«Il nostro sistema fiscale compie è vecchio di cinquant’anni, e li dimostra tutti: in questo lungo arco di tempo è cambiato tutto, dal mercato del lavoro alla composizione di un reddito familiare. Allora il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve essere usato non per tanti piccoli interventi, ma per un cambiamento strutturale». Lo ha detto il deputato di Italia viva e presidente della Commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin intervenendo al primo panel del Linkiesta Festival, “Il Pnrr allla prova. Lavoro, impresa e territorio”.
Al fianco di Luigi Marattin c’erano il segretario della Fim-Cisl Roberto Benaglia, la deputata del Partito democratico Chiara Gribaudo e l’amministratore delegato di Adecco Andrea Malacrida, coordinati da Lidia Baratta.
Nel suo intervento, Marattin ha anche criticato una scarsa attenzione verso i provvedimenti in materia fiscale previsti nel Pnrr. «Sono previsti otto miliardi, ma sono pochi dal momento che c’era margine per portare quella quota a 23 miliardi», ha detto il deputato di Italia viva. «In più – ha aggiunto Marattin – questa cifra va spesa dal primo gennaio, quindi hanno una priorità massima, ma gli sforzi fatti finora non sembrano andare in questa direzione».
Il Pnrr porterà nei prossimi anni una enorme quantità di investimenti in Italia e il governo dovrà servirsene per finanziare progetti in grado di risolvere i problemi strutturali del Paese e affrontare le sfide dei prossimi anni, come la trasformazione del mondo del lavoro.
Sul capitolo occupazione, il segretario della Fim-Cisl Roberto Benaglia ha detto che la principale critictà da considerare per i nuovi investimenti è adeguare il mercato del lavoro alle trasformazioni recenti, portate soprattutto dalla rivoluzione digitale: «Il lavoro sta cambiando profondamente, cambiano le competenze richieste per poter entrare nel mercato del lavoro».
È una delle eredità di questa pandemia: le filiere produttive sono in completa trasformazione, un’evoluzione che ha schiacciato sull’acceleratore in maniera quasi improvvisa. «È anche una conseguenza della globalizzazione – dice Benaglia – che sta mangiando se stessa. Vediamo l’industria dell’auto che paga la carenza di semiconduttori. L’Europa sta facendo un’enorme fatica e servono politiche di redistribuzione. Bisogna subito mettere nelle tasche dei lavoratori il massimo del bonus fiscale».
I fondi del Pnrr, aggiunge Benaglia, devono contribuire anche a colmare l’enorme buco dell’Italia sulle politiche attive, «che sono la grande incompiuta dell’economia italiana»; riformulare la flessibilità del lavoro che è un tema sempre più discusso a livello europeo e mondiale; attirare investimenti privati; investire nella formazione per ridurre il gap che frena l’occupazione di giovani e donne.
Per la deputata del Partito democratico Chiara Gribaudo, il Pnrr presenta già ottimi interventi per il mercato del lavoro, «con i ministri Orlando e Bonetti si vedono miglioramenti per l’occupazione delle donne» ma sul fronte dell’occupazione giovanile «si poteva fare qualcosa in più per un paese che ha il 30% di giovani disoccupati».
Un esempio? Intervenire su apprendistato e stage: «In questi due anni e mezzo si sono usati troppo gli stage, dobbiamo ricostruire un modello di giustizia sociale. L’apprendistato va reso più snello, più flessibile, però deve essere rafforzato per diventare un contratto a tempo indeterminato. La realtà è che negli ultimi anni sulle politiche dei giovani si è fatta troppa demagogia: non è vero che sono bamboccioni, non sono stati aiutati».
Molti provvedimenti presi dagli ultimi governi non hanno funzionato. Andrea Malacrida, amministratore delegato di Adecco, ricorda la formazione dei navigator con il decreto dignità: «Dopo tre anni ci troviamo a fare i conti con i risultati di iniziative poco efficaci o nulle, che sono sostanzialmente tempo perso».
Adecco ha realizzato un white paper per studiare i progetti del Pnrr e ha stimato nel triennio 2024-2026, quasi 400mila impieghi femminili, quasi 100mila tra i giovani. Un risultato, frutto del lavoro e delle competenze del governo Draghi, «che ribaltano la prospettiva rispetto alle misure dei governi precedenti, che hanno creato incertezza: si veda il reddito di cittadinanza che ha preoccupato le aziende perché ha frenato molte persone dal mettersi in gioco».
Resta da capire se per un’efficace attuazione delle politiche del Pnrr la continuazione del governo Draghi sia la soluzione più auspicabile – o se invece il premier abbia un futuro al Quirinale, come successore di Sergio Mattarella.
Marattin ha schivato la domanda, ma per Malcrida e Benaglia non c’è dubbio: la stabilità delle istituzioni in questa fase sarà un fattore decisivo, e le competenze oggi al governo – vista anche la differenza con i governi precedenti – sono da proteggere e mantenere a tutti i costi.