Esiste un simbolo più iconico di Torino rispetto ai caffè storici? Noi non crediamo, perché se è vero che la città sabauda è il luogo perfetto per gustare nelle tante trattorie che la animano le ricette regionali della tradizione, come il vitello tonnato, i plin e i tajarin, il bollito, il bönet e la panna cotta, è altresì vero che nulla, più dei salotti d’antan che popolano il centro, è più identitario tra le vie e le piazze del capoluogo piemontese.
In fondo, i piatti della tradizione si possono anche assaggiare altrove in Piemonte e oltre regione. I caffè storici, però, non si possono trovare in queste concentrazioni in nessun altro luogo d’Italia. Forse, solo Genova e Trieste sono altre località paragonabili ma è solo a Torino che il legame tra i cittadini e gli storici locali – diventati nel tempo delle vere e proprie icone – rende questa semplice favola una leggenda e addirittura un’associazione, costituita di recente, e composta da sette degli antichi bar e pasticcerie più noti della città: Caffè Storici e Salotti Sabaudi. Se dovessimo elencare gli imperdibili per un torinese o turista, quali sarebbero? Ne abbiamo raccolti dieci, in ordine alfabetico. In comune, condividono l’autenticità dei prodotti che servono ancora nelle sale e, in tutti i casi fatta eccezione per uno, la fedeltà architettonica all’epoca nella quale sono nati. Tutti sono bar e pasticcerie, alcuni di questi con specializzazione su cioccolateria, gelateria o confetteria.
Al Bicerin
Nel quartiere del Quadrilatero Romano, nei pressi di Porta Susa e Porta Palazzo, si trova il locale più antico della lista. Aperto nel 1763 dall’acquacedrataio Giuseppe Dentis, questa caffetteria, cioccolateria e confetteria nata come bottega è tuttora nota sia per i famosi personaggi che l’hanno frequentata – da Camillo Benso a Nietzsche, passando per Puccini, Eco, Calvino e Gozzano – sia per la bevanda che ha poi dato il nome al locale, il bicerin. Di cosa si tratta? Di una ricetta che prevede di servire in un bicchierino senza manico – il bicerin, rigorosamente senza mescolare – caffè espresso, cioccolata calda e fior di latte. In origine, la bevanda settecentesca si chiamava bavareisa e, quella che noi beviamo oggi, è l’unica delle tre versioni resistite: la ‘n poc ‘d tut, in piemontese “un po’ di tutto”, perché prevede appunto la presenza di latte, caffè e cacao. Nel locale vanno gustati anche lo zabaione e la torta “Bicerin” al caffè e cioccolato. Per provare un’esperienza interamente torinese, la merenda reale, bisogna ordinare il bicerin nel pomeriggio, accompagnato dai bagnati, i biscotti artigianali di pasticceria secca, nati secoli fa proprio per essere inzuppati.
Caffè Baratti&Milano
Avete presente quel cioccolatino quadrato composto da tre strati, due esterni di gianduja e uno interno di pasta di nocciole, oppure di caffè o limone? Ecco, è nato qui, dall’inventiva di Ferdinando Baratti, all’epoca socio insieme a Edoardo Milano. Stiamo parlando del cremino, cioccolatino dal gusto riconoscibile apprezzato ancora oggi. Lo storico locale situato al numero civico 27 di Piazza Castello presso la Galleria Subalpina – inaugurata da poco, all’epoca dell’apertura – deve il suo nome ai due confettieri canavesani che hanno concepito il caffè. Queste sale, in cui l’attività si è spostata dal 1875 – dall’avvio del 1858 si trovava in via Dora Grossa 43, l’attuale via Garibaldi – sono state frequentate nel tempo da personalità come Luigi Einaudi, Giovanni Giolitti e Massimo D’Azeglio, tanto che il caffè è divenuto poi fornitore ufficiale della Real Casa. Dalla nascita del cremino a oggi ne sono nate infinite versioni e imitazioni. Sebbene quella originale rimanga quella classica, non si può chiudere occhio davanti alle altre varianti proposte da Baratti&Milano: extra noir, tiramisù, tartufo, nocciolato, wafer, pistacchio, mandorla e 4 strati.
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Caffè Elena
Porta il nome femminile questo storico caffè di Piazza Vittorio, da anni icona della movida torinese, a pochi passi dalla Gran Madre e dalla Mole Antonelliana. Un tempo il bar preferito da Cesare Pavese, ha aperto le porte nel 1899 e si è configurato negli anni come luogo d’incontro e dibattito culturale, alla pari degli altri caffè presenti in questa lista. Situato all’interno di un palazzo ottocentesco, è il luogo dove, tra il 1899 e il 1902, Giuseppe Carpano perfezionò la ricetta del vermouth messa a punto dal suo antenato Antonio Benedetto Carpano, come attesta l’insegna della ditta presente nella lunetta della sovrapporta all’ingresso. Perché bisogna sceglierlo? Per una soleggiante colazione la domenica, nel dehors con vista sulla piazza e sulla collina, assaggiando cornetti, biscotti, fette di torta di pasticceria. Si presta anche a un’autentica merenda con cioccolata calda/Bicerin e bagnati d’inverno e, in estate, con bisquit freddo (cioccolata) in abbinamento a torcetti, lingue di gatto e canestrelli.
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Caffè Fiorio
È uno dei caffè più antichi dell’intera città, tanto che risale al 1780, anno in cui sorgeva in contrada di Po, l’attuale via Po. Punto di riferimento per ufficiali, diplomatici e nobili – uno degli appellativi del locale era il “caffè dei codini” – il locale ha acquisito l’attuale nome solo con il passaggio di gestione avvenuto all’inizio dell’Ottocento, che lo ha visto passare nelle mani dei fratelli Fiorio. Frequentato tra gli altri anche da Carlo Alberto che era solito dire “Che si dice al Caffè Fiorio?” per aprire le sue udienze – a certificare dell’importanza politica del luogo – dopo l’Unità d’Italia l’attività è passata sotto numerosi rinnovi l’ultimo dei quali ha visto la chiusura temporanea delle sale, da gennaio 2022, per urgenti lavori di manutenzione e di rinnovo. Specialità del locale sono il gelato, il cui tabù femminile di mangiarlo in pubblico è stato sdoganato proprio dalla moda lanciata da Fiorio, e la cioccolata con panna. Alla stessa proprietà – Nicola Cesaro – afferiscono anche l’altro punto vendita di Piazza Castello e il duecentesco Caffè Torino in Piazza San Carlo.
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Caffè Platti 1875
Dici Platti e pensi subito all’importante anniversario che sta per compiere, quello dei 150 anni. Il locale dalle tante facce – cioccolateria, pasticceria, confetteria e caffetteria – è una perla di storicità situata a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova, all’angolo tra Corso Vittorio e Corso Re Umberto. Qui, dove si sono accomodati ai tavoli ospiti del calibro di Cesare Pavese, Luigi Einaudi e Mario Soldati, i torinesi vengono per stare (bene) insieme e per assaggiare ciò che il desiderio ha voglia di soddisfare in quel momento. Da non perdere la torta Platti al cioccolato, la cioccolata calda al Cointreau con scorzetta di arancia e le bignole. Dal 2 ottobre 2021, a prendere le redini del locale, c’è il nuovo imprenditore Roberto Munnia che ha raccolto il testimone di Claudio Saracco. L’obiettivo futuro è quello di far diventare Platti un luogo del gusto, che possa comunicare verso un pubblico internazionale, oltre che torinese. Per farlo, la scelta è quella di rendere più contemporanea l’offerta ristorativa, verso una clientela business, e di arricchire la scelta a disposizione del pubblico, per esempio con l’aggiunta dei tipici fine pasto francesi, i cafè gourmand. Ultima, ma non da meno, l’intenzione di volerne fare un punto di riferimento anche fuori dal locale, attraverso l’attività di catering per eventi e matrimoni. Alla guida della pasticceria? Luciano Stillitano.
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Gelateria Pepino
1884. In Piazza Carignano e in Piazza Solferino il gelataio di origini napoletane – emigrato al nord con la propria famiglia del settore e con gli strumenti, gli stampi e il materiale di produzione e confezionamento – inaugura rispettivamente un laboratorio di gelateria e un punto vendita dove servire gelati e sorbetti: la “Vera Gelateria Artigiana”. Il 17 giugno 1916, decide di cedere il marchio per 10.000 lire con i suoi brevetti e le sue ricette segrete, pur mantenendone il nome, al dolciario industriale Giuseppe Feletti e al genero Giuseppe Cavagnino. Così, l’attività si trasferisce nell’altra più centrale piazza, dove regna tuttora, con la denominazione “Gelateria Napoletana Pepino”. Il laboratorio, invece, trasloca nel più ampio spazio di via Verdi 33, dove grazie al ghiaccio secco l’esportazione dei prodotti incrementa notevolmente, con aperture ad Alassio, Milano, Roma, Parigi e Nizza. Nel 1939 nasce l’azienda brevetta l’iconico Pinguino, un gelato in stecco, racchiuso in un involucro di cioccolato, più volte imitato da concorrenti nazionali e internazionali ma senza lo stesso risultato. Il Pinguino è il primo gelato ricoperto su stecco al mondo e, ai tempi, viene venduto al simbolico prezzo di 1 lira. Altra attività fornitrice della Real Casa, ha il merito di non essersi mai snaturata nel tempo, nonostante i servizi offerti si siano arricchiti con colazioni, ristorazione, aperitivi – in Piazza Carignano – e catering. Alcuni prodotti freddi si possono gustare anche in selezionati punti del mondo Ho.re.ca e adesso, alla guida dell’azienda, vi è il pronipote di Giuseppe Cavagnino: Edoardo.
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Ghigo
Se in tanti di questi locali gli avventori locali e non possono percepire una sensazione paradisiaca, per rimanere in tema qui è nata la Nuvola. Di cosa si tratta? Un pandoro ricoperto di crema al burro e zucchero e velo, che rappresenta un soffice e dolce abbraccio di profumi e sapori, immancabile nelle feste: nella monoporzione ma ancor di più nella grande variante da condivisione. Per i torinesi e per chi ne veste i panni anche solo per un giorno. Ghigo, locale storico aperto nel 1870 da Bartolomeo Ghigo come latteria per la produzione e vendita di formaggi freschi, è prima stato convertito in cremeria-pasticceria a metà del secolo scorso, con un ampliamento degli spazi che ha incluso la vicina macelleria, e poi ceduto dalla famiglia, nel 1986. Adesso, negli storici spazi restaurati un paio d’anni fa con un importante tocco di modernità, bisogna venire anche per i marron glacés, considerati tra i migliori di Torino, e per la cioccolata calda con panna montata, che qui viene preparata in loco.
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Mulassano
Chi non conosce il tramezzino? Se facessimo questa domanda di fronte a una platea di torinesi la risposta non potrebbe che essere incoraggiante ma, essendo il prodotto conosciuto anche a livello nazionale, il risultato non sarebbe poi così diverso con un pubblico extra-regionale. Nonostante questa premessa, in pochi sanno che il tramezzino è nato a Torino e, in ancor meno, dove di preciso. La storia ci riporta che sia originato al Caffè Mulassano, in Piazza Castello. Nel locale che conserva ancora il fascino d’altri tempi – si veda, per esempio, il soffitto a cassettoni – correva l’anno 1925 quando si assisté all’invenzione firmata dai nuovi gestori Onorino Nebiolo e Angelina Demichelis. Tornati dall’America, dove la donna era andata sposa bambina a Detroit, i due riuscirono ad acquistare il locale di proprietà della famiglia – con una spesa di 300 mila lire per la sola licenza – per servire i primi toast di Torino, grazie al tostapane importato dagli USA, e i tramezzini. La differenza era rappresentata dal fatto che lo stesso pane non veniva tostato e, al suo interno, accoglieva condimenti più gustosi. Di anni ne sono passati quasi 100 e, se andate in questo bar-pasticceria, troverete ancora moltissimi tramezzini, ribattezzati così pochi anni dopo l’invenzione da Gabriele D’Annunzio che, nella sua mente, voleva intendere un diminutivo di tramezzo, ovvero di pausa a metà strada tra la colazione e il pranzo, utile per consumare una merenda o uno spuntino.
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Pfatisch
Siamo alle spalle della stazione di Torino Porta Nuova, questa volta sulla sinistra, su via Sacchi, nel rinomato quartiere Crocetta. Era il 1915 quando in via Gioberti nacque, grazie al maestro fossanese di origini bavaresi Gustavo Pfatisch la pasticceria Pfatisch, poi trasferitasi sei anni dopo nella più ampia sede attuale, nel palazzo liberty in stile art dèco. Dal 1934 la gestione del locale è passata al già socio Carlo Ferraris e, ad aprile 2020, alla squadra guidata da Francesco Ciocatto. Qui si viene per assaggiare i tanti prodotti a base cioccolato (creme, tavolette, gianduiotti, praline): un culto da ammirare anche nel seminterrato, dove è presente un vero e proprio museo, con le macchine di una volta ancora perfettamente funzionanti. L’iconica specialità del locale da non perdere è però Il Festivo, una torta nata all’inizio degli anni ’60, realizzata con due dischi di meringa al cacao farciti di crema chantilly al cioccolato e ricoperti da granella di cioccolato, con un caratteristico ciuffo di cioccolato sfoglia. Anche in questo caso siamo di fronte a un ex fornitore della Real Casa e a un salotto frequentato da personalità di un certo spessore, come Cesare Pavese, Natalia Ginzburg, Primo Levi, Mario Soldati, Indro Montanelli e Roberto Bobbio. Piccolo appunto: il fondatore dei Baci di Alassio – dolcetti liguri simili ai baci di dama, ma composti da due semisfere e base di cacao e nocciole, unite da una ganache al cioccolato – si era specializzato proprio a Torino, sotto l’ala di Gustavo Pfatisch. E non è un caso, infatti, che probabilmente l’unico dolce ligure contenente cioccolato, nato nel 1919, abbia origini piemontesi.
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Stratta
Da sempre, un torinese che ama la sua città ne apprezza le sue incantevoli piazze del centro. Ci sono le più intime Carignano e Carlo Alberto, le più grandi Vittorio e Carlina e la più particolare San Carlo. Il motivo dell’unicità? La presenza di due chiese, le cosiddette “gemelle”, presenti nel lato sud della piazza. La prima, quella dedicata a San Carlo, è stata completata dal 1619 al 1835, la seconda, di sinistra e dedicata a Santa Cristina, dal 1639 al 1716. Proprio in corrispondenza del lato di quest’ultima, a metà piazza sotto il porticato si trova un altrettanto storica testimonianza dell’epoca. È la pasticceria e confetteria Stratta, qui inaugurata nel 1836. Fornitrice della Real Casa e presente come membro della giuria dell’Esposizione Mondiale del 1911 a Torino, si è fatta apprezzare negli anni (e ancora oggi) per l’estrema qualità in tutti i settori che ha di volta in volta sviluppato. Se bisogna proprio scegliere alcuni prodotti da degustare, allora vada per le Meringhette di Cavour, presenti sulle fatture degli ordini della casa reale, per le bignole, per i marrons glacés, una delle specialità sin dall’apertura, e per la Torta Adri, con pan di spagna, crema pasticcera resa più leggera, frutti di bosco, coulis di lampone e granella di nocciole del Piemonte.
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