Il pugnale del CremlinoLa Russia usa i missili ipersonici per alzare la posta in gioco

I sistemi Kh-47M2 Kinzhal possono raggiungere una velocità pari a cinque volte quella del suono e il loro lancio in Ucraina va letto come un segnale d’avvertimento a Unione europea e Nato. Ma l’impiego di un’arma così sofisticata nel contesto ucraino indica che finora Mosca non è stata in grado di eliminare le batterie di Kiev

AP/Lapresse

Mentre Russia e Ucraina continuano la lotta senza quartiere sulla linea del fronte, Mosca deve anche combattere il conflitto più ampio con Unione europea e Nato. Il livello di coinvolgimento dei Paesi europei e degli Stati Uniti è diventata, per il Cremlino, una variabile influente tanto quanto la guerra sul campo. E nelle ultime settimane abbiamo visto diversi tentativi da parte russa di alzare la posta in gioco e scoraggiare ulteriori aiuti economici e militari a Kiev.

Il lancio di due sistemi ipersonici Kh-47M2 Kinzhal (pugnale) in Ucraina potrebbero essere parte di questa strategia. Si tratta di un missile progettato per essere lanciato in volo da un caccia, tipicamente un Mig-31K, e capace di raggiungere una velocità pari a cinque volte quella del suono.

Anche se utilizzati contro obiettivi in Ucraina, è possibile che l’utilizzo dei Kinzhal sia un inteso soprattutto come un segnale di risolutezza contro Bruxelles e Washington. La Russia ha investito parecchio nello sviluppo di testate missilistiche di questo tipo, generando parecchie preoccupazioni in Europa a causa delle implicazioni strategiche di questa famiglia di testate.

I missili ipersonici di per sé non posseggono capacità nuove rispetto all’arsenale tradizionale: la Russia era già capace di colpire obiettivi in tutto il mondo grazie ai propri missili balistici intercontinentali, e gran parte del deterrente nucleare puntato contro l’Europa è montato su missili a media e corta gittata. Tuttavia, la velocità di un missile ipersonico rappresenta un cambio di passo rispetto ai vecchi sistemi subsonici.

Un esempio: un normale missile cruise di tipo Kalibr, se lanciato dall’exclave russo di Kaliningrad sul mar Baltico, ci metterebbe poco meno di due ore per colpire Milano, a 1.700 km di distanza; un missile Kinzhal ci metterebbe invece meno di 10 minuti.

Questa estrema riduzione dei tempi dovuta alla velocità del missile riduce il margine di manovra per le difese Nato. Anche con i missili subsonici normalmente vengono lanciati due o tre missili intercettori, proprio per la bassa accuratezza delle difese. Con il sistema Kinzhal il coefficiente di difficoltà aumenta: non è il classico missile che raggiunge il proprio obiettivo con una parabola facilmente calcolabile, ma come la maggior parte dei missili cruise è guidato all’interno dell’atmosfera con traiettorie imprevedibili, rendendo ancor più complesso l’abbattimento in volo.

L’innovazione tecnologica di queste armi ha richiesto alla Nato e all’Unione europea di accelerare i propri investimenti in sistemi antimissile adeguati a difendere il territorio europeo, sia modernizzando il sistema difensivo americano “Aegis”, sia attraverso il progetto europeo “Twister”.

Anche a causa di una percepita inferiorità, diversi analisti hanno voluto interpretare l’utilizzo del Kinzhal in Ucraina come un tentativo da parte di Mosca di mettere pressione agli europei. Sapendo che la Russia ha una dottrina che prevede l’utilizzo di armi non-nucleari come strumenti di deterrenza, e collegando l’utilizzo di un’arma così avanzata alle minacce fatte la settimana scorsa di colpire i rifornimenti occidentali agli ucraini, è legittimo chiedersi se il Cremlino non volesse ricordare la propria capacità di colpire indisturbato anche obiettivi sul territorio Nato, come ad esempio depositi di munizioni destinati a Kiev vicini ai confini ucraini-polacchi.

Non bisogna però incorrere in malintesi rispetto alle motivazioni che hanno spinto il comando russo a impiegare queste armi. Prima di tutto bisogna tener conto di come Mosca considera il Kinzhal, che risponde prima di tutto alle paure dell’esercito russo di non essere in grado di superare le difese anti-aeree Nato in caso di conflitto.

In un’intervista del marzo 2018 a Krasnaja Zvezda, il viceministro Yuri Borisov ha spiegato che il Kinzhal è pensato soprattutto come arma tattica da impiegare contro obiettivi statici o mobili come portaerei o incrociatori difesi da “scudi” antimissile. L’enfasi sulle forze missilistiche è anche espressione del cambiamento della strategia operativa russa, che a partire dall’intervento in Siria ha visto una maggiore enfasi sull’utilizzo di droni e sistemi balistici per attacchi “mirati” e in supporto agli obiettivi della campagna militare.

L’impiego del Kinzhal non segna quindi un vero cambio di passo nelle operazioni russe, né indica una maggiore enfasi sull’utilizzo di armi strategiche o l’utilizzo di nuove classi di armi nel conflitto.

Un’arma così sofisticata nel contesto ucraino potrebbe anzi indicare che gli arsenali russi iniziano a essere a corto di missili di precisione, se non altro perché un certo numero di essi rimarrà comunque in riserva per una possibile escalation. Anche se non abbiamo numeri certi, sappiamo che alcuni dei più di mille missili russi lanciati dall’inizio della guerra sono stati abbattuti dalle difese ucraine, il prezzo pagato da Mosca per non essere stata in grado di eliminare le batterie di Kiev nelle prime ore del conflitto.

Come spesso in guerra, è verosimile che i due Kinzhal siano stati lanciati per più motivi: sfruttare il legittimo vantaggio operativo dato dalla loro presunta invulnerabilità, dare all’operazione un nuovo valore propagandistico, e la possibilità di alzare di una tacca la temperatura del conflitto rimanendo nell’ambito di sistemi d’arma tattici.