All’una di notte del 19 aprile 1999 Franco Marini, allora segretario del partito popolare, perse la voce per l’urlo di vittoria: il referendum per l’abolizione della quota proporzionale prevista dal Mattarellum non aveva superato il 50%, fermandosi incredibilmente a quota 49,6. Oggi pochi ricordano il clamoroso fallimento del referendum che secondo le prime proiezioni della sera il quorum lo aveva raggiunto: invece niente, fallì. Perché ricordiamo quel lontano avvenimento?
Perché all’epoca Marini, Fausto Bertinotti, Umberto Bossi (i proporzionalisti) condussero una campagna a viso aperto per non far raggiungere il quorum invitando gli italiani a non andare a votare come scelta politica consentita dalla legge: i referendari infatti devono battersi, per così dire, due volte, contro il No e contro la scelta dell’astensione. Fu una battaglia politica più chiara del polemico invito di Bettino Craxi nel 1991 ad “andare al mare” (tanto che poi la gente al mare non ci andò e approvò il primo referendum di Mario Segni, quello sulla preferenza unica) così come fu limpido l’invito a disertare le urne in occasione del referendum sulle trivelle nel 2016. Tutte battaglie alla luce del sole.
Al contrario, sugli imminenti referendum sulla giustizia del 12 giugno è in corso una odiosa campagna per far fallire la consultazione senza dirlo, e questo non è democratico, perché la democrazia implica chiarezza, altrimenti è politichetta. La maggior parte del popolo italiano probabilmente non sa ancora che tra due domeniche si voterà su cinque quesiti referendari sulla giustizia, cioè un tema che riguarda tutti i cittadini, la stragrande maggioranza dei quali ha in orrore lo strapotere giustizialista di parte della magistratura italiana che con i referendum si tenta di circoscrivere: e non v’è dubbio che se il quorum fosse raggiunto i Sì certamente vincerebbero.
E siccome i sostenitori dell’attuale stato di cose questo lo sanno, ecco che la strada per loro più agevole è quella di non informare i cittadini della scadenza del 12, ledendo il loro diritto costituzionale ad essere informati (lesione che dovrebbe preoccupare non solo i vertici della Rai, che sta facendo solo spot burocratici, ma anche le massime cariche istituzionali): è la linea “littizzettiana” fatta propria dal Partito democratico e dal Movimento 5 stelle, per la quale questa è roba troppo difficile per voi cittadini ignoranti.
Ovviamente sono scomparsi anche gli altri partiti, compresa la schizofrenica Lega che ha promosso i referendum ma si è dimenticata di sostenerli, distratta dalle mattane di Salvini e dei suoi strateghi filo-Putin.
Abbiano coraggio, Enrico Letta e Giuseppe Conte, facciano una bella manifestazione di piazza a sostegno del No, dicano che bisogna andare a votare. Poiché non lo faranno, c’è da concludere amaramente che quella dell’asse Pd-M5s non è un battaglia politica come la fecero a viso aperto Marini e Bertinotti, ma si chiama in un altro modo: boicottaggio.