Concorrenza slealeLa battaglia (impari) per il controllo del cloud in Europa

Le società del Cispe hanno denunciato alla Commissione Ue il comportamento scorretto di alcune aziende che stanno abusando delle licenze software per far rimanere i clienti nella propria infrastruttura, non permettendo ai provider più piccoli di competere

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Pixabay

«I fornitori di software stanno approfittando di una posizione dominante sul mercato per spingere i clienti a utilizzare anche la loro infrastruttura di cloud». Il messaggio, preoccupato e urgente, è arrivato sulla scrivania della Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, nonché Commissaria Antitrust, Margrethe Vestager. A inviarlo sono state le 41 società del Cispe – l’associazione europea che riunisce chi offre servizi cloud, tra cui anche Amazon Web Services – che hanno deciso di fare squadra contro i colossi dell’informatica.

Secondo il Cispe alcune aziende stanno abusando delle licenze software per bloccare i clienti nella propria infrastruttura cloud, non permettendo ai provider più piccoli di competere. È, ad esempio, quel che sta facendo Microsoft: la società di Redmond ha un comportamento anticoncorrenziale che spinge chi acquista un suo software – come il pacchetto Office – a usare anche il suo servizio di cloud.

Un atteggiamento sleale, anticoncorrenziale, che frena la crescita di piccole imprese e start-up innovative, che vengono di fatto escluse dal mercato. Queste pratiche creano una distorsione sistemica all’interno del mercato: non si può intervenire caso per caso provando a tutelare i singoli provider, ma sono necessarie misure ex ante.

È per questo motivo che i membri del Cispe cercano una sponda in un alleato potenzialmente decisivo come l’Unione europea, che potrebbe intervenire grazie al suo Digital Markets Act (Dma) – il nuovo strumento normativo che tutela la concorrenza sui mercati digitali.

Con il Digital Services Act, il Digital Markets Act è al momento in discussione tra Commissione, Parlamento e Consiglio europeo. Il bersaglio delle regole approvate dagli eurodeputati sono in particolare le aziende digitali che assumono il ruolo di gatekeeper, cioè coloro che hanno il controllo dell’accesso ai servizi online da parte dei cittadini – quindi social network, motori di ricerca, sistemi operativi, servizi di pubblicità online, servizi di condivisione di video.

Nella lettera indirizzata alla vicepresidente Vestager, i membri del Cispe chiedono che i colossi con posizione dominante nel settore dei software – vengono citate anche Oracle e Sap – rientrino nel perimetro di applicazione del Digital Markets Act. «Oggi è essenziale che il Dma includa rimedi chiari per fermare le pratiche sleali da parte dei gatekeeper del software. Bastano piccoli chiarimenti per colmare questa lacuna critica», si legge nel messaggio.

Tuttavia, le società del Cispe firmatarie della lettera temono che il linguaggio e gli esempi inseriti nel Digital Markets Act non siano sufficientemente forti da garantire la chiarezza giuridica necessaria per salvaguardare il loro settore: una mancanza di specificità potrebbe essere sfruttata da giganti dell’informatica, anche intervenendo in sede legale, eventualmente per ritardare gli effetti del Dma.

Nel testo della lettera si legge ad esempio del caso di NextCloud Inc., società che ha presentato una denuncia all’Antitrust europeo contro Microsoft, sottolineando che l’azienda non può permettersi di aspettare un’eventuale «vittoria nel contenzioso tra 10 anni o più, quando la competitività sul mercato non sarà recuperabile».

L’attuale versione del Digital Markets Act, infatti, dovrebbe essere modificata per garantire che all’interno del suo perimetro rientrino anche le aziende fornitrici di software: l’ultima bozza fa riferimento soprattutto ai motori di ricerca.

«La nostra finestra di opportunità per preservare il mercato dell’infrastruttura cloud si sta chiudendo rapidamente: il Digital Markets Act potrebbe garantire che il mercato europeo sia libero, aperto e competitivo», scrive il Cispe. «Più di 2.500 dei principali CIO europei e quasi 700 delle più grandi imprese e istituzioni in Europa, nonché numerosi eurodeputati, esperti di concorrenza e innovatori, hanno proposto emendamenti e sollevato preoccupazioni durante le discussioni parlamentari per la mancanza di rimedi contro l’abuso dei gatekeeper all’interno del Digital Markets Act. Senza nuovi accorgimenti le pratiche sleali proseguiranno liberamente».

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