Buona la secondaApprovato il piano europeo di riduzione delle emissioni

Dopo lo stallo dell’ultima seduta, l’Eurocamera adotta tre parti cruciali del Fit for 55: modifica dell’Ets, tassa sul carbonio e Fondo sociale per il clima. Seguiranno i negoziati, difficili, con il Consiglio

AP/Lapresse

Meno permessi nel sistema Ets, più tariffe sulle merci d’importazione prodotte in modo inquinante, più soldi a cittadini e imprese penalizzati dalla transizione ecologica. Il risultato dell’equazione sarà positivo per l’ambiente. Il Parlamento europeo ha approvato tre parti importanti del Fit for 55, il più grande pacchetto di misure sul clima mai discusso in Europa, presentato dalla Commissione europea per ridurre le emissioni di gas serra nell’Unione del 55% entro il 2030.

Una posizione raggiunta al secondo tentativo di voto, che completa le misure già approvate di Fit for 55 e che ora andrà confrontata a quella del Consiglio dell’Ue, con gli Stati tendenzialmente meno ambiziosi degli europarlamentari sulle iniziative per combattere il cambiamento climatico.

Accordo di maggioranza
L’approvazione, ottenuta a larga maggioranza in tutti e tre i dossier, è figlia di un accordo raggiunto la settimana scorsa tra le principali forze politiche dell’Eurocamera: Partito popolare europeo, Socialisti & democratici e Renew Europe, che sono anche i gruppi della maggioranza a sostegno della Commissione.

In particolare, c’era da risolvere la questione dell’«emendamento della discordia», che aveva provocato la bocciatura nella scorsa tornata di votazioni a giugno. L’architettura del Fit for 55 prevede di ridurre progressivamente le free allowances, ovvero i permessi gratuiti che nell’ambito dell’Emission Trading System (Ets) vengono concessi a determinate aziende.

La riduzione deve avvenire in concomitanza con l’entrata in vigore, anch’essa progressiva, del Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), una tassa sulle importazioni di prodotti realizzati emettendo CO2. In questo modo le aziende europee non vengono penalizzate rispetto alla concorrenza estera, che altrimenti potrebbe esportare nell’Ue merci confezionate con meno limitazioni ambientali e quindi probabilmente meno care.

I partiti hanno negoziato a lungo sul periodo in cui inserire le due misure: il risultato è una finestra temporale compresa tra il 2027 e il 2032: nello specifico i permessi saranno ridotti al 93% della quota attuale nel 2027, poi all’87%, al 69%, al 50% e al 25% ogni anno, fino a essere azzerati nel 2032.

«Ora o mai più» ha detto Pascal Canfin, presidente della commissione parlamentare Ambiente e negoziatore per Renew Europe, invitando l’aula a concedere il voto positivo. Come ha spiegato il suo corrispettivo di S&D, l’eurodeputato olandese Mohammed Chahim, si tratta di un buon compromesso, perché non soddisfa completamente nessuna delle parti, né lascia nessuno troppo scontento. I socialisti, sostenuti in questa battaglia dai Verdi/Ale desideravano tempi più brevi, i popolari e parte dei liberali chiedevano di allungare il periodo di transizione per permettere alle aziende di adeguarsi.

Pacchetto completo
Tra gli altri dettagli nelle misure approvate dall’Eurocamera c’è l’estensione del perimetro di prodotti a cui applicare il Cbam: polimeri industriali e composti chimici organici, previa analisi della Commissione sui dettagli tecnici, ma soprattutto plastica, ammoniaca e idrogeno. Una delle fonti energetiche su cui l’Unione ha intenzione di puntare maggiormente nel futuro viene infatti a oggi prodotta soprattutto attraverso l’uso di combustibili fossili.

Ci sarà pure un Fondo sociale per il clima (Social Climate Fund) per aiutare le persone più colpite dalla povertà energetica a far fronte all’aumento dei costi. Nella versione approvata del Parlamento sono previste sia misure temporanee di sostegno diretto al reddito, come la riduzione delle tasse sui combustibili e delle bollette, sia investimenti nella ristrutturazione degli edifici, nel trasporto pubblico e nei servizi di car sharing. I cittadini europei saranno poi incentivati a scegliere mezzi di trasporto meno inquinanti con voucher, sovvenzioni o prestiti a tasso zero per i loro acquisti.

Il sistema di acquisto e scambio delle emissioni, invece, sarà prossimamente esteso a edifici e trasporto su strada: è il cosiddetto Ets II, da cui restano esclusi fino al 2029 gli edifici privati.

Uno sconto nei pagamenti dei permessi verrà garantito a quei settori produttivi europei che dipendono in larga parte dalle esportazioni extra-Ue: il rischio sarebbe infatti di penalizzarle eccessivamente rispetto alle concorrenti straniere. In questo caso, la Commissione dovrà valutare la compatibilità di tale misura con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e anche proporre incentivi ulteriori per le esportazioni delle aziende più sostenibili, chiamati green export rebates.

Il risultato complessivo è un aumento del cosiddetto linear reduction factor, la percentuale di riduzione delle emissioni concesse tramite permessi Ets. Dall’attuale -2,2% annuale, si passerebbe al 4,4% nel 2024, al 4,5% nel 2026 e al 4,6% nel 2029. In totale, la quota di emissioni coperta dall’Emission Trading System verrebbe tagliata del 63% rispetto ai livelli del 2005: un miglioramento rispetto al target del 61% contenuto nella proposta originaria della Commissione europea.

Come ha calcolato Florian Rothenberg, esperto di transizione energetica all’Icis (Independent Commodity Intelligence Services), la nuova versione riduce il tetto complessivo di emissioni autorizzate nel periodo 2024-2030 di circa sei milioni di tonnellate rispetto a quella precedente, che il Parlamento ha bocciato nella scorsa votazione.

Non una quota così rilevante, se si considera il totale delle emissioni dell’Ets (oltre mille miliardi di tonnellate) e soprattutto non definitiva. La posizione assunta dal Parlamento europeo deve infatti essere negoziata con quella del Consiglio dell’Unione europea, da cui non arrivano segnali incoraggianti.

Alcuni Paesi sembrano determinati a opporre resistenza, tanto da suscitare la reazione di altri governi, più attenti alle questioni ambientali. I ministri dell’Ambiente di Austria, Germania, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Slovenia hanno denunciato in una lettera ufficiale la tendenza di alcuni omologhi a «contenere le ambizioni contenute nelle misure di Fit for 55 e cercare compromessi al ribasso».

Non si fanno nomi, ma a parte la Francia, ringraziata nella lettera per il suo ruolo di mediazione con la presidenza di turno del Consiglio, tutti gli altri Stati potrebbero rientrare fra i destinatari del rimprovero. Alla prossima riunione dei ministri dell’Ambiente, il 28 giugno, la prima resa dei conti.

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