I burger di domaniMilano è sempre più vegana: è solo una moda?

La città sta virando decisamente verso il “meat-free”: ma quanto questo sia il riflesso di un trend in ascesa e quanto invece frutto di un’accresciuta sensibilità verso l’ambiente è difficile da dire. Abbiamo provato ad andare a fondo della questione

Veganuary è un’associazione nata nel 2014 nel Regno Unito con una finalità: promuovere uno stile di vita volto a proteggere l’ambiente dal riscaldamento globale, gli animali dalla sofferenza e in generale la salute di chi sceglie di abbracciare la loro proposta: una dieta vegana. Il nome, Veganuary, è una crasi tra “vegan” e “January” perché il punto di partenza promosso da questa associazione non profit è quello di spingere le persone a iniziare l’anno con il proposito di mantenere una dieta vegana almeno per un mese. Una sfida come un’altra che corre sul filo di hashtag e condivisioni social, che pone l’attenzione su una tematica importante sia per la salute delle persone, che degli animali, che soprattutto dell’ambiente. 

Il fatto che esista questo “mese vegetariano” dà l’opportunità agli attori coinvolti a vario titolo nella food industry di sfornare dati da diffondere ai media per farsi promozione. In questo caso a elargire dati a sostegno della tesi che la dieta vegana sia un’opzione sempre più popolare è Uber Eats: la app specializzata in delivery evidenzia in particolare che rispetto allo stesso periodo del 2020 ci sia stato un incremento pari al 160% degli ordini di pietanze a base vegetale e che i ristoranti si stiano attrezzando per rispondere a questa esplosione di domanda di piatti veg aumentando del 28% le opzioni vegane nei loro menù.

Milano svetta nella top 3 delle città dove si mangia più vegano in Italia insieme a Roma e Bologna, poi arrivano Reggio Emilia e Napoli. Il prodotto più richiesto da chi ha da sempre o si sta approcciando a questo tipo di dieta, sempre stando ai dati diffusi da Uber Eats, è il burger vegetale seguito però da un’intensa ricerca sui dolci fatti senza derivati di origine animale: cornetti integrali, all’aloe vera e alla marmellata, brownie banana e cioccolato e torte crudiste sono i più amati. Tutto vero e riscontrabile, ma quanto questo sia il riflesso di un trend in ascesa e quanto invece frutto di un’accresciuta sensibilità verso le tematiche ambientali è molto difficile a dirsi. 

Che Milano sia da sempre particolarmente recettiva nei confronti di tutto ciò che è nuovo non è un mistero: i ristoranti vegetariani o vegani in città sono triplicati in poco tempo, includendo anche un’offerta di alto livello per quanto riguarda le ricette senza alcun tipo di derivato animale o, come lo stellato Joia (che esiste da 30 anni), che ammettono soltanto formaggi per di più di piccoli produttori e a base di latte crudo.

Per contro c’è da dire che non tutti quelli che sbandierano l’insegna veg, e che negli ultimi tempi, è il caso di dirlo, sono cresciuti come funghi, poi siano veramente rispettosi dell’ambiente: non tutti i ristoranti seguono la stagionalità, cosa che dovrebbe essere imprescindibile se si sceglie di offrire un menù plant based che abbia un senso, e non tutti applicano un controllo rigoroso sui fornitori. È quindi importante, per chi voglia veramente avvicinarsi a uno stile di vita più green, non fermarsi alle insegne verde fluo, ma andare un pochino più in profondità e capire se un ristorante che si professa vegetariano o vegano è anche coerente in altri tipi di scelta, dall’arredamento con materiali di recupero, all’utilizzo di contenitori biodegradabili per il delivery. Noi ve ne abbiamo segnalati alcuni qui.

Il fatto che il vegetarianesimo e il veganesimo siano molto di moda è comunque un bene perché quanto meno è un modo per alimentare il dibattito intorno alla questione ambientale, ma da altri dati, questa volta forniti da Cortilia, è evidente come il consumo di frutta e verdura sia sì aumentato rispetto al passato, ma la strada verso comportamenti totalmente green sia ancora lunga. Cortilia, che è un e-commerce che consegna direttamente a domicilio una spesa di qualità e a filiera corta, a fine 2020 ha riscontrato, tramite un sondaggio presso i suoi iscritti, che il 31% di questi abbia iniziato ad acquistare più spesso frutta e verdura, mentre il 48,2% dei contatti ha dichiarato di aver migliorato della qualità della propria alimentazione.

Da un’altra indagine, svolta sempre da Cortilia ma questa volta nel 2021, è emerso però come più di 1 intervistato su 3, quindi quasi il 35%, abbia affermato di mangiare frutta o verdura fuori stagione (ad esempio i pomodori a gennaio) e di ricorrere all’indifferenziata perché non sa come smaltire correttamente alcuni rifiuti. C’è di buono che  il 77% degli intervistati abbia come abitudine quella di riutilizzare eventuali avanzi del giorno prima per creare nuovi piatti e il 62% non butti quasi mai gli alimenti che non ha consumato entro la data di scadenza. Il 58% degli interpellati è infine disposto ad aspettare fino a 3 giorni per la consegna della spesa online, quando questo assicuri una maggiore sostenibilità dei processi. Tutta questa mole di dati evidenzia se non altro una cosa: l’interesse delle persone è stato in qualche modo innescato e, sebbene molte realtà che si professano veg in definitiva non lo siano fino in fondo, il margine di miglioramento c’è, soprattutto per quanto riguarda la coscienza dei consumatori, che sono sempre più attenti e responsabili, o almeno ci provano.