milanesità come “Oh mia bèla Madunina”, brano del 1934 che è un po’ come se fosse l’inno della città, e ci sono le hit del momento come “Milano” di Ghali o “Le ragazze di Porta Venezia” di Myss Keta.
C’è chi la celebra, come Giorgio Gaber in “Porta Romana” e chi come Calcutta proprio bene non la vede: «ma Milano è un ospedale e io stasera torno giù e ritorno a respirare» in “Milano” e ancora «Milano Dateo sulla mappa è un neo» in “Sorriso”. Mahmood in “Milano Good Vibes” racconta la durezza del vivere qui: «sopravviviamo in una città arida dal mattino» mentre Manfredi in “20143” la vede diversamente: «Quante volte Milano ci ha dato un posto dove stare/I Navigli in piena notte» e c’è chi, come Lucio Dalla in “Milano”, la descrive in tutto il bene e in tutto il male: «Milano a portata di mano/Ti fa una domanda in tedesco e ti risponde in siciliano/Poi Milan e Benfica/Milano che fatica» mentre con il fraseggio «Tra la ringhiera e il sogno americano/Ci sono anch’io/Milano Milano» gli Articolo 31 condensano perfettamente in “Milano Milano” l’essenza della vita di chi si trasferisce in città con grandi sogni.
Ascoltando i brani dedicati alla città, o quelli che semplicemente la citano, si compone un puzzle di sensazioni e fotografie che abbraccia tutti gli aspetti della vita milanese, non solo: se facessimo un’ipotetica playlist con tutti questi brani avremmo una sorta di storia della città stratificata per epoche. Le canzoni della Ligera, la mala milanese, raccontano un periodo e una città che ormai non esiste più: Nanni Svampa in “La povera Rosetta” racconta dell’omicidio da parte della polizia di una prostituta in piazza Vetra. Ornella Vanoni in “Ma Mi” canta in dialetto «Ma mi, ma mi, ma mi/Quaranta dì, quaranta nott/A San Vittur a ciapaa i bott».
I testi degli anni ‘70 di Enzo Jannacci e Ornella Vanoni descrivevano la Milano popolare degli emigranti e del boom industriale come succede in “Vincenzina e la fabbrica”, brano di Jannacci del 1975, realizzato per far parte della colonna sonora di “Romanzo popolare” di Mario Monicelli. In questo contesto si inserisce anche “Il ragazzo della via Gluck” di Adriano Celentano che fotografa l’espansione urbanistica della città «Anche lui nato per caso in via Gluck/In una casa, fuori città/Gente tranquilla, che lavorava/Là dove c’era l’erba ora c’è/Una città».
La produttività e la dimensione lavorativa legata a Milano sono un topos spesso ricorrente nei brani che cantano il capoluogo lombardo: «Milano Roma/Stadio dei Marmi, Monumentale/Riposo a Roma, sudo a Milano» è la visione dei The Giornalisti in “Milano-Roma” mentre Roberto Vecchioni in “Luci a San Siro” baratterebbe volentieri lo stipendio della città per ritrovare amore e libertà «Milano mia portami via fa tanto freddo e schifo e non ne posso più/facciamo un cambio prenditi pure quel po’ di soldi quel po’ di celebrità ma dammi indietro la mia seicento».
La Milano produttiva, la Milano elegante, ma anche la Milano delle periferie: ancora Giorgio Gaber in “La Ballata del Cerutti Gino” dice «Invece, invece niente, ho fatto una ballata/Per uno che sta a Milano/Al Giambellino/Il Cerutti, Cerutti Gino» e ancora i Vallanzaska (gruppo ska degli anni ’90 che ha preso in prestito e rimaneggiato il nome di uno dei criminali milanesi più famosi, Renato Vallanzasca) in “Boys from Comasina” cantano «Boys from Comasina domani rapina/Col piede di porco ed un cicchetto di Porto/Per farsi coraggio che non si sa mai». Anche Le Luci della centrale elettrica cantano la Milano disagiata e criminale in “Nei garage a Milano” nord «Dalle p-38 caricate a sale/Milano da bere, Milano da pere/Amori interinali e poliziotti di quartiere/Nei bar deserti sui navigli/Per ammazzare il tempo ci siamo sconvolti».
E poi ci sono la miriade di storie di chi si innamora a Milano: c’è chi la vede un’impresa impossibile, come Ornella Vanoni in “Innamorarsi a Milano”: «Sapessi com’è strano/Sentirsi innamorati/A Milano/Senza fiori, senza verde/Senza cielo, senza niente/Fra la gente, tanta gente» e chi invece la ritiene una città accogliente per gli innamorati come i Baustelle che, in “Un romantico a Milano”, cantano «Scusi/Che ne pensa di un romantico alla Scala?/Quando canta le canzoni della mala scola/Quasi centomila Montenegro e Bloody Mary/Mocassini gialli e sentimenti chiaro-scuri/Cara/Scriverà sulle tovaglie dei Navigli/Quanta gioia, quanti giorni, quanti sbagli».
E ancora, La Municipal in “Discografica Milano”: «Del rincorrersi a Milano/Cosa ci è rimasto dentro?/Ma eri un’altra persona in via Lecco 1/Che tenevi per mano il nostro destino/E anche Porta Venezia sapeva il futuro/Che saresti passata, che saresti cambiata» oppure Fabio Concato in “Domenica Bestiale”: «Sapessi amore mio come mi piace/Partire quando Milano dorme ancora/Vederla sonnecchiare/E accorgermi che è bella/Prima che cominci a correre e ad urlare» e Coez in “È sempre bello”: «Stamattina col sole era bella anche Milano/E tu che abbassi gli occhi quando dico che sei sempre più bella/Sei sempre più bella» fino a Fabrizio Moro che non può essere più chiaro in “Ti amo anche sei di Milano” e Viito che a una ragazza, in “Bella come Roma”, dice «Sei bella come Roma/Stronza come Milano».
I Coma Cose, duo artistico che nel milanese ci è nato, a Milano sud ha dedicato non solo il titolo di un album, “Inverno Ticinese”, ma svariati versi in svariate canzoni: «Apro una Porta Genova senza maniglia» in “Post Concerto”, «Questa notte la mia gola è/Messa peggio di via Gola/…/La Darsena è migliore della Costa Azzurra/Sarà forse che ho preso questa botta assurda/Però questo Naviglio è meglio della Senna/Ché di sicuro non ci muori in curva» in “Via Gola” e ancora «Ci vediamo, che ne so, magari in Darsena/A bere l’ultima da Peppuccio» in “A Lametta” (Peppuccio è il mitico gestore di un tabacchi che si affaccia proprio sulla Darsena e che rimane aperto fino a tarda notte) fino a «Ho qui nel cuore una ferita e non so ricomporla/Che non mi basta neanche l’ago e il filo di Cadorna» in “Beach Boys Distorti”.
Il rapper Dargen D’amico è ancora più chiaro nel dichiarare amore alla città e nella sua “Amo Milano” piazza pure l’intro in dialetto «Chès chi in chi ciapa su uhh ciapa su la Scighera» dove scighera è il termine milanese che indica quella nebbiolina fine che, spesso, la mattina e la sera, avvolge come una coperta la città.
Playlist:
Oh mia bela Madunina – Giovanni D’Anzi – 1934
Ma Mi – Ornella Vanoni – 1961
Porta romana – Giorgio Gaber -1964
Il ragazzo della via Gluck – Adriano Celentano – 1966
Innamorarsi a Milano – Ornella Vanoni – 1969
La povera Rosetta – Nanni Svampa – 1970
Luci a San Siro – Roberto Vecchioni – 1971
La ballata del Cerruti Gino – Giorgio Gaber – 1972
Vincenzina e la fabbrica – Enzo Jannacci – 1975
Milano – Lucio Dalla – 1979
Domenica besatiale – Fabio Concato – 1982
Boys from Comasina – Vallanzaska – 1995
Milano Circonvallazione Esterna – Afterhours 1999
Milano Milano – Articolo 31 – 2002
Un romantico a Milano – Baustelle – 2005
Nei garage a Milano nord – Le Luci della città Elettrica – 2007
Ti amo anche se sei di Milano – Fabrizio Moro – 2007
Milano – Calcutta – 2015
Amo Milano – Dargen D’amico – 2015
Discografica Milano – La Municipal – 2016
Le ragazze di porta venezia – Myss Keta – 2016
Milano – Ghali – 2017
20143 Milano Navigli – Manfredi – 2017
Milano-Roma – The Giornalisti – 2018
Bella come Roma – Viito – 2018
Post Concerto – Coma Cose – 2018
Via Gola – Coma Cose – 2019
A Lametta – Coma Cose – 2019
Beach Boys Distorti – Coma Cose 2019
Sorriso (Milano Dateo) – Calcutta – 2019