In guerra contro Facebook. L’ultimo avversario dichiarato del PiS, il partito conservatore al governo in Polonia, è Meta, la società californiana madre del social network: l’azienda fondata da Mark Zuckerberg ha oscurato la pagina di Konfederacja, un movimento politico di estrema destra. «Ci opponiamo fermamente a questo oscuramento, riteniamo che non sia l’approccio corretto per una piattaforma che è parte essenziale della vita sociale e politica in Polonia e in ogni altro Paese dell’Unione Europea», ha dichiarato Janusz Cieszyński, segretario di Stato per la digitalizzazione.
Sono finiti sotto accusa i contenuti di incitamento all’odio e quelli di disinformazione sui vaccini che, nonostante l’opposizione dell’esecutivo, serviranno al governo del premier Mateusz Morawiecki per sponsorizzare il suo “Freedom Act”, il disegno di legge sulla libertà di parola su Internet – prevede una multa di 50 milioni di zloty, 11 milioni di euro, per i social media che non rispettano le regole – fermo da mesi in Parlamento.
Alla destra del PiS
Distanza, ma anche reciproca convenienza. Si può definire così il rapporto tra il PiS e i gruppi politici che stanno alla sua destra: l’indicazione è valida sia per Zjednoczona Prawica, la coalizione della Destra Unita – oggi al potere a Varsavia –, sia per chi si trova al di fuori del perimetro governativo.
Nonostante la frequente convergenza di vedute e il tentativo di coprirsi le spalle, il governo non naviga in buone acque: sono sempre più frequenti le voci di elezioni anticipate già nel giugno 2022, con il termine naturale della legislatura nell’autunno 2023.
Tra il PiS e il suo alleato, Polonia Unita – il cui leader, Zbigniew Ziobro, è il promotore del “Freedom Act” – il rapporto è ormai ai minimi termini: il partito del premier Morawiecki contesta la linea dura dell’alleato su molti temi come l’Olocausto, la riforma fallita della magistratura, la controversia su Pegasus e soprattutto il confronto legale e finanziario con Bruxelles.
Uno scoglio, quest’ultimo, che rischia di essere quello più difficile da superare: la Commissione europea ha infatti posto condizioni stringenti al governo di Varsavia per ottenere i fondi del Recovery Plan. Senza i soldi del Recovery il PiS però non ha i fondi per il suo Polish deal, un piano di riforma fiscale e di taglio delle tasse su energia e carburante che entrerà in vigore tra il 2022 e il 2023.
Per questo motivo il tema è particolarmente sensibile per il governo, intenzionato sì a combattere Bruxelles, ma anche ad avere i fondi, essenziali per il benessere dei cittadini polacchi. Il premier Morawiecki gioca così alla politica dei due forni: da un lato cerca di mantenere un certo rapporto con Bruxelles, dall’altro ne combatte i princìpi contestando la primazia del suo diritto; rifiutando di pagare la multa da 500 mila euro al giorno per la miniera di lignite di Turów e tessendo i rapporti con i suoi principali avversari (chiedere a Viktor Orban per informazioni).
Una scelta che potrebbe anche pagare in termini elettorali, dal momento che gli elettori del PiS vengono dalle fasce più basse della popolazione, ma che non potrà essere portata avanti a lungo: per mantenere il potere, il partito avrà bisogno di alleati. E se da un lato Polonia Unita ha cominciato a posizionarsi in maniera politicamente ostile a Bruxelles, dall’altro c’è chi è ancora più euroscettico. È il caso proprio di Konfederacja, il cui arrivo al potere porterebbe decisamente in cima alla lista una possibile “Polexit”. Per questa ragione la minaccia delle elezioni non sembra al momento praticabile, né per il governo di destra né per la sua opposizione.
La sinistra è ancora frammentata
Le elezioni anticipate non convengono nemmeno ai partiti di sinistra: secondo un sondaggio IBRiS per Rzeczpospolita, il 64% dell’opinione pubblica ritiene che l’opposizione non sia pronta a prendere il potere in questo momento, mentre soltanto il 25% pensa che lo sia.
Il risultato per l’opposizione non va meglio nelle intenzioni di voto: secondo Politico Europe attualmente ci sarebbe il PiS in testa, con circa il 36% dei voti, seguito da Coalizione Civica (25%), Polonia 2050 (13%) e Konfederacja (10%). «Non sono sicuro di dover pregare per elezioni anticipate, visti i possibili risultati», ha dichiarato Donald Tusk, capo di Piattaforma Civica, il movimento d’opposizione più importante all’interno del cartello di Coalizione Civica.
Il rientro in Polonia dell’ex presidente del Consiglio europeo, all’inizio salutato con grande entusiasmo, fin qui non ha sortito grandi effetti visto che le opposizioni restano divise.
Nonostante Tusk si stia battendo per denunciare i rischi legati a una Polexit, l’opposizione avrebbe bisogno di persuadere almeno il 10% in più di potenziali elettori per rompere l’impasse, e può farlo solo mostrando alla gente che una politica “dopo il PiS” esiste e può accogliere tutti.
«Il concetto di un fronte congiunto europeo-democratico ha senso, eppure tra i partiti, come Polonia 2050, Coalizione Civica e la sinistra prevale ancora una certa gelosia», aveva evidenziato il sociologo Jacek Kucharczyk, presidente dell’Istituto per gli affari pubblici (ISP) di Varsavia, in un’intervista dello scorso novembre a Euractiv.
Non è dello stesso avviso Szymon Hołownia, leader di Polonia 2050. «Dobbiamo convincere i non convinti: non possiamo continuare a fare la stessa cosa aspettandoci risultati diversi», ha dichiarato ai microfoni di Polsat News. Secondo il capo di Polonia 2050 per vincere serve «organizzare un vero dibattito tra i leader dell’opposizione, visitare ogni distretto del Paese e allestire una vera e propria “offensiva” online contro il PiS».
Di liste congiunte con il Piattaforma civica per il momento non se ne trova traccia anche perché «così non abbiamo speranza di vincere». L’impresa sarà ardua per Donald Tusk visto che al momento pare difficile riuscire a organizzare un fronte congiunto in vista delle prossime elezioni parlamentari, previste per l’autunno 2023, ma sarebbe praticamente impossibile se queste venissero anticipate. E a trarne vantaggio sarebbe, come al solito, il PiS.