Addio macellazioneI finanziamenti destinati agli allevamenti vanno trasferiti al settore della carne sintetica?

Grazie a un’iniziativa italiana, approvata dalla Commissione europea, nel Vecchio Continente si inizia a parlare concretamente delle bistecche coltivate in laboratorio, tramite la fusione di cellule staminali animali all’interno di un bioreattore

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Una rivoluzione green per far sì che la carne sulle nostre tavole non contribuisca più all’inquinamento e al riscaldamento globale: non è un’utopia ma una proposta – nata in Italia – che potrebbe diventare realtà. 

Lo scorso 27 aprile la Commissione europea ha approvato l’Iniziativa dei cittadini europei (la cosiddetta “Ice”, uno strumento di partecipazione politica dei cittadini garantito dall’Unione europea) intitolata “End of the Slaughter Age” e scritta dall’italiano Nicolas Micheletti, attivista e presidente dell’omonima organizzazione promotrice. L’obiettivo è l’abolizione dei sussidi agricoli all’industria degli allevamenti di bestiame e il loro trasferimento al settore dei prodotti “alternativi”.

Cosa intendiamo per “alternativi”? Sia gli alimenti di origine vegetale, sia quelli ottenuti con la tecnica dell’agricoltura cellulare, come la carne sintetica (o carne “coltivata”). Questo prodotto ha un sapore e un aspetto identici alla controparte tradizionale, ma deriva dalla fusione di cellule staminali animali all’interno di un bioreattore. E non dalla macellazione. 

Il primo Paese ad adottare la carne coltivata in laboratorio è stato Singapore, dove dal 2020 è possibile consumarla sia al ristorante sia a domicilio. La proposta di Micheletti, sostenuta da oltre 130 organizzazioni in tutta Europa, dovrà raccogliere un milione di firme entro un anno ed è partita ufficialmente il 5 giugno 2022, in occasione del National animal right day

«Quello che chiediamo è di cambiare il modo di produrre carne e derivati animali in Europa», spiega Micheletti. Ricordiamo che, secondo un’analisi di Greenpeace, il 17% delle emissioni di gas serra totali in Unione europea proviene dagli allevamenti intensivi. Bisogna «passare dalla produzione classica tramite allevamenti e macelli a una produzione più etica, ecologica e salutare. Se la carne coltivata e quella vegetale costeranno di meno della carne tradizionale, il mercato si sposterà».

Quella portata avanti da “End of the Slaughter Age” non è una crociata esclusivamente animalista: «La nostra battaglia dovrebbe stare a cuore a tutti. Come abbiamo scritto anche nell’Ice, il cambiamento climatico è un problema serio e secondo l’Ipcc non ci rimane più molto tempo. Sappiamo che la zootecnia è uno dei principali responsabili di questa problematica: il passaggio al sistema alternativo che proponiamo, tuttavia, permetterebbe di garantirci una sopravvivenza».

In tutto il mondo, come già anticipato, la filiera industriale legata all’allevamento di bovini, polli e altri animali ha un enorme impatto ambientale a causa delle emissioni di metano e di anidride carbonia. Il bestiame, infatti, rappresenta un fattore di stress decisivo, in quanto produce più gas serra rispetto all’intero settore dei trasporti. 

Le principali fonti di queste emissioni sono riconducibili alla fermentazione enterica dei ruminanti, alla produzione di mangimi e alla gestione del letame. Non finisce qui: gli allevamenti contribuiscono al rilascio di azoto e fosforo nei corsi d’acqua, disturbando gli ecosistemi e provocando l’esaurimento dell’ossigeno nei laghi e negli oceani. Senza contare che la produzione zootecnica consuma circa un quarto di tutta l’acqua dolce disponibile.

La carne coltivata, a ogni modo, è un’invenzione recente. Il primo hamburger generato da un bioreattore risale al 2013: venne prodotto da uno staff di scienziati olandesi della Maastricht University e successivamente cucinato e mangiato durante una conferenza stampa a Londra. Per questo, nonostante il futuro sembri già segnato (un rapporto di At Kearney stima che il 60% della carne che verrà consumata nel 2040 non proverrà da animali macellati), oggi l’idea di una bistecca nata in laboratorio incontra ancora lo scetticismo di molte persone.

«Mi occupo di divulgazione sull’argomento da prima del 2015 e all’inizio vedevo molta reticenza», continua Micheletti. «Fortunatamente negli anni sempre più persone hanno iniziato a capire potenziale della carne coltivata e dell’agricoltura cellulare». In effetti, pare che non ci sia alcun tipo di controindicazione: «Questa tecnologia produce alimenti più sani di quelli convenzionali, per due motivi. Il primo è che il prodotto viene realizzato in un laboratorio sterile e supervisionato in ogni singolo passaggio. Il secondo è che, volendo, si possono addirittura sostituire dei componenti dannosi – come i grassi saturi – con altri più salutari, come gli omega 3».

L’iniziativa “End of the Slaughter Age”, tuttavia, ha generato anche dure critiche a livello europeo. L’ex vice primo ministro polacco, Janusz Piechociński, ha dichiarato che «sta arrivando il momento in cui noi, carnivori, dobbiamo introdurre nuove iniziative in modo che anche coloro che vogliono vietare di mangiare carne secondo procedure democratiche siano costretti a fare uno sforzo maggiore. Raccoglieremo firme e inizierà un grande dibattito europeo».

Anche Esther Herranz García, parlamentare europea fino al 2019, ha espresso contrarietà: «Se l’iniziativa avrà successo, il prezzo della carne (di manzo, maiale, coniglio, pollo o tacchino) europea diventerà proibitivo». 

I prezzi della carne sintetica sono più alti rispetto a quelli della carne tradizionale, e questo dato rischia di rivelarsi scoraggiante anche per il consumatore (ambientalista) più motivato. Un burger non convenzionale, come abbiamo scritto qui, può costare fino a 21 euro al chilo contro i 18 euro di un taglio pregiato come la scottona di manzo. Il gap si amplia ancora di più se si parla di carni bianche.